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23 Settembre 2025 - 22:25
Guido Busca e la moglie
Ci sono storie che il tempo prova a seppellire sotto polvere e silenzio. Ma ogni tanto qualcuno decide di chinarsi, di scavare, di riportarle alla luce. A Nomaglio, minuscolo comune della Serra morenica, questo miracolo della memoria sta accadendo oggi. E non per mano di storici affermati o accademici in giacca e cravatta, ma grazie all’impegno appassionato di ragazzi e ragazze, studenti tedeschi e francesi, che hanno sentito il dovere di restituire un nome e un volto a chi, altrimenti, sarebbe rimasto soltanto un numero inciso nei registri di un campo di concentramento.
Il nome è quello di Guido Busca, nato proprio qui, a Nomaglio, nel 1904. La sua vita si spezza nel 1944, nell’orrore del campo di Neckargerach, sottocampo del lager di Natzweiler-Struthof. Accanto al suo destino, quello di Marius Baud, giovane resistente savoiardo. Due uomini, due storie dimenticate, due testimoni di un tempo in cui scegliere da che parte stare significava mettere in conto di perdere tutto.
Il progetto che ha ridato voce a Guido e Marius si chiama “Tracce dimenticate”. È un percorso di ricerca che ha unito studenti della scuola secondaria di Eberbach, in Germania, con i loro coetanei del Lycée de la Versoie di Thonon-les-Bains e del Lycée Anna de Noailles di Évian-les-Bains, in Francia. Non si sono limitati a leggere libri di storia: hanno raccolto testimonianze, sfogliato archivi, cercato fili sottili che collegassero passato e presente. E piano piano, frammento dopo frammento, hanno ricostruito la vita di questi resistenti, riportandola in superficie con la freschezza e la forza di chi sa guardare alla storia senza rassegnazione.
“Vale la pena di rendere nuovamente visibili tracce dimenticate, non solo per amore del passato, ma anche come missione per il presente e il futuro”, spiega il professor Martin Kohler, anima del progetto. Le sue parole non sono retorica accademica: sono la dichiarazione di un impegno, la scelta di credere che ricordare non sia soltanto un esercizio di pietà, ma un atto politico, educativo, civile.
E così, da Eberbach, il filo della memoria è arrivato fino a Nomaglio. È stato lo stesso Kohler a scrivere alla sindaca Ellade Peller, lo scorso maggio, chiedendo aiuto nelle ricerche. Lei ha risposto senza esitazioni: “Molto volentieri aderisco alla richiesta per sostenere un progetto scolastico sulla pace, di cui, in questo momento storico, sentiamo un forte bisogno”. Una frase semplice, che dice però quanto il ricordo di una comunità possa trasformarsi in impegno quotidiano.
La storia di Guido Busca non è mai stata completamente dimenticata, ma era rimasta sospesa, quasi smarrita. Lo sa bene il nipote, Ferdinando Busca, che dello zio conosceva solo la fine atroce: la morte in un campo di concentramento. Ora, grazie al lavoro di questi studenti, Ferdinando potrà finalmente intrecciare la memoria familiare con quella collettiva, scoprendo dettagli che mai avrebbe immaginato di conoscere.
Il momento simbolico di questo lungo cammino arriverà giovedì 25 settembre, alle 17.30, nella sala Santa Marta di Nomaglio, quando i professori e le studentesse tedesche presenteranno il progetto. Sarà un incontro pubblico, ma non sarà una semplice conferenza: sarà un rito civile, un momento in cui una comunità si stringe intorno alla propria storia per consegnarla al futuro.
Immaginate la scena: un piccolo paese, le strade che si riempiono di persone, la voce dei giovani che racconta il coraggio e il sacrificio di chi ha lottato contro il nazifascismo. Non sarà soltanto un omaggio, sarà un ponte tra generazioni e tra popoli. Perché se è vero che la memoria si nutre di ricordi, è altrettanto vero che senza condivisione resta muta.
Nomaglio, quel giorno, non sarà soltanto un punto sulla cartina. Sarà un luogo simbolico, dove la storia incontra la vita quotidiana, dove il passato diventa monito per il presente. E sarà, soprattutto, un’occasione per ribadire che la pace non è un concetto astratto: è una costruzione fragile, che ha bisogno di mani, di parole, di gesti concreti.
In fondo, lo insegnano proprio Guido e Marius: la loro vita, cancellata con violenza, oggi rinasce grazie alla voce di ragazzi che non li hanno mai conosciuti. È il segno che la memoria, se la si coltiva, non muore mai. È un’eredità che Nomaglio accoglie e che tutti noi siamo chiamati a custodire. Perché ricordare non è soltanto guardare indietro, è scegliere che futuro vogliamo costruire.
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