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03 Dicembre 2025 - 12:30
Autostrade inchiodate? Dal 2026 i concessionari dovranno pagare ogni minuto di coda
L’Autorità di Regolazione dei Trasporti apre un varco che per anni era sembrato impossibile da scalfire: introdurre un diritto al rimborso per gli automobilisti che restano intrappolati in code interminabili causate dai cantieri perenni, o che si trovano bloccati in autostrada a causa di incidenti, maltempo o altre situazioni straordinarie. Considerando la condizione ormai cronica della rete autostradale italiana – tra lavori infiniti, restringimenti di carreggiata, manutenzioni non coordinate e rallentamenti quotidiani – la decisione rappresenta un passaggio storico, destinato a incidere sui bilanci delle concessionarie e sulla tutela effettiva degli utenti.
A partire dal primo giugno 2026, scatteranno i rimborsi per chi rimane bloccato in autostrada a causa di un ostacolo imprevisto alla circolazione. Per la prima volta, il disagio degli automobilisti non verrà più considerato un fastidio inevitabile ma una condizione che genera un vero diritto al risarcimento. La seconda fase del sistema entrerà in vigore il primo dicembre 2026, includendo anche le tratte caratterizzate da cantieri distribuiti su autostrade gestite da diversi concessionari. Un passaggio tutt’altro che banale: significa che le società dovranno coordinarsi e definire chi risponde di quale tratto, senza lasciar ricadere sul cittadino la complessità del sistema concessorio italiano.
L’Autorità parla di una misura che “risponde a un’esigenza concreta”, e in effetti basta osservare lo stato della rete: decine di migliaia di automobilisti ogni giorno subiscono ritardi, consumano carburante, perdono ore di lavoro, appuntamenti medici, coincidenze ferroviarie e perfino voli. Il principio che ora passa è che pagare un pedaggio implica un servizio adeguato, e che un’autostrada paralizzata non può essere considerata conforme a ciò che l’utente ha acquistato.

Le modalità tecniche saranno definite nei prossimi mesi, ma le linee guida già tracciate dall’Art lasciano intendere un sistema basato su dati oggettivi: cronologie del traffico, velocità media reale rilevata dai portali, estensione dei cantieri, durata dei blocchi e parametri che consentiranno di misurare in modo preciso il grado del disservizio. I rimborsi avverranno solo per tratte in cui il disagio risulta effettivamente imputabile ai lavori o al blocco e non a fattori esterni come l’afflusso del traffico festivo o la normale congestione delle aree metropolitane.
Un aspetto cruciale riguarda la responsabilità delle concessionarie. Per anni, queste ultime hanno potuto contare su un sistema di pagamento che attribuiva loro entrate stabili indipendentemente dalle reali condizioni della rete. Ora lo scenario cambia: la qualità dell’infrastruttura e la fluidità della circolazione diventano parametri capaci di produrre un costo diretto per il gestore. Una svolta destinata a incidere anche sulla pianificazione dei cantieri, troppo spesso disorganizzati o sovrapposti in punti nevralgici della rete.
Le concessionarie saranno costrette a programmare i lavori in modo più razionale, limitare le chiusure simultanee, potenziare la comunicazione preventiva verso gli utenti e rendere più efficienti i servizi di gestione dell’emergenza. Un obbligo che potrebbe imprimere una scossa a un sistema rimasto per anni autoreferenziale, in cui l’utente finale era l’unico soggetto senza strumenti per far valere i propri diritti.
La misura assume anche un significato politico. Negli ultimi anni la questione dei pedaggi è stata al centro di un crescente malcontento, soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest dove la densità dei cantieri ha raggiunto livelli record. Le proteste degli automobilisti, dei pendolari e delle imprese di trasporto hanno imposto al legislatore un intervento strutturale. Le code chilometriche sulla A26, sulla A10, sulla A14 o sulla A4 Torino-Milano sono entrate nell’immaginario collettivo, diventando simbolo di un sistema logorato da anni di ritardi e carenze strutturali.
La decisione dell’Art non risolve il problema delle infrastrutture, ma introduce un meccanismo di responsabilizzazione che mancava. Se un tratto autostradale non garantisce la mobilità promessa, chi incassa il pedaggio sarà chiamato a risponderne. È un cambio di paradigma che potrebbe ridurre in modo sensibile la distanza – spesso abissale – tra chi utilizza quotidianamente la rete e chi la gestisce.
Nei prossimi mesi arriveranno i regolamenti operativi, ma una cosa è certa: per la prima volta gli automobilisti non saranno più spettatori passivi delle inefficienze autostradali. E la qualità del servizio, almeno sulla carta, diventerà un fattore misurabile, con conseguenze economiche immediate per i concessionari. Una novità che, se applicata senza sconti, potrebbe modificare radicalmente la cultura della manutenzione in Italia.
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