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26 Dicembre 2025 - 11:27
Antonio Sottile
“Rosso relativo” cantava Tiziano Ferro. Il rosso, qui, è quello della sanità piemontese. 400 mila euro. Una cifra che, detta così, potrebbe persino sembrare modesta, quasi un dettaglio contabile, una sbavatura di penna in mezzo a bilanci da decine e decine di milioni. E invece no. Perché questo rosso, piccolo solo in apparenza, è uno di quelli che non dovrebbero esistere per legge. E quando la legge parla chiaro e qualcuno fa finta di non sentire, il problema non è il colore, ma il metodo.
Siamo alla Città della Salute, la più grande azienda ospedaliera del Piemonte, il colosso sanitario che macina numeri, flussi, prestazioni e soldi come una multinazionale. Ed è proprio qui che l’intramoenia – la libera professione esercitata dai medici all’interno delle strutture pubbliche – chiude il 2024 in perdita. Un’anomalia. Anzi, qualcosa di più: una violazione normativa bella e buona.
La regola è semplice anche per chi non mastica bilanci: l’intramoenia deve andare in pareggio. Punto. Le visite e gli esami pagati di tasca propria dai cittadini dovrebbero portare risorse all’azienda, dopo aver remunerato medici, costi organizzativi e gestione. In corso Bramante, invece, accade il miracolo al contrario: si incassano milioni e si perde denaro. Altro che moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Ed è forse proprio questo rosso “relativo” a spiegare perché il bilancio 2024 della Città della Salute sia ancora fermo al palo, in attesa della firma del direttore regionale della Sanità Antonino Sottile. Una firma che dovrebbe essere l’atto finale di una procedura già chiusa, visto che il consuntivo è stato sottoscritto dal direttore generale Livio Tranchida. E invece no. La penna resta nel cassetto, la pratica non si muove, e più passano i giorni più diventa evidente che qualcosa non torna.
Certo, nel mare magnum dei conti sanitari piemontesi, quei 400 mila euro sembrano una goccia. Anche perché il 2024 si è chiuso con un passivo complessivo di 51 milioni di euro. Ma è proprio qui che sta l’inganno: questo non è un buco qualunque. È un buco che non è ammesso, un rosso che la legge vieta esplicitamente. Ed è per questo che, ai piani alti della Regione, l’attenzione non è solo puntata sui 7 milioni del fondo Balduzzi spariti dai radar – vicenda finita sotto la lente della Procura – ma anche su questa storia dell’intramoenia gestita come se le regole fossero opzionali.
Perché la normativa non lascia spazio a interpretazioni creative: se la libera professione va in perdita, va sospesa. Si fermano le prestazioni, si aggiornano le tariffe, si correggono le distorsioni e solo dopo si riparte. In corso Bramante, però, questa procedura sembra essere rimasta chiusa in qualche cassetto polveroso. Nessuna sospensione, nessuna revisione, nessuna spiegazione pubblica. Si va avanti, come se nulla fosse, mentre il rosso cresce e il tempo passa.
Nel frattempo, complice il calendario e lo spirito festivo, c’è chi rallenta, chi parte, chi si concede pause più o meno esotiche. Livio Tranchida, oltre a guidare la Città della Salute è anche commissario del Santa Croce e Carle di Cuneo e non è nuovo a staccare la spina lontano dall’Italia. Ma al grattacielo della Regione, dove i bilanci vengono sezionati con il bisturi, l’attesa resta. Perché qui non si tratta solo di chiudere un consuntivo: si tratta di capire come si intenda rimediare a una situazione che rischia di replicarsi identica – se non peggiore – nel 2025.
L’unica mossa tentata finora dal direttore generale si è rivelata un boomerang. Tranchida ha convocato i sindacati dei medici chiedendo un contributo per coprire il disavanzo dell’intramoenia. Traduzione: mettere mano ai compensi dei professionisti per sistemare i conti aziendali. La risposta è stata immediata e gelida. No.

Per Anaao Assomed, una delle principali sigle di rappresentanza, la proposta è inaccettabile perché apre a un precedente pericoloso: usare la libera professione come bancomat per coprire squilibri di bilancio, quello si usa solo per arricchire i medici. .
Non a caso Anaao ha scelto di parlare direttamente ai cittadini, spiegando in modo chirurgico come vengono spartiti i soldi pagati per una visita o un esame intramoenia. Su 100 euro, al medico restano 32,44 euro netti. Lo Stato ne incassa 28,90 tra Irpef, addizionali e contributi. All’azienda vanno 38,68 euro: una parte al fondo Balduzzi (quello che per anni non è stato incassato), una al fondo di perequazione e il resto per costi organizzativi e strutturali.
Un messaggio di trasparenza per i pazienti, certo. Ma anche una frecciata nemmeno troppo velata a corso Bramante: da circa 32 milioni di incassi è uscito un buco. Un risultato che non può essere liquidato come un incidente di percorso e che ora chiede spiegazioni, responsabilità e soprattutto quegli interventi previsti dalla legge che finora nessuno sembra aver avuto fretta di applicare.
Insomma, mentre si canta il “rosso relativo”, qui il rosso è fin troppo concreto. E pesa. Sui conti, sulla credibilità della gestione e su quella firma che, a questo punto, non è solo un atto amministrativo, ma un giudizio politico e tecnico. E finché quel rosso resterà lì, anche la penna di Antonio Sottile resterà ferma.
Ah già giusto, dimenticavamo... E l'assessore regionale alla sanità Federico Riboldi? Fa reel sui social. Vive in un altro mondo e in quel mondo la sanità ha i conti in ordine e funziona che è una meraviglia
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