AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
28 Novembre 2025 - 07:37
Tre Passi, gelo e meraviglia: il CAI porta il Canavese fino al Campo Base dell’Everest
Una sala gremita e un viaggio che sembra ancora vibrare nell’aria. All’Unitre di Cuorgnè, mercoledì 26 novembre, nella suggestiva Sala Conferenze Trinità di via Milite Ignoto, nove soci CAI delle sezioni di Cirié, Cuorgnè e Rivarolo hanno raccontato un’avventura che va oltre la cronaca di un trekking: il loro ambizioso cammino attraverso i Tre Passi nepalesi fino al Campo Base dell’Everest, realizzato nell’ottobre 2024 grazie alla collaborazione con Cho-Oyu Trekking Nepal e al coordinamento di Edoardo Martelli, responsabile dei contatti organizzativi.

La spedizione era partita il 19 ottobre con il volo Bergamo–Dubai, per poi proseguire fino a Katmandu, prima tappa culturale e d’impatto per il gruppo. Il 21 ottobre gli escursionisti avevano raggiunto Lukla in elicottero: una scelta obbligata, imposta dai danni alle vie di comunicazione lasciati dall’alluvione estiva. Da qui cominciava il trekking vero e proprio, attraverso villaggi sospesi nel tempo e ponti tibetani che conducono, passo dopo passo, verso l’alta quota. Dopo due giorni di cammino il gruppo era arrivato a Namche Bazar, la cittadina a 3.440 metri incastonata in un anfiteatro naturale e crocevia delle tre principali vallate della regione.
Il soggiorno a Namche era stato scandito da escursioni panoramiche sulle grandi cime dell’Himalaya – l’Everest e l’Ama Dablam – e da visite culturali a Khumjung (3.780 m), al tempio locale e alla Hillary School. Poi la salita lungo la valle laterale sinistra, con le tappe a Thame (3.800 m) e Lungdhen (4.380 m), fino alla conquista del Renjo La Pass (5.360 m). Da quel valico, il mondo si apriva letteralmente sotto i piedi: Cho Oyu, Everest, Lhotse. Un trittico di vette che sembrano toccare il cielo. La discesa conduceva quindi a Gokyo (4.790 m), adagiata su una morena che domina i laghi glaciali turchesi.
Attraversato il ghiacciaio Ngozumpa – immenso, vivo, proveniente dalla parete sud del Cho Oyu – gli escursionisti avevano raggiunto Dragnak (4.700 m) e poi il secondo valico: il Cho La (5.368 m), un passo spettacolare che regala una vista privilegiata sul Lobuche East, sul Cholatze e sull’Ama Dablam. La discesa portava a Dzonglha (4.830 m) e successivamente a Lobuche (4.910 m), fino alla Piramide EV-K2-CNR (5.050 m), il centro di ricerca fondato nel 1990 da Ardito Desio. Qui il gruppo aveva compiuto un momento istituzionale particolarmente sentito: visita ufficiale, consegna del gagliardetto CAI Cuorgnè e foto ricordo.
Il giorno seguente il trekking raggiungeva Gorakshep (5.140 m) e poi, finalmente, il Campo Base dell’Everest. Un traguardo simbolico, emozionante, quasi sospeso tra la fatica e la gioia collettiva. Nel pomeriggio Edoardo saliva fino al Kala Patthar (5.550 m) per immortalare il tramonto sull’Everest; il resto del gruppo lo seguiva la mattina successiva, godendo di quella che è considerata la migliore visuale sul versante sud-ovest del gigante himalayano.
Il rientro seguiva il sentiero verso la Piramide e Lobuche, per poi deviare verso Dingboche (4.410 m) e raggiungere Chukhung (4.730 m). Qui il gruppo si divideva per un duplice obiettivo: tre membri – Piero, Edoardo e Massimo – affrontavano con successo la salita all’Island Peak (6.189 m), mentre gli altri raggiungevano la vetta panoramica del Chukhung Ri (5.550 m), balcone privilegiato sul Makalu.
Durante la discesa il gruppo si ricompattava a Dingboche, proseguendo poi verso Pangboche (3.930 m), dove, dopo quindici giorni di tempo perfetto, il risveglio sotto una leggera nevicata aggiungeva un tocco quasi cinematografico al viaggio. La marcia continuava verso Tengboche (3.860 m), sede del celebre monastero, e infine verso Namche Bazar, chiudendo l’anello dei Tre Passi. Gli ultimi due giorni erano dedicati al ritorno verso Lukla. Qui, tra voli rimandati e attese pazienti, il gruppo dava prova di spirito di adattamento, riuscendo infine a rientrare a Katmandu per il pranzo conclusivo e il ritorno in Italia.
Una logistica impeccabile, condizioni meteo ideali e un forte spirito di squadra hanno trasformato questa esperienza in un ricordo destinato a rimanere incancellabile.
E mentre i soci CAI raccontavano, tra le valli himalayane sembravano tornare a vivere miti e leggende. Si narra che un tempo un saggio di nome Ne proteggesse quelle terre, e da lui deriverebbe il nome Nepal, “la terra protetta da Ne”. Altri sostengono che provenga dal sanscrito Nipalaya, “ai piedi delle montagne”, o ancora dalle tende nere dei pastori Newar, le ne-pal. Secoli dopo, gli esploratori arrivarono con strumenti e mappe: la montagna più alta del mondo, allora nota come Peak XV, venne ribattezzata nel 1865 in onore di Sir George Everest, nonostante lui stesso preferisse i nomi locali Chomolungma e Sagarmāthā. Così, tra mitologia e scelte cartografiche, presero forma i nomi che oggi il vento dell’Himalaya continua a sussurrare.
Le montagne, alla fine, restano maestre silenziose. Insegnano senza parlare, mentre si innalzano verso il cielo. Ogni passo nei Tre Passi è un passo dentro se stessi, una breve rivelazione nell’aria rarefatta dell’alta quota. Hermann Hesse ricordava che “la saggezza non può essere trasmessa”: si può solo viverla. Ed è forse questo il dono più autentico dell’Himalaya: non la conquista di una vetta, ma la consapevolezza che il vero viaggio continua, invisibile, nel cuore di chi torna.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.