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01 Agosto 2025 - 15:39
foto archivio
C’è un Comune alle porte di Torino che ha fatto della sicurezza stradale la sua bandiera. O almeno così vorrebbero farci credere. È Borgaro Torinese, noto ormai più per i suoi occhi elettronici che per le sue piazze. Un posto dove i limiti di velocità non si abbassano per disincentivare i comportamenti pericolosi, ma restano alti, così chi sgarra di pochi chilometri orari… paga e tace.
Tra le "protagoniste" di questo modo di "essere" e di "fare" c'è la Strada Provinciale 711, nel tratto che collega Borgaro a Villaretto e poi a Torino. Un lungo rettilineo, privo di incroci pericolosi, senza attraversamenti pedonali, lontano dalle scuole, dove – a detta anche degli abitanti – non si sono mai registrati incidenti degni di nota. Eppure, proprio lì, a pochi metri dall’uscita dell’abitato, è spuntata una telecamera con limite fissato a 70 chilometri orari.

Non 50, non 30. Non un limite stringente pensato per dissuadere comportamenti pericolosi. No: 70. Abbastanza alto da sembrare una velocità "tranquilla", abbastanza basso da poter essere superato con facilità – magari per un attimo di disattenzione – e finire così direttamente in pasto al meccanismo automatico di sanzione.
Del resto il progetto che lo ha reso possibile si chiama “Borgaro Città Sicura”, ma a ben vedere sembra più adatto al titolo di una manovra di finanza creativa. Perché qui la sicurezza è un pretesto, la prevenzione una parola da campagna elettorale, e la realtà è che si è costruito un sistema di sanzioni a getto continuo.
E non è finita. Da anni, il Comune vanta anche un T-Red semaforico all’incrocio tra via Santa Cristina e via Donatello, in località Villaretto. Installato nel 2017, fotografa chiunque osi superare il rosso – o semplicemente fermarsi qualche centimetro oltre la linea bianca. Un impianto che in altri contesti avrebbe un senso. Ma anche lì: incidenti? Pochi o nulli. Urgenze? Nessuna. Priorità? Multe.
Sommando i due dispositivi, si ha l’impressione di essere davanti a una trappola urbana perfettamente studiata. Altro che strumenti di deterrenza. Qui le telecamere non sembrano servire a prevenire i pericoli. Piuttosto, servono a intercettare cittadini distratti e trasformarli in voci di entrata per il bilancio comunale.
E la beffa? Sta nel confronto con l’efficienza degli uffici pubblici. Mentre il sistema delle sanzioni è perfetto, automatico, rapido, immediato – tanto che la contravvenzione ti arriva prima di aver realizzato l’infrazione – tutto il resto a Borgaro si muove con la grazia di un bradipo assonnato.
Un cittadino ci ha raccontato di aver prenotato a marzo un appuntamento per la Carta d’identità elettronica. L’hanno ricevuto a luglio, dopo quattro mesi d’attesa. Una volta arrivato il suo turno, però, tutto è filato liscio. In tre minuti, aveva finito.
Firma. Foto. Pagamento. Ciao.
Tre minuti. Tre.
Più veloce della multa.
Allora ci si chiede: se per un appuntamento all’ufficio anagrafe ci vogliono mesi mentre il sistema "multe" lavora come un orologio svizzero h24, dove stanno le vere priorità?
Certo, diranno i più zelanti: la sicurezza non ha prezzo. Ed è vero. Ma allora perché non abbassare i limiti nelle zone realmente pericolose? Perché non installare dissuasori nei pressi delle scuole, degli attraversamenti pedonali, delle rotonde mal progettate?
Perché – banalmente – non usare le telecamere dove davvero servono?
La risposta è tanto semplice quanto impietosa: perché in quei luoghi la gente rallenta davvero, e allora non si fanno multe. Non si incassa. Non si “coprono i costi del progetto”.
Così si preferisce colpire nei tratti tranquilli. Dove tutti vanno sereni e magari superano i 70 di qualche chilometro, non perché vogliano correre, ma perché è naturale farlo su una strada larga, dritta e sicura.
E il cittadino? Sta al gioco. Paga. Impreca. Aspetta quattro mesi per una carta d’identità e due giorni per una multa.
Borgaro: dove il futuro non si misura in innovazione, ma in chilometri orari.
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