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Chiarle: “Infamia rossa sulla targa delle Foibe, l’amministrazione tace”

Vernice rossa e il nome di Tito: un atto ignobile che divide, tra silenzi istituzionali e indignazione popolare

Giorgio Chiarle

Giorgio Chiarle

Una colata di vernice rossa e una scritta: "Tito". Non un semplice atto di vandalismo, ma un affronto feroce alla memoria, uno schiaffo alla storia, un insulto a chi ha sofferto una delle pagine più tragiche del Novecento italiano. A Settimo Torinese, la targa di via Vittime delle Foibe è stata deturpata, oltraggiata con una violenza simbolica che pesa come un macigno. C'è chi minimizza, chi ride sotto i baffi, chi fa spallucce. E poi c'è chi, come Giorgio Chiarle, ex consigliere comunale, sente il dolore di una ferita che non smette di sanguinare.

Un gesto ignobile che va oltre l’atto vandalico: è il segno di una memoria contesa, piegata, distorta. Un passato che dovrebbe unire e invece divide, perché troppo spesso viene strumentalizzato, fra omissioni istituzionali e narrazioni ideologiche. E Settimo, per Chiarle, è l’esempio perfetto di questa distorsione.

 

"Questa è un'infamia rossa, enorme ed evidente", sbotta l'ex consigliere senza mezzi termini. Ma il problema è più profondo. "Qui, diversamente da altre città, il Giorno del Ricordo non viene riconosciuto. Ogni anno, chi chiede il patrocinio se lo vede negare. Lo abbiamo domandato come associazione, come partiti politici, ma nulla è cambiato".

Una scelta che pesa come un macigno, una decisione che – secondo Chiarle – ha un chiaro significato politico. Se altrove il patrocinio viene concesso senza esitazioni, a Settimo si preferisce ignorare, minimizzare, voltare lo sguardo altrove.

"La sindaca dice che non concede il patrocinio alle associazioni, ma poi lo dà all’Anpi. Insomma, è una balla. A Rivoli, Carmagnola, San Mauro sono le Amministrazioni comunali a organizzare la giornata, eliminando così ogni scontro ideologico. A Settimo, invece, no. E poi ci meravigliamo se qualcuno si sente in diritto di imbrattare una targa?".

L’ex consigliere non si limita alle parole. "Sono andato a rimettere a posto i fiori", racconta, con la voce segnata dalla frustrazione di chi si trova a dover difendere qualcosa che dovrebbe essere condiviso da tutti.

Un gesto piccolo, ma carico di significato.

"La colpa è dell’Amministrazione comunale, che si ostina a non riconoscere che questa non è una battaglia politica, ma una questione di dignità nazionale. Il Giorno del Ricordo non appartiene a una parte, ma a tutti gli italiani".

E così, ogni anno la storia si ripete. Ogni febbraio, nel Giorno del Ricordo, si levano voci a chiedere rispetto, memoria, riconoscimento. Ogni volta, le stesse resistenze, le stesse scuse, lo stesso imbarazzo istituzionale.

Ieri, anche la Lega è tornata in via Vittime delle Foibe. A pulire. A rimuovere la vernice, a cercare di cancellare un’offesa che, però, non si elimina con una spugna.

Rimane il segno di una memoria negata, rimane il silenzio di chi dovrebbe garantire rispetto per tutti i caduti, senza distinzioni. Perchè la vernice rossa sulla targa di via Vittime delle Foibe non è solo un atto vandalico: è il riflesso di una società che non ha ancora trovato il coraggio di fare i conti con la propria storia.

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