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Un cartello può essere terrorismo? L’arresto di Greta Thunberg e la nuova linea rossa del Regno Unito

Fermata a Londra per una scritta a sostegno dei prigionieri di Palestine Action: il caso che mette sotto accusa il Terrorism Act 2000 e apre uno scontro diretto tra sicurezza nazionale e libertà di espressione

Un cartello può essere terrorismo? L’arresto di Greta Thunberg e la nuova linea rossa del Regno Unito

Un cartello può essere terrorismo? L’arresto di Greta Thunberg e la nuova linea rossa del Regno Unito

All’alba, tra i riflessi di vetro e acciaio di Fenchurch Street, un cartello bianco risalta tra impermeabili scuri e le luci fredde della portineria: “I support the Palestine Action prisoners. I oppose genocide”. A reggerlo è Greta Thunberg, 22 anni, seduta a pochi metri dall’ingresso di un edificio che ospita Aspen Insurance. Sul marciapiede resta la scia ancora umida di vernice rossa lanciata poco prima da altri attivisti. Passano pochi minuti e si avvicinano gli agenti della City of London Police. L’accusa formulata è quella di violazione della Sezione 13 del Terrorism Act 2000 (Legge antiterrorismo del 2000), la norma che punisce chi “indossa, porta o espone” simboli o articoli tali da far sorgere il “ragionevole sospetto” di appartenenza o sostegno a un’organizzazione proscritta. In questo caso Palestine Action, inserita dal governo britannico nell’elenco dei gruppi vietati a partire dal 5 luglio 2025.

La scena, breve e lineare, trasforma una protesta di pochi minuti in una notizia globale e porta al centro dell’attenzione un nodo giuridico e politico: quando un messaggio scritto su un cartello diventa reato penale e fino a che punto le norme antiterrorismo possono estendersi al terreno della libertà di espressione e del dissenso politico.

Secondo la ricostruzione della City of London Police, poco dopo le 7 del mattino del 23 dicembre 2025 due attivisti avrebbero colpito la facciata dell’edificio con martelli e vernice rossa, venendo arrestati per sospetto danneggiamento. A distanza di pochi minuti è arrivata Greta Thunberg. Non avrebbe partecipato all’azione vandalica. In mano aveva un cartello con una doppia affermazione: sostegno ai “prigionieri di Palestine Action” e opposizione al “genocidio”. Questo è bastato agli agenti per contestare la Sezione 13, interpretando il cartello come “displaying an article” idoneo a generare il sospetto di sostegno a un gruppo proscritto.

In serata l’attivista svedese è stata rilasciata su cauzione, con l’obbligo di comparire nuovamente in tribunale a marzo. Il fermo si aggiunge ad almeno altri due arresti legati alla stessa azione. Le immagini, diffuse da Prisoners for Palestine e da altri gruppi solidali, hanno fatto rapidamente il giro dei media internazionali, alimentando un dibattito che supera la figura della singola attivista e investe il rapporto tra sicurezza, diritto penale e protesta politica.

Il presidio era diretto contro Aspen Insurance, indicata dagli attivisti come società che fornirebbe coperture assicurative a Elbit Systems UK, controllata britannica di Elbit Systems, grande azienda israeliana del settore della difesa. Da mesi le campagne di Palestine Action mirano non solo ai siti produttivi ma anche al mondo assicurativo e finanziario. Secondo questa lettura, chi assicura impianti, forniture e personale rende possibile la continuità operativa delle aziende coinvolte nella produzione militare. Negli ultimi anni azioni coordinate hanno preso di mira anche Allianz e Aviva, con occupazioni, vernice rossa e danneggiamenti. La pressione reputazionale ha avuto effetti concreti: diverse compagnie hanno avviato revisioni delle proprie esposizioni, mentre Elbit Systems UK ha chiuso un sito a Bristol dopo un’escalation di proteste e costi di sicurezza.

La protesta del 23 dicembre si colloca in questa strategia, che punta ai nodi finanziari e assicurativi della filiera militare per renderne più difficile il funzionamento ordinario. Le aziende coinvolte, dal canto loro, respingono le accuse e rivendicano il rispetto delle normative britanniche ed europee su sanzioni ed esportazioni, sottolineando che ogni rapporto con il settore difesa avviene sulla base di licenze governative e valutazioni di rischio. Lo scontro è tra due visioni: da un lato la legalità formale, dall’altro una responsabilità etica più ampia.

Palestine Action, nata nel 2020, si è definita fin dall’inizio attraverso azioni dirette contro siti e infrastrutture legate a Elbit Systems e ad altri attori della filiera militare. Occupazioni, blocchi, danneggiamenti e l’uso simbolico della vernice rossa hanno caratterizzato le sue campagne. La svolta arriva tra giugno e luglio 2025, dopo l’irruzione alla base della Royal Air Force Brize Norton, dove vengono danneggiati velivoli da rifornimento. Il Home Office annuncia l’intenzione di inserire il gruppo tra le organizzazioni proscritte ai sensi del Terrorism Act 2000. La Camera dei Comuni vota la misura il 2 luglio 2025, seguita dalla Camera dei Lord. Il provvedimento entra in vigore il 5 luglio 2025 insieme alla proscrizione di Maniacs Murder Cult e Russian Imperial Movement.

Da quel momento, l’appartenenza a Palestine Action, l’invito al sostegno o l’espressione pubblica di sostegno diventano reati punibili fino a 14 anni di carcere. Per la Sezione 13, quella contestata a Greta Thunberg, la pena massima è di sei mesi e o una multa. La decisione ha sollevato critiche da parte di giuristi, organizzazioni per i diritti umani e alcuni parlamentari. Amnesty International, esperti delle Nazioni Unite e diversi accademici hanno parlato di un ampliamento eccessivo delle leggi antiterrorismo, con il rischio di un effetto dissuasivo sulla libertà di protesta. Il governo britannico ha difeso la scelta sostenendo che le condotte del gruppo rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale. È in corso un ricorso giudiziario contro la proscrizione.

La Sezione 13 del Terrorism Act 2000 è da anni una delle norme più controverse. Punisce l’esposizione pubblica di articoli o simboli che possano far sorgere il sospetto di sostegno a un’organizzazione vietata. Dal 2019 la norma include anche la pubblicazione di immagini. I sostenitori della legge ritengono che sia uno strumento necessario per impedire la normalizzazione di gruppi ritenuti pericolosi. I critici sottolineano invece l’elasticità del concetto di “ragionevole sospetto”, che può trasformare in reato anche messaggi politici non violenti. Il cartello di Greta Thunberg, in questa lettura, diventa un banco di prova.

Il presidio nasceva come gesto di solidarietà verso otto attivisti detenuti, alcuni dei quali in sciopero della fame da settimane. Secondo Prisoners for Palestine, almeno due sarebbero al 52° giorno di digiuno. Le richieste riguardano la libertà su cauzione e la revisione di alcune restrizioni. Il governo ha ribadito che le decisioni competono ai tribunali. Nel frattempo, dopo la proscrizione, gli arresti per violazioni delle sezioni 11, 12 e 13 del Terrorism Act 2000 sono aumentati.

La presenza di Greta Thunberg ha amplificato l’impatto mediatico. Figura centrale del movimento per la giustizia climatica, negli ultimi anni ha intrecciato le sue battaglie con quelle per Gaza e contro il complesso militare-industriale. Nel 2025 ha partecipato a una flottiglia di aiuti diretta verso la Striscia, fermata e conclusa con la sua espulsione da Israele. Nel 2024 era stata assolta nel Regno Unito in un procedimento per ordine pubblico. La sua scelta di esporsi in un contesto giuridicamente sensibile rafforza l’idea di un attivismo sempre più interconnesso tra clima, diritti e politica internazionale.

L’arresto non è solo un fatto di cronaca, ma rilancia una discussione aperta da anni a Westminster sull’uso delle leggi antiterrorismo nei confronti dell’attivismo politico. I governi hanno progressivamente ampliato i poteri di polizia, mentre le corti sono chiamate a bilanciare sicurezza e diritti garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La domanda resta aperta: quando la solidarietà verso persone detenute diventa sostegno a un’organizzazione vietata e se sia compito del diritto penale sanzionare espressioni politiche che non incitano alla violenza.

Sul piano giudiziario, Greta Thunberg dovrà ora rispondere della contestazione legata alla Sezione 13. L’esito è ancora incerto. Sul piano politico, il caso alimenta le polemiche sulla proscrizione di Palestine Action e sul confine tra dissenso e reato. Sul piano più ampio, l’episodio viene osservato anche fuori dal Regno Unito, perché potrebbe influenzare strategie e contenziosi di altri movimenti europei che puntano sui nodi finanziari e assicurativi delle filiere belliche.

Resta l’immagine iniziale: una giovane attivista, un cartello, un intervento di polizia. Per alcuni è il segno di uno Stato che tutela la sicurezza nazionale. Per altri è l’ennesima estensione di norme nate per il terrorismo a un terreno di conflitto politico e simbolico. Sarà un tribunale a stabilire se quel cartello esposto su Fenchurch Street fosse un reato o un’espressione politica legittima. Intanto, quella mattina nella City di Londra ha già inciso profondamente nel dibattito europeo su sicurezza, diritti e responsabilità.

Fonti utilizzate: City of London Police, Home Office, Terrorism Act 2000, Amnesty International, Prisoners for Palestine, BBC News, The Guardian, Reuters, Associated Press, Al Jazeera, Nazioni Unite.

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