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Lo Stiletto di Clio
19 Giugno 2025 - 15:47
Il pregiato tartufo bianco
«Il 10 settembre tutti a Roma», è il grido di battaglia dell’Assotartufai, l’Associazione nazionale che riunisce i trifolai italiani. I cercatori del prezioso fungo che cresce sottoterra (non si tratta di un tubero, al contrario di ciò che si pensa) hanno dissotterrato la scure o, più precisamente, il vanghetto di guerra, lo strumento di lavoro che simboleggia un’intera categoria. A scatenare il conflitto è stato il disegno di legge del senatore Giorgio Maria Bergesio, nato a Brama cittadino di Cervere, già presidente del consiglio provinciale di Cuneo, per aggiornare la normativa che risale al lontano 1985.
I trifolai sostengono che il provvedimento all’esame della seconda Camera presenta non poche criticità: confonde le tartufaie naturali e quelle coltivate, consente ai proprietari terrieri di estrarre i tartufi senza rispettare il calendario e le norme della raccolta, apre il mercato alle specie estere, previa sterilizzazione a caldo, favorendo la diffusione dei prodotti cinesi e le frodi, consente ai comuni di escludere le persone non residenti dalla raccolta, ecc.
Il fatto è che il tartufo, soprattutto quello bianco di Alba (il pregiatissimo «tuber magnatum pico») rappresenta un’autentica eccellenza per il Piemonte. Si tratta del prodotto più caratteristico e singolare della regione: è una risorsa economica associata a profumi, colori, genti e costumi, secondo la definizione del torinese Mario Soldati (1906-1999), scrittore, sceneggiatore e regista. Dal 2021 la «cerca e cavatura» sono Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Tramandate oralmente da generazioni, le due pratiche richiedono un’ottima conoscenza dell’ambiente e dell’ecosistema, magnificando il rapporto fra il tartufaio e il cane, quasi una simbiosi in cui si fondono le competenze dell’uomo e l’abilità dell’animale.
Da secoli il prezioso tubero è legato a una certa immagine del Piemonte. Le cronache riferiscono che Luigi XV di Francia, nel 1723, chiese a Vittorio Amedeo II di Savoia che gli fossero inviati alcuni cani esperti nella ricerca dei tartufi. Analoga richiesta fu inoltrata dalla corte inglese nel 1751: sette cani e due cercatori, i fratelli Vachina, s’imbarcarono per l’oltremanica dove scoprirono, nei pressi di Windsor, i primi tartufi in terra britannica. Non tutti sanno che la Tipografia Regia di Torino, nel 1776, pubblicò addirittura un’opera in versi latini dal titolo «Tubera terrae». Ne era autore Giovanni Battista Vigo, nato a Corio Canavese nel 1719 e morto a Torino nel 1805. Professore di eloquenza latina e autore di carmi su argomenti diversi, è oggi annoverato fra i poeti didascalici minori del Settecento.
Scriveva Giovanni Battista Vigo: «Avendo rivolto il pensiero alla patria e considerato le molte ricchezze di cui è prodiga, voglio dire di quei suoi frutti che sono la delizia della tavola e che nutriti nel suo profondo seno quando sono maturi diffondono un così grato profumo: i celeberrimi tartufi». «Già mi chiamano – proseguiva Vigo – i pendii dei monti liguri ricoperti di vigne e di boschi, e il Tanaro e la Bormida con le valli che le loro onde erodono, e le belle colline care a Bacco e a Cerere che si alzano attorno ad Asti, madre di uomini illustri, e quelle del Monferrato. Già i cani latrano, con le narici vanno alla ricerca dei frutti nascosti e lieti li segnalano raspando con le unghie».
Le conoscenze di Giovanni Battista Vigo spaziano dal campo scientifico a quello storico. I tartufi, afferma, svolgevano la funzione di ambasciatori gastronomici delle terre piemontesi presso le corti europee. Numerose erano le richieste di tartufi che pervenivano ai Savoia dalle monarchie del vecchio continente. Siamo a conoscenza che già nel 1380 i principi di Acaia inviarono alcuni esemplari del rinomato tubero a Bona di Borbone, la moglie del conte Amedeo VI di Savoia, il famoso Conte verde.
La raccolta del tartufo, miniatura medievale
I tartufi si scoprono all'alba
Ma come è possibile scoprire i tartufi?
«Alzati per tempo – sosteneva Vigo – e percorri queste fortunate campagne. Al mattino i cani percepiscono più intensamente il profumo che esala la terra coperta di rugiada se ha il grembo ricco tartufi, ed eccitati ne danno il segnale col fare agitato e dimenando la coda, e si danno alla loro gradita fatica». Attenzione, però. «Se qualcuno sarà stato più mattiniero e avrà percorso prima di te i siti che tu conosci, non potrai rallegrarti di un’abbondante raccolta: vedrai le buche da cui è stato divelto ciò che speravi essere tuo, ti addolorerai invano per quello che ti sarà stato sottratto, e acceso d’ira maledirai il tuo ritardo».
«Il Vigo – è stato rilevato – si occupa anche della natura e dell’origine dei tartufi, e riferisce le credenze romane che i tartufi nascano con le piogge d’autunno dai tuoni e dalle scariche elettriche dei fulmini. Dietro queste osservazioni apparentemente fantastiche si può osservare un riscontro ecologico legato al fatto che le piogge di fine agosto ed inizio settembre favoriscono lo sviluppo soprattutto del tartufo bianco».
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