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La lezione di Simone

La lezione di Simone

RACCOLTA GENERI DI PRIMA NECESSITA’ PER LA POPOLAZIONE UCRAINA ORGANIZZATA DALL’ASSOCIAZIONE ROMENI IN ITALIA E SALVAMAMME

In molti si sono organizzati e, facendo la spesa, hanno aggiunto qualcosa in più da portare agli alpini, al Sermig, alla Croce Rossa.  Stavolta non si sente il refrain «aiutiamoli a casa loro», sarà che, stavolta, ci riguarda. «Li accogliamo perché non sono neri?», ha commentato un’amica impegnata nel sociale. Già, perchè la solidarietà verso gli ucraini è, forse, solo lo specchio in cui vediamo riflesse le nostre paure. Così sono andata a rileggere il discorso d’insediamento di Simone Veil quando, il 18 luglio 1979, fu eletta presidente del Parlamento europeo, incarico che mantenne fino al 1982. Superstite dell’Olocausto, Veil ha rappresentato, agli occhi degli francesi prima e degli europei poi, il monito scaturito dal dolore e dagli orrori della guerra nata in seno all’Europa. Ella stessa era un monito contro ogni totalitarismo e un richiamo potente ad una Europa unita e pacifica. Qual era l’Europa di Simone Veil? «Sulla carta del mondo le frontiere del totalitarismo si sono dilatate a tal punto che le isole della libertà sono accerchiate da regimi in cui regna la forza. La nostra Europa è una di quelle isole e non possiamo che essere lieti del fatto che al gruppo dei paesi liberi che la compongono si siano aggiunti la Grecia, la Spagna e il Portogallo le cui vocazioni, come le nostre, affondano le radici nel tempo. La Comunità sarà lieta di accoglierli. La dimensione europea rafforzerà questa libertà il cui valore, troppo spesso, si apprezza solo quando lo si è perduto».  A seguito del rovesciamento del regime militare e del ripristino della democrazia nel 1974, il 1° gennaio 1981 la Grecia divenne il decimo Stato della Comunità europea. Nel 1974, in Portogallo, la «rivoluzione dei garofani» e, l’anno dopo, in Spagna, la morte del generale Franco aprirono la strada alla democrazia, permettendo l’avvio dei negoziati di adesione alla Cee. Fin dal 1977, appena usciti dai regimi totalitari, i due Paesi presentarono la loro candidatura, conclusasi nel 1986, portando l’Europa a dodici Stati.  Lo sguardo di Simone Veil dovrebbe tornarci in soccorso anche adesso: l’Europa, come un’isola in un mondo dove prevalgono i regimi nei quali regna la forza. È necessario perciò riflettere sugli errori dell’Europa che, in questi anni, ha consentito che l’immagine della Nato si soprapponesse alla propria. Dopo la fine dell’Urss abbiamo lasciato che si affermasse un sistema unipolare al posto multipolarismo, sottovalutando il fatto che i conflitti nei territori dell’ex Unione Sovietica riguardano un’area di rilevanza strategica, cerniera tra l’Ue e la Federazione russa. «Non è azzardato dire - si legge nell’Atlante delle guerre e dei conflitti, edizione 2020 – che l’Ucraina e la regione del Donbass sono diventati terreno di gioco geopolitico più vasto che va ben oltre i confini nazionali e vede in discussione gli interessi non solo ucraini e russi, ma anche europei e occidentali in senso più lato»
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