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14 Febbraio 2025 - 22:43
Ogni sabato, senza soluzione di continuità, da quasi tre anni a questa parte, davanti al Municipio di Ivrea si raduna un gruppo di cittadini che non ha mai smesso di chiedere la pace. Non sono bandiere di partito, non sono slogan di fazione: sono persone che credono ancora nella diplomazia come unica via d’uscita da una serie di conflitti che continuano a mietere vittime e a drenare risorse da sanità, istruzione e welfare.
Nei giorni scorsi, le associazioni che animano quel Presidio per la Pace avevano scritto una lettera aperta a sindaco e gruppi consigliari, indignate per la proroga dell’invio di armi all’Ucraina approvata dal Parlamento italiano.
Non si dicono solo contrarie alla scelta del Governo, ma profondamente deluse dall'allineamento del Partito Democratico a questa politica. Una doccia gelata, soprattutto dopo che oltre 4.300 cittadini e 101 associazioni hanno firmato una petizione nella speranza che almeno una parte delle istituzioni ascoltasse chi chiede di percorrere strade diverse dalla logica della guerra.
Alla lettera delle associazioni, questa mattina, ha risposto il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore. Una replica formale, istituzionale, calibrata al millimetro. Dice di condividere il ripudio della guerra, di credere nel dialogo e nella cooperazione, ma poi fa un passo indietro: "All'interno di una maggioranza di governo dell'ente locale possono convivere diverse legittime posizioni riguardo al diritto di difesa".
In altre parole, il primo cittadino riconosce le preoccupazioni, ma non si espone. Il messaggio è chiaro: il sindaco deve rappresentare tutti e non può schierarsi. Non si tratta di scegliere da che parte stare, sembra dire, ma di mantenere un equilibrio tra visioni diverse.
Parole di circostanza che non placano il dibattito, anzi, lo alimentano.
E infatti, a Ivrea, nel solco di questo dibattito, la politica ha trovato un nuovo campo di battaglia. E' successo durante la conferenza dei capigruppo, quando si è acceso lo scontro sulla possibilità di discutere in Consiglio Comunale un’interpellanza generale proposta dalle Opposizioni.
Il nodo o se si preferisce la scusa? Stabilire se la guerra rientri tra gli "interessi cittadini" indicati nel "regolamento comunale" per le "interrogazioni generali". Secondo la maggioranza, no. Secondo le opposizioni, assolutamente sì. Si poteva evitare la solita bagarre procedurale? Certo. Ma così non è stato.
Alla fine, il tira e molla ha prodotto l'ennesima impasse politica. Niente interpellanza generale, meglio un ordine del giorno. L’opposizione ha accettato la mediazione e preparerà il testo per una discussione successiva. Ma resta l’amaro in bocca per una vicenda che, anziché essere affrontata con la serietà che merita, si è trasformata nell’ennesimo pretesto per schermaglie politiche e cavilli regolamentari.
E l’interpellanza? E l’ordine del giorno? Parole vane. Non era questo lo scopo principale delle associazioni che aderiscono al Presidio.
Di sicuro quel che non vogliono è sapere cosa ne pensa il Pd o i Fratelli d’Italia perchè già lo sanno.
Di sicuro non pensavano che il loro appello diventasse strumento per litigare fuori e dentro il Consiglio Comunale.
Quello che il Presidio vuole conoscere è, semmai, il pensiero di Francesco Giglio, di Andrea Cantoni, di Luca Spitale, Massimiliano De Stefano, di tutti. Opinioni personali. Intime. Quelle che si trovano nel profondo del cuore. E quindi un aiuto a sensibilizzare i rispettivi partiti, a Roma, a Bruxelles, ovunque.
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