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Revenge porn e Grande Fratello: cosa c’è davvero nel fascicolo su Fabrizio Corona. "Parlerò a ruota"

L’ex paparazzo indagato per diffusione illecita di contenuti sessuali dopo la querela di Signorini. Si è presentato oggi in Procura

EMILIANO NON CANCELLARE “Parlerò a ruota”: Corona trasforma l’interrogatorio sul caso Signorini in un evento mediatico

Mezz’ora di attesa, le telecamere accese nei corridoi, poi il passo veloce verso il quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano. Fabrizio Corona arriva così all’interrogatorio fissato dalla Procura, trasformando un appuntamento giudiziario in un evento mediatico.

“Se mi fate fare l’interrogatorio, tanto sapete che parlo a ruota. Farò conferenza stampa”, dice prima di entrare. Non è solo una dichiarazione d’intenti: è il segnale che il procedimento penale e la narrazione pubblica stanno viaggiando insieme, sovrapponendosi. Il cosiddetto caso Signorini non è più soltanto un fascicolo d’indagine, ma un racconto che vive già su YouTube, sui social e nelle dinamiche dell’opinione pubblica.

Al centro dell’inchiesta c’è l’ipotesi di diffusione illecita di contenuti sessualmente espliciti, il reato previsto dall’articolo 612-ter del codice penale, contestato a Corona a seguito della querela presentata da Alfonso Signorini, conduttore del Grande Fratello e direttore editoriale di Chi. L’interrogatorio è stato fissato per la mattina di martedì 23 dicembre 2025. L’indagine nasce dai contenuti pubblicati sul canale YouTube “Falsissimo”, dove l’ex fotografo dei vip sostiene l’esistenza di un presunto sistema di favori sessuali legato all’accesso al reality Mediaset.

Nei giorni precedenti, su disposizione della Procura di Milano, sono scattate perquisizioni e sequestri di dispositivi elettronici e materiale video ritenuto destinato a una seconda puntata dell’inchiesta online. Gli inquirenti temono una possibile ulteriore diffusione di contenuti sensibili. Signorini, dal canto suo, ha fatto sapere di aver affidato ogni valutazione ai propri legali, senza entrare nel merito delle accuse.

Il nodo giuridico è chiaro nella formulazione, meno nella sua applicazione concreta. L’articolo 612-ter, introdotto nel 2019 con il cosiddetto Codice Rosso, punisce chi diffonde senza consenso immagini o video sessualmente espliciti destinati a rimanere privati. La pena va da uno a sei anni di reclusione, con una multa fino a 15 mila euro, ed è aggravata se la diffusione avviene tramite strumenti informatici o telematici. È proprio su questo crinale che si gioca la partita: da una parte la tutela della riservatezza, dall’altra il diritto di cronaca invocato dalla difesa di Corona.

L’avvocato Ivano Chiesa contesta l’applicabilità della norma al caso specifico, sostenendo che i materiali rientrerebbero in un contesto di interesse pubblico. Gli inquirenti, invece, hanno ritenuto necessario intervenire preventivamente, bloccando anche contenuti non ancora pubblicati. Un braccio di ferro che si consuma a colpi di upload, sequestri e annunci.

Fabrizio Corona questa mattina a Milano

Corona, ancora una volta, ha costruito l’attesa come parte integrante del racconto. Prima dell’interrogatorio promette di “svelare il Me Too italiano” davanti ai pm Alessandro Gobbis e all’aggiunta Letizia Mannella. La strategia è evidente: l’inchiesta giudiziaria si intreccia con la serialità digitale di Falsissimo, fatta di teaser, cliffhanger e testimonianze. Il linguaggio del processo viene inglobato in quello dello show, con un effetto amplificatore che mette pressione non solo sulle persone coinvolte, ma anche sul sistema televisivo.

Le mosse della Procura sono state rapide. Perquisizioni all’alba, acquisizione forense di un telefono, un tablet e del girato integrale dell’episodio contestato. Secondo le cronache, gli accessi sarebbero avvenuti nelle prime ore del mattino, con la presenza di più agenti. In questo contesto Corona ha dichiarato di aver “rigirato” la puntata per aggirare l’oscuramento del materiale sequestrato. Un confronto diretto tra i tempi dell’indagine e quelli della comunicazione digitale.

Nel racconto proposto da Falsissimo, Corona sostiene che attorno al Grande Fratello si sarebbe consolidato negli anni un sistema che coinvolgerebbe centinaia di persone, con l’accesso al programma legato anche a relazioni intime con Alfonso Signorini. È una narrazione pesante, costruita su chat, testimonianze e affermazioni da verificare. L’ex paparazzo parla di circa 500 casi e definisce questo meccanismo “il prezzo del successo”. Va precisato che si tratta di accuse unilaterali, che al momento non trovano riscontro in sentenze o accertamenti giudiziari.

Tra i nomi citati compare quello del tiktoker ed ex concorrente Antonio Medugno, indicato come presunto “caso zero”, e riferimenti ad altri ex partecipanti come Davide Donadei, che in interviste ha parlato di messaggi preliminari, precisando però di essersi fermato a foto non intime. Anche queste restano versioni di parte.

Dal fronte di Alfonso Signorini, la linea resta quella del silenzio. “Tutto in mano ai miei legali”, è il messaggio fatto filtrare. Nel frattempo il conduttore ha continuato le proprie attività editoriali, presentando anche un nuovo romanzo senza fare alcun riferimento alle accuse. Una scelta comunicativa che punta a normalizzare, lasciando che siano le carte a parlare.

Gli inquirenti stanno ora esaminando i supporti digitali sequestrati, il girato di Falsissimo e l’eventuale presenza di immagini o video sessualmente espliciti, compreso materiale inedito destinato a future pubblicazioni. Il discrimine sarà stabilire se quei contenuti fossero destinati a rimanere privati e se siano stati diffusi senza consenso. In caso affermativo, il 612-ter diventa centrale. In caso contrario, la difesa potrebbe trovare spazio sul terreno del diritto di cronaca.

Sul piano aziendale, Mediaset mantiene una linea di assoluta prudenza. Nessun comunicato ufficiale, nessuna presa di posizione pubblica. L’obiettivo è evitare di alimentare il caso in attesa di sviluppi giudiziari. In gioco c’è la tutela del brand Grande Fratello e l’immagine del suo conduttore di punta, con implicazioni editoriali e commerciali rilevanti.

Nelle prossime puntate di Falsissimo, Corona annuncia altre testimonianze e nuovi materiali. Ma il confine tra denuncia e spettacolarizzazione resta sottile. Gli stessi contenuti che alimentano il racconto social potrebbero costituire, sul piano penale, la base dell’ipotesi di reato. È il corto circuito dell’inchiesta in streaming, dove la velocità della rete rischia di precedere la verifica giudiziaria.

L’espressione “Me Too italiano”, evocata da Corona, aggiunge un ulteriore livello di complessità. Il Me Too nasce come denuncia sistemica di abusi di potere. Trasportarlo in un’operazione mediatica personale, centrata su un solo volto televisivo, è una scelta retoricamente forte. Perché diventi qualcosa di diverso serviranno riscontri autonomi, testimonianze coerenti e l’intervento delle autorità giudiziarie, fuori dalle logiche di audience.

La giornata del 23 dicembre 2025 potrebbe segnare il primo vero spartiacque. Corona ha ottenuto il palcoscenico, ora però il baricentro si sposta sulle carte. Se emergerà un’illecita diffusione di contenuti intimi, il perimetro dell’inchiesta si stringerà. Se invece dalle verifiche dovessero affiorare riscontri su presunti abusi di potere, il caso Signorini potrebbe uscire dalla dimensione del gossip e diventare una questione di sistema. In entrambi i casi, resta un punto fermo: presunzione di innocenza e tutela della dignità delle persone coinvolte. Senza queste due bussole, il rischio è che il processo venga sostituito dal rumore.

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