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Terzo Millennio

Terzo Millennio

BERETTA

Per quelli nati nel secolo scorso la fine del millennio sembrava una data simbolica, un giro di boa dopo il quale il mondo, finalmente, sarebbe diventato più giusto, equo, solidale. Il ‘900, il secolo breve, il secolo delle ideologie, ci aveva fatto conoscere l’orrore delle guerre, l’iniquità delle ingiustizie sociali, lo sgancio delle bombe atomiche sulla popolazione inerme, la piaga del razzismo, l’esponenziale crescita di nuovi poveri a scapito dello sconsiderato aumento della ricchezza di una sempre più ristretta e arrogante élite, la distruzione sistematica dell’ambiente naturale, il devastante assottigliamento dei servizi pubblici nei confronti di quelli privati. Il tutto correlato ad un aumento, peraltro previsto, della popolazione mondiale che è passata dai 3 miliardi di persone nel 1960 (decennio nel quale è nato chi scrive), ai 4,4 nel 1980 per toccare i 6 miliardi nel 2020 fino a raggiungere oggi la stratosferica cifra di 8 miliardi! Spesso i numeri, se letti con un minimo di attenzione, dicono molto di più di quanto astratte teorie e cieche ideologie professano spacciando come certezze quelle che sono sovrastrutture mentali create dall’uomo in senso materialistico come se l’unico parametro per misurare il benessere delle persone fosse il denaro. Entrati nel nuovo secolo e nel nuovo millennio quindi, illusi dall’auspicata capacità delle classi dirigenti di saper proporre un modello di società nuova in grado di andare oltre la dicotomia capitalismo/comunismo ci siamo seduti sugli allori accettando supinamente scelte scellerate che se un cambiamento hanno generato è stato esattamente il contrario di quanto sperato. Eppure tutti i disastri e gli orrori del Novecento erano lì da vedere, erano diventati storia, ma come in un assurdo esercizio di rimozione collettiva si è fatto finta che nulla fosse accaduto e si è continuato a procedere verso quel baratro che oggi appare sempre più vicino. In tutto questo la grande assente è stata ovviamente la Politica, quella con la P maiuscola, quell’attività necessaria ad ascoltare i bisogni dell’uomo per ricercare e trovare delle soluzioni imperniate sul bene comune, sulla collettività e non certo sugli interessi di pochi ricchi alcuni dei quali possiedono dei patrimoni personali superiori al PIL degli stati più poveri e sottosviluppati della Terra. Fin dagli ultimi decenni del Novecento era ben chiaro a molti che non si sarebbe potuto continuare, anche alla luce dell’incremento demografico globale sopra citato, a continuare a perseguire forme di politica predatorie nei confronti dell’ambiente in nome di una crescita infinita che è stato scientificamente dimostrato essere impossibile da sostenere. Purtroppo l’evoluzione della specie umana a un certo punto sembra aver imboccato un processo contrario, involutivo del quale non si riesce a vedere la fine. L’inaudita e suicida corsa al riarmo è uno dei momenti più bassi della società globale che ci fa fare un salto indietro di oltre cinquant’anni. E l’Italia che nella propria Costituzione all’art. 11 “Ripudia la guerra …” cosa fa? Tanto per dirne una il Ministero dell’Economia e delle Finanze è proprietario al 30% di Leonardo SpA, già Finmeccanica, che è uno dei massimi esportatori di armi in tutto il mondo e nemmeno tanto sottotraccia. Basta andare sulla sua pagina web (https://electronics.leonardo.com/it/defense-systems) per vedere quanti strumenti di morte si producono con i soldi dei contribuenti italiani: siluri, munizioni di ogni tipo, torrette e cannoni, mezzi corazzati che vengono allegramente distribuiti in giro per il mondo. Dopo aver già sottoscritto accordi per l’acquisto di 90 F35 (aerei da guerra) qualche mese fa, ad agosto, l’Italia ha chiuso un ulteriore accordo da 524 milioni di dollari con l’americana Lockeed Martin per l’acquisto di 18 caccia F35 Lightning di quinta generazione. L’industria delle armi a livello mondiale ha fatturato nel decennio 2010-2020 circa cinquemila miliardi di dollari mentre “263 milioni di persone in più potrebbero ritrovarsi in condizione di povertà estrema quest’anno, per l’effetto combinato della crisi Covid, di una ripresa non inclusiva e dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari, causato dal conflitto in Ucraina. Complessivamente ben 860 milioni di persone si ritroverebbero costrette a sopravvivere con meno di 1,90 dollari al giorno e 827 milioni soffrirebbero la fame” (fonte Oxfam Italia). Siamo in un momento storico cruciale per l’umanità e i segnali che arrivano da diverse parti del globo, Italia compresa, non sono certo incoraggianti, ma non bisogna smettere di lottare per un mondo più giusto da lasciare in mano alle nuove generazioni. Per fare questo non dobbiamo spaventarci dell’immensità della sfida, ma dobbiamo credere possibile un cambiamento anche a partire da ognuno di noi, dal livello locale.
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