Cerca

Attualità

Lo “spezzatino” del Sant’Anna? Capita a "fagioli"

Tra annunci trionfali e figuracce d’aula, il Consiglio regionale approva lo scorporo: nasce l’azienda OIRM–Sant’Anna, ma senza un vero piano economico e senza risposte sulle liste d’attesa, sul personale e sui servizi che i cittadini continuano a non ricevere

Lo “spezzatino” del Sant’Anna? Capita a "fagioli"

Franca Fagioli

Il Consiglio regionale ha partorito – è il caso di dirlo – la nuova azienda OIRM–Sant’Anna, frutto dello scorporo del Sant’Anna dalla Città della Salute e dell’accorpamento con il Regina Margherita. Una di quelle operazioni che la Giunta Cirio ha presentato con toni da inaugurazione del Ponte sullo Stretto, mentre le opposizioni l’hanno definita “spezzatino”, “passo indietro” e “confusione amministrativa”. Il voto è arrivato al termine di una seduta fiume in cui l’aula si è polarizzata come da copione: maggioranza a raccontare un futuro “più efficiente”, opposizioni a chiedere numeri e scenari che non sono mai comparsi davvero.

Insomma, il solito derby piemontese in cui la sanità diventa un campo di battaglia e i cittadini un pubblico pagante, costretti ad assistere mentre in Regione si parla per ore di organigrammi, di scatole aziendali e di governance, mentre fuori – nelle corsie – si aspettano visite rimandate, interventi posticipati e si sopporta una carenza strutturale di personale che nessun comunicato ha affrontato seriamente.

Da un lato c’è l’assessore alla Sanità Federico Riboldi, che ha presentato la nascita della nuova azienda come un evento cosmico: “specialità verticali”, “governance snella”, “trasparenza contabile”, “IRCCS”. Una narrazione che, a furia di ripeterla, sembra vera anche senza uno straccio di documento economico che ne dimostri i benefici. Ma Riboldici ha creduto, e questo è bastato alla maggioranza per crederci altrettanto. Nell’aula, ogni promessa è rimbalzata come verità rivelata, nonostante la totale assenza di un piano finanziario, di un cronoprogramma reale, di un’analisi dei costi dello scorporo.

Dall’altro lato ci sono le opposizioni, compatte su quasi tutto tranne… sulle cose su cui avrebbero dovuto essere compatte davvero. Per esempio sull’Università.

La presidente del Pd Gianna Pentenero e il capogruppo dem Daniele Valle si sono lanciati – con la sicurezza dei migliori tuffatori – nell’accusa più roboante: “L’Università non è stata coinvolta!”. Una frase che sembrava destinata a diventare il titolo della giornata.
Peccato che Riboldi, con una calma quasi zen, abbia tirato fuori la corrispondenza ufficiale fra Regione e Ateneo. Una mossa chirurgica: come portare il registro di classe quando qualcuno nega di aver marinato scuola.
Risultato: opposizione colta in contropiede, figuraccia servita, applausi dal centrodestra. E il dibattito, già acceso, si è trasformato in un piccolo teatro di provincia dove nessuno voleva ammettere l’evidenza.

Eppure questo inciampo non cancella il resto delle criticità, che rimangono tutte lì, robuste come sempre.
Perché nessuno – né PenteneroValle – ha mai contestato l’assessore su basi immaginarie: semmai hanno messo il dito nella piaga più vera di tutte. Quella economica, quella organizzativa, quella che riguarda la concreta tenuta dei servizi. E su questo né le mail né le slide hanno dato risposte: nessuno ha spiegato come si garantirà la copertura del personale, come verranno gestiti i costi aggiuntivi, cosa accadrà ai reparti e agli utenti nel periodo di transizione.

Gianna Pentenero

Il nodo resta lo stesso: perché scorporare?
Perché prendere un ospedale simbolo della salute della donna e sradicarlo dal complesso in cui funziona da decenni? Perché costruire una nuova azienda quando quella vecchia ha problemi strutturali che nessuno – né le giunte precedenti né quella attuale – ha mai davvero risolto?
Domande semplici, risposte mai pervenute.

La maggioranza risponde con slogan da convention.
Roberto Ravello (FdI) parla di centro materno-infantile unito, di superamento del “pachiderma” Città della Salute.
Carlo Riva Vercellotti aggiunge che la nuova azienda sarà attrattiva per i medici, come se bastasse cambiare il logo sulla carta intestata per convincere gli specialisti a non scappare in altre regioni.
Fabrizio Ricca (Lega) garantisce che tutto migliorerà, tutto costerà meno, tutto sarà più efficiente. La versione sanitaria del “vedrai che passa”: un classico, soprattutto quando nessuno ha ancora dimostrato come.

A compensare l’ottimismo della maggioranza, arrivano le bordate delle altre opposizioni, quelle che almeno non inciampano nelle email.
Alice Ravinale (Avs) accusa la delibera di essere un salto nel buio, priva di dati, priva di scenari chiari, priva di un progetto vero.
Sarah Disabato (M5s) parla apertamente di “spezzatino” e soprattutto di un Sant’Anna che rischia di non essere più l’ospedale delle donne, ma una succursale di un polo tutto nuovo e tutto da costruire.
Vittoria Nallo (SUE) ricorda che i veri problemi della sanità piemontese sono altri: liste d’attesa che esplodono, personale ridotto all’osso, cittadini che rinunciano alle cure.
E su questo, guarda caso, nessun documento ufficiale esibito da Riboldi riesce a smentire alcunché.

Intanto, per non far sembrare la delibera un salto nel vuoto, la Regione ha accettato – quasi controvoglia – quattro emendamenti delle opposizioni: integrazione dei sistemi informativi, tutela della medicina di genere, garanzia dei percorsi completi della salute femminile.
Se non altro, ora almeno sulla carta non si rischia di tornare alla ginecologia anni ’80.

E poi ci sono i tre ordini del giorno, tutti firmati dalle opposizioni: riapertura del Centro Nascita, potenziamento dei consultori, investimenti straordinari. La maggioranza li ha votati: più per non perdere la faccia che per convinzione. Come quando si applaude un parente a una recita scolastica: sai che non è Shakespeare, ma sei obbligato.

Alla fine resta una sensazione: la Giunta Cirio ha vinto il round politico, ma non ha risposto alle domande sostanziali.
L’opposizione ha colto nel segno su molte criticità, ma si è fatta male da sola sul caso dell’Università.
Il Piemonte, intanto, si ritrova con una grande operazione strutturale approvata senza un piano economico chiaro, senza certezze sui tempi, senza analisi d’impatto, senza garanzie sul reale miglioramento dei servizi.

Insomma: la Regione assicura che sta costruendo la sanità del futuro.
Ma il dubbio rimane: non è che stanno solo smontando quella del presente?

Capita a "fagioli"!

Capita a Franca Fagioli quello che capita sempre ai più fortunati: mentre la Regione Piemonte giura che la sanità è una cosa serissima, e che ogni scelta è il frutto di ponderazioni titaniche, accade che – guarda un po’ le coincidenze – l’assetto degli ospedali venga riorganizzato esattamente nella direzione in cui a lei non dispiaceva affatto. Non è colpa sua, ci mancherebbe. Lei è un medico stimato, una professionista solida, un pezzo importante della pediatria italiana. Ma, come diceva Flaiano, in Italia le situazioni si evolvono con tanta rapidità che spesso anticipano i desideri.

Per anni abbiamo ascoltato la storia ufficiale: “Il Regina Margherita entrerà nella Città della Salute. È lì che devono finire pediatria, ginecologia, ostetricia. Basta con la spola tra ospedali, basta con la geografia sanitaria a zig-zag.”
Erano i tempi in cui la “razionalizzazione” sembrava quasi razionale.

Poi, improvvisamente, è arrivata una nuova stagione. Una stagione in cui, per misteriose e tuttavia provvidenziali ragioni, si è deciso che no, non è il Regina a doversi spostare. È il Sant’Anna che deve essere portato verso il Regina. Lo scorporo, l’accorpamento, il “polo materno-infantile”, la creazione di una nuova azienda ospedaliera. Tutto molto tecnico, tutto molto complicato, tutto molto inevitabile, ci spiegano.

Ora, se uno è malizioso – e noi lo siamo quel minimo sindacale che serve per fare i giornalisti – si fa una domanda semplice: ma come mai l’operazione che per anni era stata dipinta come necessaria non è più necessaria, e invece diventa necessaria un’operazione che fino a pochi mesi fa non aveva mai nominato nessuno?

E qui ritorna Franca Fagioli, che con questa storia non c’entra nulla, figurarsi, se non per un dettaglio così microscopico che quasi sfugge: è considerata molto vicina al governatore Alberto Cirio. Non è una colpa, ci mancherebbe. È una di quelle fortune che capitano nella vita. C’è chi trova un quattrino per terra, chi incontra l’amore al supermercato, e chi si ritrova – del tutto involontariamente! – al centro di una riorganizzazione sanitaria che rischia di renderla una figura ancora più pesante nella medicina piemontese.

Perché poi arriva la parte più gustosa del racconto: la nuova azienda punta a diventare IRCCS, Istituto di Ricerca, la Champions League della sanità italiana. Ti cambia la vita, ti cambia il peso, ti cambia la voce nei corridoi che contano.
E anche qui, per carità, nessuno dice che sia stato fatto per lei. Diciamo solo che il caso ha una sua ironia.

E allora succede questo: mentre la politica discute di scorpori, accorpamenti, governance, equilibri e verticalità, il cittadino lì fuori continua a fare la fila per un’ecografia, a chiamare tre volte per un consultorio, a cercare un pediatra che non sia sommerso. La sanità vera resta quella: reparti che arrancano, personale che scappa, bilanci che non tornano. Ma in Regione succede qualcosa di molto più interessante della sanità vera: succede la sanità come strategia.

Non si sa se la nuova azienda funzionerà meglio. Non si sa se risolverà qualcosa. Non si sa nemmeno quanto costerà, né se sarà utile. Si sa soltanto che – per un insieme di eventi misteriosi quanto providenziali – è nata un’operazione che rende qualcuno più centrale, più ascoltato, più determinante.

Tutto scritto? No. Tutto casuale? Forse.
Tutto opportuno? Dipende da chi lo guarda.

Ma si sa: capita a Fagioli.
Come capita sempre ai protagonisti inconsapevoli delle grandi trasformazioni.
Come capita spesso in Piemonte, dove le riforme arrivano puntuali solo quando servono – o quando servono a qualcuno.

Chi è Franca Fagioli?

Franca Fagioli è una pediatra e oncoematologa torinese, tra le figure più esperte nel trattamento dei tumori infantili. Dirige il Dipartimento di Pediatria e Specialità Pediatriche dell’Ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino e guida anche la Struttura Complessa di Oncoematologia Pediatrica.

Nel suo ruolo coordina reparti ad alta complessità, attività cliniche e programmi di ricerca dedicati alle malattie oncologiche dei bambini. È inoltre docente dell’Università di Torino, dove insegna pediatria e oncoematologia e partecipa alla formazione dei medici specialisti.

Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e coinvolta in reti interregionali per la cura dei piccoli pazienti, Fagioli è considerata un punto di riferimento della pediatria piemontese, con un profilo professionale che unisce attività clinica, gestione ospedaliera e attività accademica.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori