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28 Febbraio 2025 - 23:24
L'Università di Torino nel bunker dopo la rottura dei rapporti con un Ateneo israeliano
Ieri giovedì 27 febbraio alcuni quotidiani nazionali, e La Stampa con grande rilievo, hanno dato una notizia che riguarda, seppure di striscio, il conflitto in Medio Oriente. Il giorno prima, o quello ancora, il consiglio del Dipartimento Cultura Politica Società dell’Università di Torino ha deliberato di recedere dagli accordi con l’Università Ben Gurion di Gerusalemme.
Immaginiamo i brividi corsi nella schiena dei generali israeliani, alle prese con altri problemi. Tuttavia, la notizia è importante perché riflette il clima estremamente politicizzato, e fortemente ostile a Israele, di alcuni atenei italiani. Dove forse si insegna anche, ma sicuramente si fa politica di parte a spese dei contribuenti.
Il consiglio del Dipartimento in questione ha votato a favore di una mozione presentata – così riferiscono i quotidiani nazionali – da alcuni rappresentanti delle associazioni studentesche: hanno votato a favore della mozione, e cioè per la recessione degli accordi con l’università israeliana, 57 accademici, contrari 17, 6 astenuti. La motivazione è la solita banale litania di accuse da Facebook da infimo livello intellettuale: "Le università israeliane producono propaganda bellica, ospitano all’interno dei loro campus zone di addestramento dell’esercito israeliano…". Ma guarda che strane cose accadono in un paese in guerra! Che conta a malapena 10 milioni di abitanti, che fatica a tenere in piedi un esercito, ne riempie i ranghi con riservisti sottratti al loro lavoro da civili, e che purtroppo per loro non possono permettersi di deliberare tranquillamente sulle comode poltrone del Campus Luigi Einaudi di Torino.
Fra parentesi, è lo stesso dipartimento universitario – il nome è leggermente cambiato – che ebbe tra i suoi membri Norberto Bobbio, spesso menzionato come il maggior intellettuale italiano del secondo Novecento… Triste fine dei suoi allievi…
Abituati a risalire alla fonte delle notizie, da ieri mattina, giovedì 27 febbraio, ci siamo attaccati ai numeri di telefono del dipartimento, e alle varie email istituzionali, per chiedere copia della deliberazione e del verbale della riunione. Niente da fare. Non risponde nessuno. Né alle telefonate né alle email. Né esiste nel sito del dipartimento una sezione dedicata alla pubblicazione degli atti.
Abbiamo provato a risalire nella scala gerarchica: il sito dell’Ufficio Comunicazioni dell’ateneo non reca il numero di telefono… Il centralino dell’Università, quello centrale di tutte le facoltà, risponde "numero inattivo". Nel sito centrale però c’è una sezione simile a quella che nei Comuni si chiama "albo pretorio". Bingo, ci siamo detti. Invece no: il sito dell’albo ci chiede di inserire numero, data e argomento dell’atto che cerchiamo: dati che ovviamente non possiamo avere.
Tuttavia se inseriamo almeno l’anno, il 2025, compaiono in chiaro atti recenti. Quello del 27 febbraio, con cui il Dipartimento rescinde i rapporti con la Ben Gurion, non c’è ancora, ma lo leggeremo presto.
Quanto presto? Gli atti del Dipartimento vengono pubblicati mediamente con circa due settimane di ritardo dall’approvazione, e quindi immaginiamo che a metà marzo lo potremo leggere. Il piccolo Comune di Chivasso pubblica gli atti il giorno stesso dell’approvazione, o il giorno dopo o un paio di giorni dopo. Il Dipartimento invece quindici giorni dopo.
Il Comune di Chivasso è piccolo nel senso che ha 200 dipendenti, mentre la grande università di Torino ne ha 4.000 circa. È la trasparenza universitaria, bellezza. Dove saranno finiti? Tutti in Palestina a fare lezione a Gaza?
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