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28 Novembre 2025 - 12:39
Monti Pelati, una Riserva più grande per guarire le ferite della discarica
Ampliare la Riserva Naturale dei Monti Pelati includendovi il territorio delle Tre Vespie. Questo è l’intento del Comitato <La Voce dei Monti Pelati> che da anni si batte per la valorizzazione e la salvaguardia di quelle aree ferite gravemente dalla più che trentennale presenza della nota discarica e che sono invece dotate di notevoli potenzialità. Nel convegno dal titolo <Usi Civici - Riserva Naturale Monti Pelati e Terre di Vespia> che ha organizzato a Castellamonte insieme all’associazione <Terra Mia>, sono stati anticipati i risultati di uno studio in via di completamento effettuato dalla dottoressa forestale Roberta Benetti.
Nell’intervento introduttivo la presidente del Comitato Patrizia Bernardi Civretto ha sottolineato la particolarità di quest’area, che costituisce un patrimonio unico e capace di contribuire al benessere del territorio. Sull’opportunità di metterla sotto protezione c’è ampio consenso, tanto che hanno dato il loro sostegno all’incontro le Società di Mutuo Soccorso di Campo e Muriaglio e l’Associazione Sportiva di Campo mentre l’amministrazione di Castellamonte ha messo a disposizione la sala del centro congressi Martinetti ed offerto supporto organizzativo. Sono intervenuti il sindaco della città Pasquale Mazza e l’assessore all’Ambiente Patrizia Addis nonché il primo cittadino di Vidracco Antonio Bernini ed il consigliere di Baldissero con delega all’ambiente. Presenti in sala anche il rappresentante di Legambiente Gianni Ronchetti ed il presidente del Consorzio Operatori Turistici Valli del Canavese Silvio Bertero. Soprattutto erano presenti i normali cittadini, provenienti non solo dalle zone direttamente coinvolte ma da varie aree del territorio.
Nello spiegare il ruolo avuto da <Terra Mia> nella preparazione del convegno, il suo presidente Emilio Champagne ha dichiarato: “E’ una nobile causa ed abbiamo collaborato con duplice piacere visto che ci offre l’occasione per rendere noto un importante lavoro. Abbiamo scoperto, recuperato e digitalizzato la carta del Catasto di Campo, che si era smarrita: la consegneremo al Comune appena verrà ripristinato l’Archivio, ora in fase di ristrutturazione. <Terra Mia> è la prima associazione del territorio che abbia creduto nella digitalizzazione(di documenti, foto, filmati) per sottrarre il patrimonio documentale ai danni del tempo e al rischio della dispersione rendendolo nel contempo consultabile e condivisibile”.
A svolgere questo lavoro è stato un giovane associato, Alessandro Truffa, che ha spiegato trattarsi di una mappa del 1770 e che ha citato le principali tecniche fotografiche: “C’è la fotografia diagnostica (che serve per studiare i documenti dal punto di vista scientifico), quella a luce diffusa (per evitare le ombre), a luce radente (per illuminare fortemente anche i lati evidenziando eventuali danni su cui intervenire con il restauro), a luce ultravioletta (al buio, per mettere in rilievo gli elementi di restauro), agli infrarossi, fotogrammetrica...”.

I relatori del convegno
I Monti Pelati, come dice il nome, sono quelle alture aride e spoglie che si scorgono percorrendo la strada che da Castellamonte porta a Baldissero e poi in Val Chiusella: inconfondibili nel panorama canavesano caratterizzato da una diffusa presenza del verde. Verdi sono anche le zone che si estendono ai loro piedi in direzione ovest e che vengono chiamate Tre Terre di Vespia per l’unico motivo che sono amministrativamente suddivise tra i comuni di Castellamonte, Baldissero e Vidracco.
Monti Pelati e Vespie sono ambienti così diversi tra loro che si fa fatica a capire come possano sorgere uno accanto all’altro, senza aree di transizione. Eppure dal punto di vista geologico sono uguali! I motivi li hanno spiegati l’architetto Arturo Bracco ed il geologo Paolo Quagliolo: l’orogenesi è la stessa; a fare la differenza furono le vicende atmosferiche ed idrogeologiche. “Nelle ultime fasi del Quaternario – ha precisato Quagliolo – i depositi fluviali confluirono verso est ma si fermarono ai piedi dei Monti Pelati, che fecero da barriera. I terreni ricoperti dai sedimenti divennero fertili; gli altri rimasero aridi ed improduttivi com’è tipico delle rocce ricche di peridotite”.
Bracco ha spiegato: “I Monti Pelati hanno un pregio, che è stata anche la loro dannazione: sono ricchi di minerali, tra cui la magnesite, gli opali, l’argilla, il caolino. La discarica sorse proprio sul sito di una famosa cava di argilla e caolino. Quest’ultimo veniva utilizzato dalla <Cogne>, la peridotite dalla <Nuova Cives> che nel 1966 presentò un progetto per la coltivazione della miniera: si prevedeva di asportare dai Monti Pelati uno spessore di 14 metri. Sarebbero diventati una pianura! Per fortuna non si arrivò a tanto”.
Tutto questo avveniva nonostante “la presenza estesa di vincoli geologici e paesaggistici. Il vincolo idrogeologico, istituito in base al Regio Decreto del 1923, non è una sciocchezza: nelle aree boschive impone tagli selettivi, in quelle coltivate impedisce addirittura le arature profonde”.
La Riserva Naturale dei Monti Pelati vene istituita nel 1993, grazie al sostegno dell’allora consigliere regionale dei Verdi Nemesio Ala e a quello che Bracco ha definito “un esercizio di Cittadinanza Attiva. Venne anche costituita una sezione del WWF che s’impegnò concretamente in quella direzione. Allargare la Riserva Naturale alle Vespie significa semplicemente riconoscere l’unicità geologica di queste due zone all’apparenza tanto differenti”.
Gli aspetti naturalistici delle Vespie sono stati esposti dalla dottoressa Benetti. La loro estensione è di 90 ettari contro i 145 complessivi della Riserva attuale, compresa in gran parte nel territorio di Castellamonte. “Si tratta – ha detto - di un’area prevalentemente naturale: 73% di bosco, 13% di coltivi, 5% di pascolo ed appena il 2% di urbanizzazione. C’è però il 5% occupato dalla discarica… I boschi variano per composizione e valore. Si trovano vecchi rimboschimenti con conifere sui Monti Pelati - che hanno dato risultati deludenti - ed un’ampia presenza della robinia, specie esotica invasiva che tuttavia, lasciata a sé stessa, tende a ridimensionarsi a favore di quelle autoctone: si stanno espandendo i querceti. Nelle Vespie vi sono poi zone umide, che oggi rivestono elevato valore naturalistico visto che le bonifiche le hanno rese rare”.
Ha citato il progetto di inserire questa zone nella rete <Natura 2000> dell’Unione Europea, che non genera vincoli ma tutela determinati habitat e specie: l’iter però è molto più complesso. Ha anche spiegato come i vincoli che l’area protetta creerebbe sarebbero di ben scarso impatto vista l’urbanizzazione minima e di tipo rurale mentre significherebbe avere maggiori garanzie sulla corretta gestione del post-mortem della discarica. E poi “c’è bisogno di qualità ambientale per una più elevata qualità di vita. La biodiversità è una cosa molto concreta ed il Covid ci ha insegnato quanto sia importante. Il momento è favorevole perché esiste l’obbligo di ampliare le aree protette.”
Inserendo il sito della discarica di Vespia nella zona protetta, cadrebbe automaticamente l a possibilità di continuare ad effettuare interventi lesivi della sua integrità come la cava che si vorrebbe aprire lì a fianco e che trova netta opposizione da parte del Comune e della Regione.
Oltre all’unicità dell’ambiente c’è un altro elemento che, qualora confermato, inciderebbe in maniera decisiva sulla gestione di quell’area: la probabile presenza di Usi Civici. Cosa siano lo ha spiegato Bracco: “In epoca feudale il signore di un luogo metteva a disposizione di tutti i cittadini delle estensioni di terreno che venivano utilizzate prevalentemente come bosco, pascolo, stramatico ovvero raccolta di fogliame per le stalle. I terreni di questo tipo non possono essere venduti né comprati. Perché parliamo di Usi Civici? Perché nel Comune di Vidracco ne esiste una notevole quantità e la cosa mi ha sorpreso. Inevitabilmente mi sono chiesto come fosse possibile trovarne tanti in quel territorio e nessuno in quello confinante di Castellamonte. Ho fatto delle ricerche e grazie a Luciana Frasca Pozzo, studiosa della storia di Campo, ho ottenuto dei documenti fra cui un verbale del 1927 che registra uno scambio di terreni di questo tipo. Il Piano Regolatore dice qualcosa sulla materia? Temo di no ma consegno comunque il documento al sindaco perché lo faccia avere all’Ufficio Tecnico”.
L’importanza degli Usi Civici è stata confermata dall’avvocato Giampiero Bozzello Verole: “I beni demaniali sono incommerciabili. L’Uso Civico ha rilevanza urbanistica e significa vincolo. A Torino esiste un’apposita Commissione e al luglio la Regione ha mandato una lettera a tutti i Comuni chiedendo di certificarne la presenza”.
Bozzello ha anche introdotto nel dibattito un concetto: il <diritto all’oblio> per una zona “che merita di essere lasciata in pace dopo le ferite degli ultimi decenni. Pensiamo al Superphénix, che ha violentato il territorio da Fenis a Rondissone e che da tempo è inutilizzato; pensiamo soprattutto alla cava di Vespia, aperta nel 1992 e che per altri trent’anni dovrà essere tenuta sotto osservazione per il <post-mortem>”.
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