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Teleriscaldamento, la maggioranza scappa dal dibattito: mozione nel cesso e Pd in festa

La Commissione d’indagine prevista dal regolamento comunale viene silenziata prima di arrivare in aula. Il Pd trasforma una ritirata in una vittoria e sposta il confronto su Facebook, mentre le famiglie continuano a fare i conti con bollette incomprensibili

Teleriscaldamento, la maggioranza scappa dal dibattito: mozione nel cesso e Pd in festa

Elena Piastra

A Settimo Torinese il teleriscaldamento non scalda solo le case: fa ribollire la politica più di qualsiasi caldaia. Altro che bollette: qui a scottare davvero è il dibattito che la maggioranza ha avuto premura di spegnere prima ancora che prendesse fuoco.

La mozione di Lega e Fratelli d’Italia che chiedeva l’istituzione di una Commissione consiliare d’indagine prevista dall’articolo 19 del regolamento comunale? È finita come finiscono tutte le storie in cui il dibattito pubblico potrebbe creare qualche problema alla maggioranza guidata da Elena Piastra: nel cesso.

Allergici come sono al rischio di un confronto aperto su consumi, tariffe, rendicontazioni e controlli possibili, hanno trovato il modo di farla dichiarare “inammissibile”. Inammissibile discuterla, inammissibile approfondire, inammissibile perfino ascoltare. Una paura del dibattito talmente evidente che a fine Consiglio la maggioranza ha festeggiato non ciò che ha fatto, ma ciò che è riuscita a non far discutere.

Il resto è tutto su Facebook. Qui il Pd ha montato la fiaba dei “super-eroi del teleriscaldamento”, attribuendo all’opposizione promesse roboanti che nella mozione non esistono, vantandosi di aver smascherato un complotto politico e compiacendosi per aver evitato che l’atto arrivasse in Consiglio, quasi fosse un dovere morale proteggere i cittadini… dal dibattito stesso.

Un capolavoro di autoassoluzione preventiva: invece di dire “abbiamo evitato un confronto imbarazzante”, il Pd ha preferito il più elegante “non era nelle competenze del Consiglio”. Ed eccolo lì, il paravento perfetto: la Commissione d’indagine prevista dal regolamento? Un dettaglio. Le lamentele dei cittadini sulle bollette? Incidenti. Le criticità riportate nella mozione? Piccole cose da minimizzare. L’importante era far saltare il dibattito. E ci sono riusciti.

Sotto il post, intanto, c’è chi paragona la giunta a un collegio docenti costretto a spiegare la lezione agli alunni svogliati, e chi ricorda che l’unico momento in cui si è parlato davvero di scuola è stato quando l’opposizione ha dovuto spiegare alla maggioranza come funzionano gli organi collegiali. C’è chi accusa il Pd di copiare da ChatGPT e chi osserva che “la concretezza e la serietà della maggioranza” somiglia più a un titolo di Lercio che a una realtà amministrativa.

Ma il colpo più pesante arriva dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Vincenzo Maiolino, che smonta riga per riga la narrazione del Pd: "l’opposizione non ha fatto polemiche per rispetto degli uffici, la motivazione tecnica è opinabile, la maggioranza finge che una commissione informativa di qualche ora risolva anni di disservizi e, soprattutto, se il tema è tornato centrale è solo perché qualcuno ha avuto il coraggio di presentare una mozione che la maggioranza ha immediatamente fatto sparire...".

C’è poi Elena Tamone, che fa notare con una lucidità disarmante ciò che molti avevano pensato: se la maggioranza si è accorta del problema solo dopo aver letto “commissione d’inchiesta”, forse la mozione ha avuto più effetti di quanto il Pd voglia ammettere. Un assist involontario che però dice tutto. Perché mentre sui social il Pd si agita per dimostrare di essere concreto e competente, la realtà è molto più semplice: la mozione chiedeva un’indagine seria; la maggioranza ha preferito non discuterla; il dibattito che doveva svolgersi nelle sedi istituzionali si è spostato su Facebook. E il Pd, con la consueta disinvoltura, ha trasformato una ritirata strategica in una vittoria politica.

Insomma, l’unica cosa davvero “inammissibile” in questa storia non è la mozione, ma la paura della maggioranza di affrontare in pubblico un tema che riguarda migliaia di famiglie. Una maggioranza che in certe occasioni sembra costruita più per casting che per competenze, e che davanti alla parola “indagine” corre immediatamente ai ripari.

La Commissione consiliare d’indagine è uno strumento previsto, legittimo, trasparente, perfino educato. Ma la trasparenza, si sa, scalda molto meno della propaganda. E così, mentre i cittadini continuano a lamentarsi di bollette poco chiare, consumi incomprensibili e rendicontazioni in ritardo, il Pd scioccamente sorride. Perché a Settimo Torinese — ormai è evidente — la vera priorità non è risolvere i problemi, ma evitare che se ne parli davvero.

La mozione

Per comprendere il significato della mozione "finita nel cesso" occorre tornare indietro di quasi 25 anni, quando Settimo Torinese decide di puntare sul teleriscaldamento come infrastruttura strategica. I primi tratti di rete nascono infatti nei primi anni Duemila, in un contesto in cui diversi comuni dell’area torinese cercano soluzioni più efficienti rispetto alle caldaie centralizzate tradizionali. Si trattava di una fase pionieristica, con un gestore diverso da Engie e una rete ancora relativamente limitata, ma già allora si intravedeva il potenziale di un sistema capace di ridurre emissioni, ottimizzare la produzione termica e fornire continuità di servizio a interi quartieri.

La svolta arriva nel 2017, quando Engie S.p.A. comunica formalmente al Comune l’acquisizione della rete cittadina. Un passaggio che segna l’ingresso di un grande operatore internazionale nella gestione del servizio. L’anno successivo la Giunta approva, con la delibera 33/2018, la convenzione che stabilisce diritti e doveri del concessionario, i margini di controllo per il Comune, gli obblighi informativi e i criteri generali di sviluppo del servizio. Il nuovo gestore eredita una rete già strutturata ma non ancora estesa come oggi: all’epoca si contavano circa 47 chilometri di tubazioni e una produzione annua attorno agli 80 GWh.

Da quel momento inizia una fase di espansione significativa. Engie annuncia l’estensione verso il quartiere San Gallo, zona a forte densità abitativa e con numerosi edifici pubblici. I lavori includono anche interventi tecnicamente complessi, come l’attraversamento della linea ferroviaria, che richiedono permessi specifici e adeguamenti strutturali. Parallelamente, il sistema di produzione viene potenziato: si passa da un modello basato su poche fonti a un mix diversificato composto da recupero termico da centrali, biomassa legnosa, cogenerazione e caldaie di riserva. Un’impostazione che consente continuità operativa e maggiore efficienza energetica, riducendo nel contempo le emissioni in atmosfera.

A distanza di anni l’infrastruttura ha assunto dimensioni di scala metropolitana. La rete oggi si estende per circa 51 chilometri, serve 315 condomini e numerosi edifici pubblici e privati, raggiunge 36.500 abitanti e produce oltre 82 GWh di energia termica all’anno. Il gestore (sul proprio sito internet) sottolinea inoltre un beneficio ambientale rilevante, quantificato in più di 25.000 tonnellate di CO₂ evitate ogni anno rispetto ai sistemi tradizionali. 

Accanto ai punti di forza però nel tempo sono emerse  anche alcune criticità. Diversi cittadini segnalano difficoltà nel ricostruire i consumi reali, ritardi e imprecisioni nelle rendicontazioni, differenze tariffarie tra condomini allacciati in anni diversi e aumenti dei costi percepiti come difficili da verificare in assenza di informazioni pienamente chiare. Si è aggiunta nelle ultime settimana la cronaca di un condominio di 26 famiglie di via De Francisco lasciate al freddo dal 4 ottobre al 6 novembre. 

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"La complessità della rete, l’evoluzione normativa e contrattuale e la presenza di tariffe storiche diverse contribuiscono a creare un quadro non sempre semplice da interpretare da parte degli utenti..." si legge nella mozione.

Secondo l'Opposizione consigliare, la convenzione del 2018 mette a disposizione del Comune strumenti di controllo e monitoraggio che, però, non sarebbero stati utilizzati in modo sistematico o comunque non sarebbero sufficienti a dare risposte esaustive. Da qui era nata l’idea di ricorrere alla Commissione consiliare d’indagine, prevista dall’articolo 19 del regolamento comunale, uno strumento che consente una verifica approfondita attraverso l’acquisizione di documenti, l’audizione del gestore, l’analisi dei contratti e la ricostruzione tecnica e amministrativa di tutti gli elementi che determinano il funzionamento del servizio. L’obiettivo dichiarato era di arrivare a una relazione finale che permettesse all’ente pubblico di intervenire, se necessario, con correttivi, aggiornamenti o proposte di revisione in un quadro chiaro e documentato.

La partita è politica ma anche tecnica. Da un lato la necessità di valutare con equilibrio e rigore un servizio che negli anni ha rappresentato uno dei pilastri della politica energetica locale; dall’altro la richiesta, avanzata da più voci, di fare chiarezza su costi, contratti e rendicontazioni in una fase storica in cui l’efficienza energetica e la sostenibilità economica sono diventate priorità per le famiglie.

Teleriscaldati

A Settimo Torinese il teleriscaldamento funziona talmente bene che appena qualcuno dice “indagine” la temperatura politica scende di dieci gradi. Pare che la mozione della destra fosse così innocente da potersi leggere senza guanti, ma la maggioranza l’ha maneggiata come materiale radioattivo: subito isolata, subito sigillata, subito “inammissibile”. Succede quando hai paura del fuoco e anche un fiammifero sembra un incendio.

Poi su Facebook è arrivata la versione ufficiale, come spesso accade quando la versione ufficiosa non regge. Il Pd ha spiegato che l’opposizione aveva promesso miracoli, e loro, prudentemente, li hanno evitati. Così ora sappiamo che la Commissione d’indagine era inadatta al Consiglio, mentre la favola dei supereroi del teleriscaldamento è perfetta per i social. Misteri della termodinamica.

C’è chi ha scritto che la giunta sembra un collegio docenti. Forse per l’autorevolezza, forse per l’aria rassegnata di chi sa già che la campanella sta per suonare. Qualcun altro ha osservato che la maggioranza si è accorta del problema solo quando ha letto la parola “inchiesta”. È l’effetto pavloviano delle istituzioni: dici “controllo”, scatta il fuggi-fuggi.

Alla fine, non è chiara la situazione delle bollette, non è chiaro il futuro della rete, non è chiaro come si sia deciso di non decidere. È chiaro solo che la mozione non si discute. Per evitare il riscaldamento del dibattito, evidentemente. A Settimo si usa così: prima si spegne tutto, poi si dice che non c’era nulla da accendere.

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