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Konecta, Chiantore chiama a raccolta il vescovo Daniele e tutti i sindaci

Il Consiglio comunale di Ivrea approva all’unanimità una mozione unitaria sulla vertenza. Maggioranza e opposizione trovano la sintesi, mentre la crisi da oltre mille posti di lavoro diventa un tema politico e sociale che supera i confini dell’aula

Konecta, Chiantore chiama a raccolta il vescovo Daniele e tutti i sindaci

Matteo Chiantore

È successo questa sera, in Consiglio comunale. Ivrea ha chiuso il dibattito sulla vertenza Konecta con un voto unanime che ha contato più per ciò che ha rappresentato che per ciò che ha risolto. La scelta è stata chiara: mettere da parte le bandiere e mostrarsi compatti davanti a una crisi che riguarda oltre mille posti di lavoro tra Ivrea e Asti e che rischia di lasciare sul terreno non solo occupazione, ma pezzi interi di equilibrio sociale, familiare ed economico. Un segnale politico, prima ancora che amministrativo.

Alla fine maggioranza e minoranza hanno trovato una sintesi su un’unica mozione, al termine di un confronto tutt’altro che scontato. Per la cronaca, in aula ne erano arrivate due: una presentata dal consigliere Massimiliano De Stefano per Azione – Italia Viva, l’altra sottoscritta da tutti i gruppi di maggioranza. È stato proprio De Stefano ad aprire il dibattito e lo ha fatto riconoscendo al sindaco Matteo Chiantore di essersi mosso con tempestività.

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Massimiliano De Stefano

Francesco Giglio

Francesco Giglio

«Non è in gioco solo una vertenza aziendale, ma l’idea stessa di lavoro e di città», ha sottolineato De Stefano. «Il trasferimento forzato a Torino significa ore di viaggio ogni giorno, famiglie riorganizzate a forza, stipendi che non reggono l’aumento dei costi. Il rischio è concreto: l’abbandono del lavoro».

Una sintesi brutale, che ha dato un nome al problema. Uno solo: desertificazione sociale.

Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Giglio (PD). Ha condiviso l’impostazione di De Stefano e ha allargato lo sguardo oltre l’emergenza del momento. «Quanto è accaduto a Ivrea», ha spiegato, «è il frutto di vent’anni di politica industriale fallimentare».

Giglio ha ricordato l’esperienza di Comdata, quando il lavoro c’era ed era stabile. Poi la vendita a un gruppo straniero e il copione già visto: multinazionali concentrate sui dividendi e sugli azionisti, molto meno sui territori e sulle persone, secondo una logica che da anni scarica i costi sulle comunità locali. Ha ammesso senza giri di parole che i margini di intervento degli enti locali sono limitati, ma ha ribadito che tutto ciò che è possibile fare deve essere fatto, anche arrivando a ipotizzare risorse di bilancio o soluzioni concrete come un servizio di trasporto dedicato per i lavoratori.

Dal fronte di Fratelli d’Italia, Andrea Cantoni ha spiegato la scelta di non apporre inizialmente la firma su nessuna delle due mozioni, chiarendo però fin da subito la disponibilità a convergere su un testo unitario, rinunciando a distinguersi, cosa che poi è effettivamente avvenuta.

Sui numeri e sulle ricadute sociali hanno insistito sia Andrea Gaudino sia Barbara Manucci: «Molti contratti sono part-time e per tanti lavoratori un trasferimento quotidiano verso Torino non è un disagio, ma una condanna».

A fare il punto sulle azioni intraprese è stato il sindaco Matteo Chiantore. Ha spiegato di essersi coordinato con l’assessora Gabriella Colosso e con il sindaco di Asti Maurizio Rasero, arrivando a una richiesta congiunta di incontro urgente con il governatore Alberto Cirio e ha ricordato l’incontro in programma alle Officine H martedì 23 dicembre.

"Ho invitato tutti i sindaci del territorio - ha sottolineato - per costruire una voce unica e corale. Ci sarà anche il vescovo Daniele, a conferma di una vertenza che non è solo economica, ma profondamente sociale».

Il sindaco è entrato poi nel merito delle motivazioni aziendali: la riorganizzazione, la scelta di Torino come sede unica perché ritenuta baricentrica rispetto alle tre sedi piemontesi, il tema del contenimento dei costi.

«Parlano di riduzione delle spese», ha spiegato, «ma ho già avuto contatti con i proprietari di Palazzo Uffici, che si sono detti disponibili a sedersi a un tavolo per discutere degli affitti». Un passaggio che smonta uno degli alibi ma non lo risolve...

Alla fine il Consiglio ha trovato la quadra con un emendamento proposto da Andrea Cantoni e con l’eliminazione del riferimento alla partecipazione ad azioni di protesta: non per prendere le distanze dai lavoratori, ma per ribadire che il compito della politica è trovare soluzioni.

L’emendamento è stato accolto e la mozione unitaria è passata all’unanimità, con il voto favorevole anche di Fratelli d’Italia.

Ora la palla passa altrove. E il tempo, per chi lavora, continua a correre.

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