Ambientato nella Russia di inizio ‘800 il grande romanzo epico di Lev Tolstoj con oltre 500 personaggi, si articolava in 1.500 pagine suddivise in 4 libri e due epiloghi. Dal punto di vista storico il libro raccontava del fallimento dell’invasione di Mosca ad opera della Grande Armata francese di Napoleone Buonaparte nel 1812. In sei mesi l’esercito francese e dei suoi alleati subì una clamorosa disfatta con oltre 500.000 perdite tra morti e dispersi. Di analoga dimensione furono le perdite di vite umane russe (compresi i civili). Cento anni dopo, durante la prima guerra mondiale, vi fu un’altra campagna di Russia. Questa volta l’espansionismo russo incontrò la resistenza della Germania e dell’Austria. La rivoluzione del 1917 e il nuovo governo bolscevico portò la Russia fuori dal conflitto e salvò l’esercito dalla disfatta. La vittoria della triplice intesa tra Gran Bretagna – Francia e Russia, supportata dall’arrivo degli americani e, in ultimo, dagli italiani, consentì alla Russia di riprendersi parte dei territori conquistati dalla Germania. Infine la più terribile e cruenta battaglia della storia recente si disputò sul suolo russo durante la seconda guerra mondiale. L’occupazione dell’URSS da parte della Germania nazista durò circa 4 anni e produsse oltre 30 milioni di morti. Nella sola Stalingrado tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 morirono oltre 1 milione di persone. A distanza di meno di un secolo la storia sembra ripetersi. Ancora una volta su quelle terre ad est dell’Europa, ancora una volta ad opera di nazionalismi distruttivi ed autodistruttivi come quello di Putin, del governo Ucraino e di una parte considerevole dei paesi (anche facenti parti dell’Unione Europea) che compongono il cosiddetto “fronte orientale”. Adesso è il momento di reagire contro l’espansionismo di Putin, condannando senza alcuna ambiguità la logica della guerra e dell’occupazione militare dei territori quale strumento di risoluzione dei problemi di sicurezza, nel contempo occorre non dimenticare e quindi risolvere i legittimi timori di isolamento ed accerchiamento denunciati da tempo dalla Russia dopo lo scioglimento dell’alleanza militare del Patto di Varsavia. La risposta deve essere la più vasta e duratura partecipazione popolare in tutti gli stati europei a sostegno delle ragioni della PACE. Gesti concreti di solidarietà devono seguire alle migliaia di manifestazioni indette da comitati ed istituzioni di condanna della guerra. La nascita in tutti i comuni, grandi e piccoli, di comitati per la pace composti da associazioni e persone che vogliano far sentire la propria voce e il proprio impegno per una soluzione di pace a questo conflitto. A partire da una riforma della NATO (mai avvenuta), dalla demilitarizzazione delle aree d’Europa con maggior rischio di conflitto, dal rilancio di un nuovo internazionalismo che non si limiti ai confini della “nazione” Europea o peggio ancora dei singoli Stati che la compongono. Nel periodo dei social tutto questo non è facile. In questi giorni, in queste ore, televisioni e giornali stanno raccontando la guerra come se fosse un evento sportivo. Nelle consuete tribune televisive e talk show i virologi sono stati rapidamente sostituiti da generali. I campi di battaglia sono diventati set televisivi per racconti di imprese eroiche o di quotidiana follia. Il ritmo imposto dai social deve essere continuamente alimentato da news o fake news e da un crescente bisogno di “stare dalla parte giusta” del conflitto. E poi ? Purtroppo la realtà non ha il ritmo dei social, né dei film americani. La guerra e la terribile violenza che la caratterizza non è un video game dal quale è sempre possibile rinascere. Anche le sanzioni, quale nuova arma di dissuasione in mano alle economie ricche, producono miseria, vittime e impoverimento dei popoli (sia negli Stati che le subiscono che in quelli che le promuovono). La guerra è una lunga serie di tragedie che non possono essere raccontate dai social e quindi è indispensabile che siano date gambe robuste e obbiettivi alti alle forze e ai movimenti per la pace. Plaudiamo a chi in questi giorni ha saputo e voluto promuovere Comitati per la Pace unitari, alle migliaia di persone che si sono mobilitate e scese in piazza unite sotto le stesse bandiere arcobaleno nel tentativo di trovare un linguaggio e obbiettivi comuni. Condanniamo le iniziative come quelle del Sindaco di Milano, che in permanente ricerca di visibilità personale, promuove facili scomuniche e chiede l’allontanamento del direttore di orchestra russo Valery Gergiev in programma alla Scala, reo di non aver preso posizione contro Putin. Diciamo da subito basta a questi sciocchi e dannosi protagonismi e lavoriamo ovunque affinché si formino Comitati per la Pace nei quali possano convivere le ragioni di tutti. Arriverà prima o poi il momento della trattativa, del cessate il fuoco, della riapertura del dialogo. A quel tavolo dobbiamo arrivare il più presto possibile con le parole giuste, con un forte ed irresistibile mobilitazione di popoli che dica NO ai nazionalismi, NO alla guerra, NO a tutte le guerre.
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