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Senza soldi non lavoriamo più! Ospedale di Settimo, la resa dei conti. La Cooperativa Quadrifoglio detta l'ultimatum

Lettera choc dei fornitori: “Basta promesse, senza soldi interrompiamo tutto”. SAAPA in liquidazione dal 2021, personale al minimo, conti da incubo.

Settimo, la resa dei conti: Ospedale in ginocchio, Quadrifoglio detta l'ultimatum

Settimo, la resa dei conti: Ospedale in ginocchio, Quadrifoglio detta l'ultimatum

Questa volta non è la solita voce di corridoio, non è il malumore di un reparto stanco o l’ennesimo annuncio politico buono per rinviare il problema. No, questa volta c’è una data, una firma, un ultimatum. E c’è soprattutto una frase che pesa come un macigno: “interromperemo irrimediabilmente l’erogazione dei servizi”.

A scriverlo è la Cooperativa Sociale Quadrifoglio, uno dei principali fornitori dell’Ospedale Civico “Città di Settimo Torinese”, che ha diffidato formalmente SAAPA S.p.A. al pagamento immediato di oltre 1,1 milioni di euro di fatture scadute. E ha aggiunto: ci sono altri 1,19 milioni già emessi che matureranno a breve. Totale? Oltre 2,3 milioni di euroche la società non è più in grado di onorare.

Quadrifoglio non si è limitata a bussare alla porta. Ha scelto la via ufficiale, quella dura: una diffida inviata ai liquidatori Alessandro Rossi e Luca Asvisio, al direttore sanitario Giuseppe Gulino, all’ASL TO4, all’ASL Città di Torino, al Comune di Settimo, alla Prefettura, alla Regione Piemonte e persino ai sindacati di categoria. Perché quando la casa brucia, tutti devono vedere le fiamme. E quelle fiamme, oggi, sono alte quasi quanto il debito accumulato.

La cooperativa ricorda nella sua lettera non solo le promesse di pagamento mai mantenute, non solo i solleciti ignorati, ma mette in chiaro che il contratto potrà essere considerato risolto di diritto se entro sette giorni non arriveranno i soldi. A quel punto i servizi — fondamentali per il funzionamento quotidiano dell’ospedale — verranno stoppati. Parliamo di attività socio-assistenziali, di global service, di forniture di materiali essenziali. Fermate quelle, la struttura non sarà più in grado di garantire la normalità nemmeno per 24 ore.

E mentre arriva la diffida, da Torino l’assessore regionale Federico Riboldi ostenta tranquillità. Poi ci invia un parere tecnico. “La Regione Piemonte — ci dice — ha stanziato, con legge regionale, 15 milioni di euro per internalizzare l’attività di Saapa. Sono in corso ulteriori interlocuzioni con i principali creditori per aggiornare gli accordi stragiudiziali firmati e condivisi in sede assembleare, tenuto conto delle ultime vicende giudiziarie. Con apposito provvedimento la Regione Piemonte trasferirà le risorse a Saapa. La Regione auspica di internalizzare l’attività entro febbraio 2026…”

Tutto chiaro? Per niente.
Posto che i 15 milioni siano davvero sufficienti a pagare tutti i creditori, quel che non si capisce è come verranno versati a una società che è in liquidazione. Con un semplice bonifico? Con un aumento di capitale? Attraverso quale procedura, controllata da chi e in quale tempistica? Tutto molto nebuloso.

Nebulosa è anche l’idea, sempre più insistente, della creazione di una sorta di “bad company” in cui far confluire debiti e soldi pubblici, così da evitare a SAAPA una procedura concorsuale che farebbe saltare definitivamente il banco e pure la continuità aziendale di cui tutti parlano...

Tant’è.
Di questo si è discusso anche lunedì scorso, durante l’assemblea organizzata dalla CGIL insieme alla Funzione Pubblica e allo SPI. Tra i relatori Massimo Esposto, segretario della FP CGIL, Lucia Centillo e Federico Bellono, segretario generale della CGIL Torino. L’incontro si è concentrato anche sul futuro del personale e, tra le varie voci, c’è chi sostiene che “salvare SAAPA significa salvare il TFR dei dipendenti”. Una tesi fuorviante, considerando che i dipendenti effettivi della società sono soltanto quattro: tutti gli altri lavoravano — o lavorano — per altri soggetti ed è a questi ultimi che ci si deve rivolgere.

La verità è che l’Ospedale di Settimo non ha cominciato a crollare oggi. È un castello che ha perso mattoni uno dopo l’altro, molto prima che le vicende giudiziarie e gli scandali sui pazienti sedati e legati ai letti, o il personale ridotto all’osso, dessero il colpo di grazia.

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ospedale

La conferenza organizzata da Cgil

Per la cronaca, SAAPA è in liquidazione dal settembre 2021. Un limbo che dura da troppo tempo. I bilanci pubblicati raccontano una storia sempre uguale: perdite costanti, patrimonio netto negativo, ricavi insufficienti persino per l’ordinario.

E ora, con l’ultima diffida, il quadro — se possibile — appare ancora più drammatico.

Vale la pena ricordare che l’ospedale di Settimo, in realtà, ospedale non lo è mai stato. Nasce come Rsa per lungodegenti e terapie riabilitative, sul modello del Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese o del Trompone di Moncrivello.

L’idea è di una classe politica decisamente più “politica” di quella che oggi popola Settimo. Una stagione in cui si pensa in grande e si costruisce, mattone dopo mattone, ciò che si sogna. Ci riescono nel 1997, con al loro fianco l’allora assessore regionale di Alleanza Nazionale, Antonio D’Ambrosio. Convinti com’erano che la città meritasse un presidio sanitario vero e che da qualche parte bisognasse partire, firmano un patto tra gentiluomini.
Per dare concretezza al progetto viene coinvolta la società francese Sias, incaricata di costruire l’immobile su un terreno dell’Asl e, in parte, del Comune di Settimo.

I lavori finiscono, ma la storia no. L’edificio rimane per anni vuoto, abbandonato, con un solo inquilino: Michel Veillet, francese trapiantato a Settimo, che ogni giorno telefona ai giornali per dire che lo hanno “ciulato”. Lo dice con accento d’oltralpe ma in un italiano tagliente. Un giorno chiama anche il Gabibbo, e così Settimo finisce su Striscia la Notizia. Indimenticabile la sua intervista, quella in cui definisce l’Italia una “repubblica bananiera”.

Ne dice tante, e con tale convinzione, che alla fine la politica – a ogni livello – si vergogna e decide di mantenere le promesse fatte. La prima parte della telenovela si chiude il 25 giugno 2008, con la cessione delle azioni di Sias Italia Spa a una nuova compagine composta da Asl To2 e Asl To4 (52%), Asm Spa (31,5%) e Cooperativa Frassati(16,5%).

Alla conferenza stampa di presentazione siedono Marina Fresco e Giulio Fornero per le Asl, Silverio Benedetto per Asm, Giuseppe Palena (assessore alla Sanità di Settimo) e Amelia Argenta per la Frassati.
La Regione Piemonte, con la legge regionale 12/2008, autorizza una sperimentazione gestionale rinnovabile ogni cinque anni: alle Asl la parte sanitaria, ad Asm la gestione energetica, alla Frassati l’assistenza. Il progetto parte con 170 posti letto: 90 per le dimissioni protette, 20 per la lungodegenza e 60 per la riabilitazione.

È un successo. Un riscatto politico e civico firmato Aldo Corgiat e Mercedes Bresso, allora presidente della Regione.

Nel 2008 nasce Saapa S.p.A.Società Assistenza Acuzie e Post Acuzie – a controllo pubblico, che subentra alla Sias. Contestualmente la Regione sottoscrive con Monte dei Paschi di Siena un mutuo da circa 30 milioni di euro, con scadenza al 31 dicembre 2041.

In origine l’ospedale è inserito nella rete pubblica come struttura di post-acuzie, ma nel 2015 viene declassato a struttura privata accreditata. È la svolta, e l’inizio del declino.

Dopo alcuni anni di perdite – circa 7 milioni di euro – la Saapa riesce comunque a raggiungere il pareggio e poi un utile di circa 200 mila euro annui. L’obiettivo della sperimentazione è chiaro: restituire il debito e coprire gli interessi, pari a 1,5 milioni di euro l’anno.
Dal 2017 al 2019, la gestione funziona: surplus di oltre 1,8 milioni di euro annui. E tutto questo anche grazie al lavoro di Aldo Corgiat, che, smessi i panni di sindaco, accetta, part-time, l’incarico di direttore amministrativo, passando al part-time anche all’Istituto Zooprofilattico di Torino.

Poi arriva il 2020, l’anno del caos. La sindaca Elena Piastra tenta il colpaccio di far nominare alla guida di Saapa Alessandro Scopel, ma non ci riesce, non se la filano, nessuno le dà retta. Arriva Alessandro Rossi, che si dà subito da fare per rimuovere Corgiat – e ci riesce. Si impegna anche ad allontanare la Cooperativa Frassati, che in quanto socia evidentemente guardava agli anziani in modo diverso. Poi arrivano la Cm Service e la pandemia.

Due piani su tre dell’ospedale vengono convertiti in reparti Covid per casi non gravi: una scelta necessaria, ma costosa. Le perdite superano i 3,5 milioni di euro, solo in parte riconosciute dalla Regione.

Da lì, la caduta. Invece di tentare un piano di risanamento – come i decreti Covid del Governo consentono, spalmando le perdite su cinque esercizi – si sceglie la via più facile: vendere tutto.

Nel marzo 2023, la struttura viene messa all’asta a 50 milioni di euro. Nessuno la compra. Così, nell’aprile 2024, la Regione annuncia trionfalmente l’acquisto dell’ospedale per 23 milioni di euro. Poi ne mette sul piatto altri 15 per internalizzare il servizio. La prima operazioni si conclude, la seconda è ancora aperta...

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