AGGIORNAMENTI
Cerca
Esteri
06 Novembre 2025 - 20:51
“Come se uscissero da una setta”: l’Ucraina e la difficile deprogrammazione dei bambini rimpatriati dalla Russia
Un ragazzo di dieci anni scrive “Top secret” in rosso sulla prima pagina del quaderno che gli hanno dato gli psicologi. Altri tengono lo sguardo fisso sulle mani, rispondono solo “sì, signore”, piegano il letto come in caserma, scattano sull’attenti quando qualcuno alza la voce. Sono bambini. Ma tornano in Ucraina con un corpo da infanzia e riflessi da caserma.
A Kiev, Leopoli, Poltava, i professionisti che li accolgono raccontano la stessa scena: silenzio, diffidenza, docilità estrema, piccoli gesti militarizzati. È l’impronta che la macchina della “russificazione” lascia addosso a molti dei minori rientrati dopo trasferimenti forzati in Russia o nei territori occupati.
Secondo un’inchiesta di Le Monde, ad oggi sono almeno 1.762 i bambini rimpatriati. Un numero che cresce goccia a goccia, tra scambi umanitari e mediazioni terze. Mosca, nel frattempo, si è vantata di aver “accolto” oltre 700 mila minori ucraini dall’inizio dell’invasione: una cifra che Kyiv contesta come fuorviante e non verificabile.
Le autorità ucraine hanno identificato almeno 19.546 casi di deportazione o trasferimento forzato di minori verso la Federazione Russa o all’interno dei territori occupati dal febbraio 2022. La piattaforma Children of War aggiorna i numeri di continuo: oltre 1.700 i rientri effettivi entro fine ottobre 2025. Le Monde indica 1.762 alla data del 6 novembre. Lo scarto tra banche dati e media deriva dalla natura fluida dei rimpatri e dalle procedure di verifica. Ma un fatto resta: la maggioranza dei bambini identificati non è ancora tornata.
Il 17 marzo 2023 la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto contro Vladimir Putin e contro la commissaria russa per l’infanzia Maria Lvova-Belova, per il crimine di guerra di deportazione e trasferimento illegale di bambini. Il diritto internazionale è chiaro: la forzata trasferenza di minori è una grave violazione, e la “cancellazione dell’identità” — cambio di nome, cittadinanza o adozione — un’aggravante.

Un’indagine del laboratorio della Yale School of Public Health (Humanitarian Research Lab) ha mappato almeno 210 strutture tra Russia e territori occupati: campi, collegi, centri di “educazione patriottica”. In alcuni casi si tengono addestramenti all’uso delle armi per bambini di otto anni. Alcune di queste strutture sono in espansione: segno di una strategia che non è episodica.
Il rapporto Return Every Child, pubblicato nel settembre 2025 da War Child UK, Save Ukraine e Human Security Centre, raccoglie testimonianze di 200 minori rientrati. Il 55% riferisce indottrinamento pro-russo, il 41% forme di militarizzazione scolastica, il 40% trasferimenti illegali anche verso Crimea e Bielorussia, il 30% permanenza in “campi”. Più gravi le violazioni: tortura o trattamenti crudeli nel 10% dei casi, violenza sessuale nel 6%, separazioni familiari nel 18%.
Sul piano diplomatico, Kyiv ha tracciato la linea rossa: nessun negoziato senza la restituzione dei bambini. Dopo il rallentamento del coinvolgimento della Santa Sede, nel 2025 la mediazione del Qatar è diventata il canale principale. Doha parla di cento ricongiungimenti complessivi tra il 2023 e il luglio 2025, con contatti costanti tra Dmytro Lubinets, ombudsman ucraino, e Maria Lvova-Belova.
Ogni rimpatrio è un percorso a ostacoli: viaggi via Bielorussia, Turchia o Golfo, documenti riscritti, prove di parentela da rifare. Molti bambini sono stati rinominati, spostati più volte, “ricodificati” nei registri russi.
La Russia sostiene di aver “accolto” oltre 700 mila minori, includendo anche quelli entrati “con genitori o tutori”. Nei documenti ufficiali parla di “evacuazioni umanitarie” e di “cittadinanza accelerata”. Ma il diritto internazionale non lascia scampo: trasferire bambini oltre confine e mutarne identità in un contesto d’occupazione è un crimine di guerra. Se parte di un disegno sistematico, è un crimine contro l’umanità.
La Commissione d’inchiesta dell’ONU lo ha ribadito nel 2023 e nel 2025: deportazioni e trasferimenti forzati di civili, inclusi i minori, sono crimini di guerra. L’Unione Europea e vari parlamenti nazionali hanno fatto proprie queste conclusioni, chiedendo sanzioni mirate e il ritorno di ogni bambino.
Anche quando Mosca accetta un ricongiungimento, la verifica dell’identità è un labirinto. I nomi cambiano, le date di nascita pure. Gli elenchi si scontrano con archivi mancanti, adozioni già avviate, resistenze locali.
Gli esperti che lavorano con questi bambini lo ripetono: non basta riportarli a casa, bisogna restituire loro un futuro. La militarizzazione dell’infanzia incrina le basi civili di un Paese. L’indottrinamento non si cancella con un passaporto nuovo. Serviranno anni per cicatrizzare le ferite invisibili e politiche pubbliche costanti per non perdere un’intera generazione al risentimento.
Ogni quaderno con scritto “Top secret” che si apre, ogni bambino che torna a dire “io” in ucraino, è un pezzo di ricostruzione nazionale che ricomincia.
In Ucraina non esiste una parola univoca per definire il lavoro degli psicologi con questi minori. Gli operatori parlano di “de-indoctrination”, altri preferiscono “ri‑ancoraggio”. In concreto, il percorso si gioca su tre piani:
Molti bambini chiedono “posso fidarmi?”. È il centro di tutto: riparare la fiducia. Gli psicologi lavorano sulla narrazione: non negare ciò che hanno vissuto, ma allargare il quadro con fatti, mappe, storie di coetanei. La scuola è decisiva: insegnanti formati, programmi flessibili, supporti per alfabetizzazione rapida in ucraino.
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.