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20 Agosto 2025 - 16:51
Torino
Torino è una città che negli anni ha saputo reinventarsi più volte. Capitale dell’industria, culla del cinema italiano, laboratorio culturale, polo dell’innovazione. Eppure, dietro alle grandi trasformazioni, c’è un filo che non si spezza: la cura per l’abitare, per il dettaglio, per gli spazi domestici. In una città che ha sempre oscillato tra eleganza sabauda e modernità industriale, il design d’interni non è mai stato solo una questione estetica, ma un racconto di identità.
Già negli anni Cinquanta e Sessanta, il nome di Adriano Olivetti a Ivrea portava con sé non soltanto macchine da scrivere e calcolatrici, ma un’intera visione della società: fabbriche pensate come luoghi di comunità, uffici progettati da architetti di fama, oggetti che coniugavano funzionalità e bellezza. Quel pensiero ha lasciato un’impronta profonda che ancora oggi influenza il modo in cui Torino e il suo hinterland si avvicinano al design. Non è un caso se molte realtà locali, dai piccoli artigiani ai grandi showroom, continuano a mettere al centro non solo il mobile, ma l’esperienza dell’abitare.
Il capoluogo piemontese, infatti, non è soltanto un punto di passaggio per il Salone del Mobile di Milano, ma un territorio che ha saputo sviluppare una propria sensibilità. Qui, tra le residenze storiche, i quartieri operai riconvertiti e i palazzi moderni, si incontra un pubblico che chiede sempre più di unire tradizione e contemporaneità. Legno naturale e linee minimaliste, colori caldi e materiali innovativi, spazi che si adattano a nuove esigenze come lo smart working: sono queste le tendenze che oggi definiscono il mercato.


In questo contesto si colloca anche Mobilandia, mobilificio torinese che rappresenta bene questa ricerca di equilibrio. Non è soltanto uno showroom in cui scegliere tavoli o divani, ma un luogo in cui si dialoga con le persone, per costruire ambienti capaci di riflettere storie personali. Cucine modulari che si piegano agli spazi piccoli dei nuovi appartamenti cittadini, camere da letto pensate come rifugi intimi, zone giorno progettate per tornare a essere spazi di convivialità: soluzioni che rispecchiano il modo in cui il vivere urbano si sta trasformando.
Chi osserva con attenzione il panorama torinese sa che esiste un filo conduttore che lega passato e presente: la qualità. Non è solo una parola abusata nel marketing, ma un criterio concreto che continua a distinguere il made in Italy. Torino, città di rigore e sobrietà, ha fatto di questo approccio una bandiera. Dalla tradizione delle botteghe artigiane che popolavano i portici del centro storico alle realtà che oggi sperimentano nuove forme di design sostenibile, la città resta un laboratorio in cui l’arredo non è mai puro consumo, ma scelta consapevole.
Negli ultimi anni, inoltre, l’attenzione si è spostata sempre di più sulla sostenibilità. Non si parla soltanto di materiali ecologici, ma di progetti che possano durare nel tempo, riducendo sprechi e promuovendo un approccio più etico all’abitare. Una sensibilità che trova terreno fertile a Torino, città che vive di trasformazioni urbane continue: ex fabbriche riconvertite, nuovi spazi di co-housing, quartieri che cercano identità. Qui il design non si limita ad arredare, ma diventa strumento di rigenerazione.
Mobilandia, in questo scenario, è uno degli esempi che dimostrano come il mobilificio torinese possa ancora essere un punto di riferimento: radicato nella tradizione, ma attento alle nuove tendenze. Un luogo in cui il cliente non viene trattato come un numero, ma come parte di un progetto più grande: quello di costruire spazi che non siano solo belli, ma vivibili.
Guardando al futuro, Torino ha tutte le carte in regola per continuare a giocare un ruolo di primo piano nel settore del design d’interni. Non solo perché è vicina a Milano e al suo Salone, ma perché custodisce una cultura che intreccia estetica e funzionalità, industria e artigianato, memoria e innovazione. In questo equilibrio, i mobilifici e le realtà locali come Mobilandia contribuiscono a mantenere viva un’idea semplice ma potente: la casa non è un contenitore di oggetti, ma un luogo che parla di noi.
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