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29 Dicembre 2025 - 08:59
Da Gaza a Torino, la storia di uno studente palestinese che ha trovato futuro dove l’Europa si era fermata
La sua storia è diventata un simbolo, prima di un’impasse diplomatica e poi di una possibilità riaperta. Tarek Al-Farra, 23 anni, studente palestinese originario della Striscia di Gaza, oggi è a Torino, dove ha finalmente potuto iniziare il proprio percorso universitario dopo mesi di attesa, appelli e mobilitazioni internazionali. Avrebbe dovuto studiare in Portogallo, all’Università di Lisbona, ma le autorità lusitane non sono riuscite – o non hanno voluto – garantire la sua uscita da un territorio devastato dalla guerra. A raccogliere il testimone è stata l’Italia, attraverso i cosiddetti corridoi universitari, trasformando un caso politico in una storia concreta di accoglienza.
Per mesi il nome di Tarek Al-Farra è rimbalzato sulle prime pagine dei giornali portoghesi. Nell’estate scorsa, a luglio, il giovane aveva ricevuto la comunicazione ufficiale di ammissione al master in Studi inglesi e nordamericani presso la Universidade Nova di Lisbona. Un traguardo importante, conquistato nonostante una vita segnata da precarietà e conflitto. Come richiesto, Tarek aveva anche versato 1.800 euro di anticipo sulle tasse universitarie, una cifra significativa per chi viveva in un accampamento profughi a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.
Il problema, però, non era l’università, ma l’uscita da Gaza. Per studiare in Portogallo serviva un visto, e per ottenerlo Tarek avrebbe dovuto presentarsi alla sede consolare indicata dalle autorità lusitane. La risposta ufficiale è arrivata con tempistiche e modalità che hanno lasciato sgomenta la comunità accademica: allo studente è stato concesso un solo settimana di tempo per raggiungere Ramallah, passando dalla Giordania, e presentare la domanda. Una richiesta che, nel contesto di una guerra in corso, equivaleva a una missione impossibile.
Lasciare Gaza in quei giorni non era soltanto difficile, era irrealistico. Valichi chiusi, bombardamenti, restrizioni, insicurezza totale. Tarek non aveva alcuna possibilità concreta di rispettare quella scadenza. E mentre il tempo scorreva, il suo futuro restava sospeso. «Mentre il Portogallo esitava, l’Italia avanzava», ha scritto Cnn Portugal, riassumendo in una frase il cambio di rotta che avrebbe segnato la svolta.

A intervenire è stato il programma IUPALS – Italian Universities for Palestinian Students, inserito all’interno dei corridoi universitari promossi dal governo italiano. Un’iniziativa che ha permesso non solo il trasferimento di Tarek, ma anche quello del fratello Fares Al-Farra, garantendo loro il viaggio, l’accoglienza e borse di studio complete, senza oneri economici a loro carico.
Oggi Tarek si trova a Torino, dove è stato ammesso all’Università di Torino e studia Diritto comparato nell’economia. Un cambio di percorso rispetto a quello previsto inizialmente, ma non una rinuncia: piuttosto, un adattamento necessario per trasformare un’occasione mancata in una nuova possibilità. Il fratello Fares, invece, frequenta Scienze politiche all’Università di Bari, ricostruendo insieme a lui una quotidianità lontana dal rumore delle bombe.
Il caso di Tarek ha avuto una forte eco nel mondo accademico portoghese. Manifestazioni di solidarietà, prese di posizione pubbliche, appelli di docenti e studenti non sono però bastati a superare gli ostacoli burocratici. L’Università di Lisbona ha riconosciuto il fallimento del percorso e ha annunciato che rimborserà i 1.800 euro già versati dallo studente. Un gesto doveroso, ma che non cancella l’amarezza per un’opportunità persa.
Dall’altra parte, l’Ambasciata italiana a Lisbona ha confermato che attraverso i corridoi universitari sono già stati accolti oltre 100 studenti e ricercatori palestinesi, mentre dall’inizio del conflitto circa 1.350 palestinesi sono stati trasferiti in Italia per cure mediche o ricongiungimenti familiari. Numeri che raccontano una scelta politica precisa, ma anche una diversa capacità di tradurre i principi in azioni concrete.
La vicenda di Tarek Al-Farra non è solo la storia di uno studente che ce l’ha fatta. È anche lo specchio delle contraddizioni europee, tra solidarietà dichiarata e limiti operativi, tra burocrazia e responsabilità morale. In un continente che ama definirsi spazio di diritti e opportunità, il destino di un giovane costretto a scegliere un Paese perché un altro non è riuscito ad aiutarlo pone interrogativi che vanno oltre il singolo caso.
A Torino, oggi, Tarek prova a guardare avanti. Studia, si orienta in una nuova città, ricostruisce un futuro possibile. Gaza resta alle spalle, ma non è dimenticata. E mentre l’Italia gli ha offerto una porta aperta, resta la sensazione che quella porta avrebbe potuto aprirsi prima, altrove, senza bisogno di trasformare un percorso universitario in una vicenda diplomatica.
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