AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
02 Dicembre 2025 - 22:59
Filppo Blengino
Filippo Blengino, 24 anni, segretario nazionale dei Radicali Italiani, torna al centro della scena politica e giudiziaria italiana con un nuovo arresto che, come spesso accade quando si parla di lui, è più una miccia accesa nel dibattito pubblico che un semplice fatto di cronaca. Questa volta il teatro è piazza Foroni, a Torino, dove Blengino ha esposto circa mezzo chilo di CBD, la cannabis priva di effetti psicotropi, distribuendone piccole quantità come gesto di disobbedienza civile. Gesto che gli è valso l’arresto da parte delle forze dell’ordine e l’ennesima apertura di un fascicolo per spaccio di sostanze stupefacenti. Una vicenda che, ancora una volta, spalanca la porta su un paradosso tutto italiano: la legge che considera la canapa legale alla stessa stregua delle droghe pesanti, colpendo non solo gli attivisti ma decine di imprenditori che operano in un settore che fino a pochi anni fa era considerato perfettamente inquadrato.

L’episodio non arriva come un fulmine a ciel sereno. Da mesi Blengino, eletto segretario dei Radicali nel dicembre 2024, porta avanti una strategia dichiarata di disobbedienza aperta. Le sue azioni puntano tutte nella stessa direzione: rendere evidente l’irrazionalità normativa prodotta dal nuovo Codice della strada, che punisce con sanzioni durissime chi risulta positivo agli stupefacenti anche a distanza di giorni dal consumo, e soprattutto della legislazione che, con il cosiddetto “Decreto Sicurezza”, ha di fatto equiparato la cannabis light – cioè il CBD privo di THC – alle droghe proibite. Per dimostrarne l’assurdità Blengino aveva già compiuto un gesto simile mesi fa, autodenunciandosi dopo essersi messo al volante a distanza di ventiquattro ore dall’aver fumato cannabis. Non era alterato, ma era positivo: secondo la legge basta quello per essere considerato alla guida sotto effetto di stupefacenti. «La dimostrazione che la norma non salva vite, ma punisce persone perfettamente lucide» aveva dichiarato allora.
Il suo attivismo, però, non è fatto soltanto di provocazioni. A Roma, nella primavera 2025, Blengino aveva aperto un “cannabis store” all’interno della sede nazionale del partito per contestare pubblicamente la stretta ideologica che ha travolto il settore della canapa industriale. L’arresto non era stato convalidato, ma la denuncia era rimasta. A distanza di mesi, il copione si ripete a Torino con toni più clamorosi e con un’attenzione mediatica ancora maggiore, segno che il terreno della protesta radicale contro il proibizionismo sta diventando uno degli epicentri del confronto politico nazionale.
Non a caso, poche ore dopo l’arresto, è arrivata la presa di posizione durissima del Movimento 5 Stelle. In un comunicato firmato dalla capogruppo regionale Sarah Disabato e dai consiglieri Alberto Unia e Pasquale Coluccio, i pentastellati non si limitano a esprimere solidarietà, ma individuano una responsabilità politica diretta: “Questo è ciò che succede ogni giorno a decine di imprenditori e operatori del comparto della canapa, vessati a seguito dell’approvazione dello scellerato Decreto Sicurezza”. Per il M5S l’azione delle forze dell’ordine è solo la punta dell’iceberg di un impianto normativo che definiscono “ideologico, inutile e dannoso”. Accusano lo Stato di dispiegare risorse per perseguitare un settore che opera legalmente, mentre – si legge nel testo – i tribunali vengono affollati da procedimenti destinati a finire nel nulla perché il CBD è una sostanza priva di qualsiasi effetto drogante. Ed è impossibile ignorare la stoccata politica, rivolta alla maggioranza regionale: “Si professano dalla parte degli imprenditori, ma quando si tratta di difendere chi lavora nella filiera della canapa fanno orecchie da mercante”. Una critica che suona ancora più pesante perché arriva proprio dalla regione Piemonte, che ospita molte delle aziende che negli anni hanno investito nella coltivazione e trasformazione di canapa legale.
Sul fronte opposto, da parte delle autorità non sono ancora arrivate dichiarazioni formali, ma il quadro normativo parla da solo. La legge oggi considera la cessione di CBD come cessione di sostanza stupefacente: anche se non sballa, anche se non altera, anche se è privo di THC. È sufficiente che la normativa non distingua per rendere penalmente rilevante qualsiasi trasferimento, anche simbolico. Per questo Blengino rischia teoricamente pene pesantissime: inquadrato come spaccio, il reato può arrivare fino a vent’anni di carcere. Ed è proprio questa sproporzione, questa frattura evidente tra scienza, buon senso e testo di legge, che Blengino e i Radicali intendono portare davanti ai giudici e, se possibile, alla Corte Costituzionale. Una sfida aperta che non riguarda più soltanto il consumo di cannabis, ma la tenuta dello Stato di diritto quando si tratta di sostanze considerate tabù da decenni.
Le reazioni politiche non si fermano ai pentastellati. In queste ore arrivano attestazioni di solidarietà anche da altre forze del centrosinistra, come Alleanza Verdi e Sinistra e Possibile, che da tempo denunciano “l’onda proibizionista” capace di travolgere tanto gli attivisti quanto le imprese del settore. Secondo loro la criminalizzazione del CBD non ha alcuna utilità dal punto di vista della sicurezza, ma genera solo caos giudiziario e danni economici enormi per chi aveva investito in una filiera fino a ieri considerata pienamente legale. Secondo i Radicali, il paradosso italiano è tutto qui: da una parte la canapa industriale è regolamentata, ammessa e persino incentivata dalla normativa agricola; dall’altra lo stesso prodotto, cambiato di scaffale, diventa improvvisamente materiale da sequestro penale.
In questo incrocio tra politica, attivismo e giustizia, la figura di Blengino assume un ruolo quasi simbolico, un po’ come accadde a Marco Pannella negli anni Settanta con le battaglie sui diritti civili. Giovane, appassionato, già avvezzo agli arresti come strumento di contestazione, rappresenta oggi uno dei pochi attori politici disposti a mettere il proprio corpo e la propria libertà al centro della battaglia. Nel suo curriculum recente ci sono denunce, arresti non convalidati, autodenunce, conferenze, interventi pubblici, e l’idea costante che la legge ingiusta vada violata proprio per essere resa visibile. Nel suo Piemonte, e in particolare a Torino, questa strategia produce un effetto amplificato, perché qui si concentra una parte significativa del dibattito nazionale sulla canapa, tra aziende, associazioni, giuristi e un mondo giovanile molto sensibile al tema.
L’arresto di piazza Foroni non sarà quindi solo un episodio di cronaca locale. Sarà con ogni probabilità un nuovo terreno di scontro politico e giudiziario che coinvolgerà partiti, associazioni, imprenditori e magistrati. Perché se da una parte lo Stato reagisce con il codice penale, dall’altra Blengino e chi lo sostiene reagiscono con la pubblica opinione. E il terreno intermedio – quello dove si decide cosa è ragionevole, cosa è giusto, cosa è proporzionato – è più aperto che mai.
Insomma, nella vicenda Blengino non c’è solo l’arresto di un attivista, ma l’immagine nitida di una contraddizione legislativa che ormai esplode a ogni intervento delle forze dell’ordine. E se la politica continuerà a far finta di nulla, sarà probabilmente proprio un processo, paradossalmente voluto dall’imputato, a stabilire se la legge italiana sulla canapa regge ancora alla realtà o se dovrà cambiare, spinta dalla stessa disobbedienza civile che oggi mette di nuovo Blengino in una cella e domani potrebbe spingere il Parlamento a rivedere ciò che, a questo punto, pochi hanno il coraggio di difendere apertamente.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.