Ospitiamo le riflessioni degli amici Sergio Dalmasso e Alessandro Casiccia. Grazie di cuore ad entrambi. Questa è la rete di collaborazioni che permette all’Anpi di essere un presidio democratico…Un contributo dello Storico del Movimento Operaio Sergio Dalmasso Sono iscritto all'ANPI da quando l'adesione è aperta a figli di ex partigiani.
Sergio Dalmasso
Nella crisi totale, se non assenza, della sinistra politica, sociale e culturale, l'ANPI resta una struttura unitaria, garanzia democratica, strumento di lavoro, di discussione. Questi anni saranno ricordati, sui futuri libri di storia, non solamente come quelli della progressiva distruzione/catastrofe ambientale, ma come quelli in cui grandi masse popolari, anziché avere un riferimento in una ipotesi di cambiamento sociale (la rivoluzione sovietica, la lotta antifascista, il riscatto del terzo mondo, la protesta giovanile ed operaia...) sono stati consegnati ad una destra reazionaria, parafascista, fondamentalista, sovranista, populista(in senso deteriore). Il 25 aprile e la valenza internazionalista del primo maggio debbono servirci a ripensare alcuni fondamentali: - il significato dei beni comuni - il primato del collettivo sul privato - uno sguardo non limitato al "particulare" nazionale, ma capace di abbracciare il mondo - il rilancio di un pensiero laico e critico. Anche l'attuale emergenza mette in luce: - i rischi causati dalla progressiva distruzione dell'ambiente - i danni prodotti dalle progressive logiche privatistiche - i rischi di una chiusura democratica,dell'aumento del controllo sociale (una sorta di "grande fratello" planetario con crescita di poteri personali e autocratici) - il tentativo di far ricadere la crisi ambientale e sociale sulla parte più povera del mondo e sulle classi subalterne (il parallelo con gli anni trenta non è forzato). Il settantacinquesimo anniversario non deve, quindi, essere affrontato retoricamente, ma con la consapevolezza della posta in gioco e della necessità di cercare insieme nuovi paradigmi
Sergio Dalmasso, Genova 9 aprile 2020
Le piazze deserte, le in-certezze, l’Europa
Un contributo del Sociologo Alessandro Casiccia Le grandi piazze oggi deserte per l’incubo del virus, quel giorno del 1945 si riempivano di grandi masse. E questo è solo il lato più visibile di una differenza che ha volti diversi. Lo sciopero generale a Milano, che era, insieme ad altre città, il cuore di tante vite e di tante lotte, preannunciava e promuoveva il concludersi del conflitto più tragico che la storia umana
Alessandro Casiccia
conoscesse. Le truppe alleate stavano per entrare in una città già liberata grazie all’insurrezione organizzata dal Comitato di Liberazione Nazionale. Cedeva l’occupazione tedesca, finivano le persecuzioni razziali e quelle politiche, cadevano le ultime roccaforti di catastrofiche tirannie. Era la certezza ciò che contrassegnava quella svolta storica, nel concludersi di una tragedia tanto immane. Oggi questo rapporto si è capovolto. Oggi, proprio nella vita stessa di quella grande città, tanto culturalmente ed economicamente produttiva, un male invisibile si è infiltrato. Un male subdolo, che penetra nella dimensione biologica degli esseri umani e sottrae vite, ma che insieme insinua instabilità. E che è sembrato quasi voler minacciare molte delle certezze che erano apparse irreversibili. Certezze come quelle della separazione dei poteri, o della democrazia rappresentativa. Certezze come quelle dei diritti sindacali, della sanità pubblica, della sicurezza nel lavoro e dello Stato sociale. Ma anche come quelle di un’Europa unita, fraterna e solidale, ancora memore delle tragedie e delle miserie del secolo scorso.
Alessandro Casiccia, Rueglio, Aprile 2020
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