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26 Novembre 2025 - 11:50
Fiato alle trombe e rullo di tamburi: lo scorso 24 novembre la Giunta comunale si è seduta intorno al solito tavolo per affrontare il futuro della piscina comunale di via Campo Sportivo, uno degli impianti più discussi degli ultimi anni. Sul tavolo c’era il verbale della Conferenza di Servizi preliminare riguardante la proposta di partenariato pubblico-privato per la riqualificazione e la gestione ventennale della struttura.
Una proposta avanzata da una A.T.I. ancora da costituire, formata da In Target Srl come soggetto realizzatore, In Sport Srl SSD come gestore e manutentore per vent’anni e il Mediocredito Trentino Alto Adige come soggetto finanziatore. La Giunta ha dichiarato l’intervento di “interesse pubblico”, aprendo formalmente la strada all'avvio del procedimento. Ma quel via libera, a ben leggere gli atti, è tutt’altro che uno slancio incondizionato: dietro la decisione politica si cela un insieme di richieste vincolanti, criticità significative e una struttura economico-finanziaria che dovrà cambiare in modo sostanziale affinché l’operazione possa davvero andare avanti.
La proposta punta a una riqualificazione completa dell’impianto natatorio, con un investimento pari a 3.344.115,19 euro al netto dell’IVA. Il progetto prevede il rifacimento della vasca da 25 metri, la conferma del vaschino, nuovi sfiori e vasche di compenso, lo spostamento e la riorganizzazione degli spogliatoi, il riordino dei locali tecnici e della biglietteria, una sistemazione totale degli spazi interni e una nuova area esterna con spray park, solarium e verde riorganizzato. Le tavole progettuali mostrano un impianto profondamente rivisto, nuovi percorsi e un ampliamento delle zone dedicate ai servizi.

Se sul piano progettuale l’intervento appare realistico e in linea con altre riqualificazioni di impianti analoghi, è il meccanismo finanziario a sollevare le maggiori perplessità. Il progetto si basa infatti su una locazione finanziaria di opera pubblica, un "leasing immobiliare in costruendo" disciplinato dal Codice degli Appalti. Secondo la proposta, il Comune verserebbe 1.250.000 euro alla consegna dell’impianto collaudato e poi un canone semestrale di 88.969,31 euro oltre IVA per vent’anni, per un totale che supererebbe complessivamente i tre milioni e mezzo. A fronte di questo impegno, il gestore verserebbe al Comune un canone di concessione piuttosto contenuto: 10.000 euro il primo anno, 15.000 il secondo e 20.000 euro dal terzo anno in avanti, importo che sarebbe indicizzato ma comunque distante dall’onere che graverebbe sulle casse pubbliche. Il proponente sostiene che le prime tre annualità vadano considerate di “start up” perché la piscina rimarrebbe fino al completamento dei lavori.
La Conferenza di Servizi Preliminare, chiusa ufficialmente con il verbale firmato dal RUP Gilberto Guerriero, ha riconosciuto il valore della proposta ma ha anche elencato, una per una, tutte le criticità da sanare. La più evidente riguarda lo squilibrio finanziario dell’operazione: l’investimento a rischio del privato, secondo gli atti, ammonta a poco meno di 58.000 euro, sostanzialmente limitato agli arredi e alle forniture, mentre il resto dell’investimento verrebbe finanziato tramite leasing e dunque pagato quasi interamente dal Comune. Per il Codice dei Contratti Pubblici, che disciplina i partenariati pubblico-privati, un PPP deve prevedere un effettivo trasferimento del rischio al partner privato. In questo caso il rischio trasferito viene giudicato insufficiente dai tecnici comunali e dal Segretario generale Gerardo Birolo, che parla esplicitamente di mancanza dei presupposti tipici del partenariato.
Accanto agli aspetti economici, emergono criticità anche sul piano tecnico. La profondità della vasca principale, fissata nel progetto a 1,60 metri, viene ritenuta non adeguata per garantire le attività che storicamente hanno trovato spazio nella piscina eporediese, come la subacquea e alcune discipline del nuoto sincronizzato. La richiesta degli uffici è di portare almeno un terzo della vasca a una profondità compresa tra 1,80 e 2,00 metri. Viene inoltre richiesto di realizzare l’intervento in due fasi: prima la parte interna, così da anticipare la riapertura dell’impianto ai cittadini, e poi la parte esterna, in modo da non tenere chiusa la piscina per tempi troppo prolungati. Il dirigente dell'Ufficio tecnico Fabio Flore chiede inoltre garanzie stringenti sul completamento della documentazione strutturale, impiantistica e di prevenzione incendi, ricordando che l’apertura della piscina rinnovata dovrà avvenire solo dopo l’ottenimento del nuovo Certificato di Prevenzione Incendi.
Sul piano procedurale, mancano ancora documenti fondamentali: il PFTE completo e asseverato, l’analisi dettagliata dei ricavi attesi, i fogli di calcolo dei costi operativi, la Matrice dei Rischi richiesta dalla normativa, oltre alle integrazioni economiche che il Comune ritiene indispensabili per valutare la sostenibilità dell’operazione. Anche il consulente esterno incaricato dal Comune, il Centro Studi Enti Locali, ha confermato che allo stato attuale la proposta non contiene tutti gli elementi necessari per un giudizio definitivo.
La Giunta, pur dichiarando l’interesse pubblico dell’intervento, ha fatto proprie le conclusioni della Conferenza dei Servizi e le ha trasformate in condizioni vincolanti. Il proponente dovrà quindi aumentare la quota di investimento privato di rischio, aumentare il canone annuo riconosciuto al Comune portandolo almeno nell’ordine delle decine di migliaia di euro, incrementare le garanzie fideiussorie, approfondire la vasca principale, completare tutta la documentazione economico-finanziaria e tecnica e adeguarsi pienamente alle previsioni del Codice degli Appalti. Solo dopo aver ottemperato a tutti questi punti potrà essere convocata la Conferenza di Servizi decisoria, che dovrà valutare se la proposta è davvero compatibile con l’interesse pubblico e con i vincoli finanziari dell’ente. Solo in caso di esito positivo, il progetto potrà essere utilizzato come base di gara per individuare il futuro concessionario.
La partita, dunque, è ancora in pieno svolgimento. Per ora c’è un progetto preliminare, c’è un interesse pubblico riconosciuto e c’è una strada amministrativa tracciata. Mancano però gli elementi decisivi per dire se la piscina di Ivrea potrà veramente rinascere attraverso questo partenariato o se sarà necessario ripensare l’intero modello. Nei prossimi mesi sarà il proponente a dover dimostrare che la proposta può diventare un’opportunità per la città e non un impegno troppo pesante per le casse comunali. Solo allora Ivrea potrà sapere se la nuova piscina non sarà più soltanto un disegno su una tavola tecnica, ma un’opera destinata a diventare realtà.
E a chi - arrivato fino a qui - si chiede che cos'è il PFTE, spieghiamo che nel linguaggio degli appalti pubblici, è il Progetto di Fattibilità Tecnico-Economica. È il livello progettuale che sta alla base di qualunque opera pubblica e serve alla Pubblica Amministrazione per capire se l’intervento è davvero realizzabile, quanto costa, quali soluzioni tecniche sono possibili, quali rischi comporta e come si sostiene l’opera dal punto di vista economico.
In pratica è il documento cardine che permette all’ente di dire: “Sì, questo progetto può essere realizzato, funziona, sta in piedi economicamente e rispetta le norme”.
Per la cronaca - e non solo per quella - la piscina ha chiuso i battenti lo scorso 9 giugno.
In certi posti le tradizioni sono sacre: a Napoli si discute di calcio, a Torino di auto, a Ivrea di Olivetti, del Carnevale, di San Savino, dei campi da tennis e della piscina. L’unica piscina. L’unico catino d’acqua in cui un’intera città ha imparato a nuotare, affogare, risollevarsi e fare finta di allenarsi. Una sola piscina, una, che però riesce a generare più tensioni di un G7.
L’ultima volta che se n'è parlato, prima della puntata del PPP, agli onori della cronaca è finito Davide Casaleggio — sì, proprio quel Casaleggio lì, versione subacquea — che ha scritto al dirigente Gilberto Guerriero mettendo in copia mezzo Canavese, così, per non correre il rischio che qualcuno potesse dire di non sapere.
Non l’avesse mai fatto. Le chat WhatsApp delle associazioni sportive sono esplose come una pentola a pressione, mentre Guerriero rispondeva con il perfetto linguaggio dei funzionari pubblici: “procedure”, “fasi istruttorie”, “conferenze di servizi”, “tempistiche non prevedibili”. L’equivalente burocratico di un “torno quando torno”.
Tant’è. Eppure, mentre sportivi e famiglie continuavano a chiedersi dove sistemare bambini, allenatori, atleti e attrezzature, ecco arrivare la notizia salvifica: è stata presentata una proposta di partenariato pubblico-privato per rifare la piscina. Perfetto. Anzi no. Perché subito dopo arriva il “ma”. E dietro quel “ma” c’è un romanzo.
La Giunta dichiara l’interesse pubblico dell’iniziativa, che suona più o meno come quando ti dicono “sei una persona splendida” e capisci che stanno per lasciarti. E infatti compare la lista dei desideri: più soldi dal privato, più garanzie, più profondità della vasca (che nel progetto sembrava un pediluvio), più documenti, più calcoli, più Matrice dei Rischi. Tradotto: rifate tutto, grazie, ma senza prenderla sul personale.
Nel frattempo la piscina resta chiusa. Da quattro mesi. E Guerriero avverte Casaleggio e compagnia che non aprirà nemmeno in questa stagione e che, se il bando andrà male, se tutto fila liscio, forse potremo farci un tuffo nel 2026/27.
L’ottimismo della volontà, versione natatoria.
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