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18 Dicembre 2018 - 14:36
Maria Soledad Rosas era una anarchica argentina, nata a Buenos Aires il 23 maggio 1974. Arrivò in Italia nel 1997 con un’amica, per vivere lontano dalla famiglia e dal padre, con il quale era in conflitto, cominciando a frequentare gli ambienti squatter torinesi. Divenne compagna di Edoardo Massari, detto Baleno, anarchico che si suicidò, impiccandosi, in una cella del carcere torinese de Le Vallette. Morì, anche lei suicida, l’11 luglio 1998, nella comunità Sottoiponti di Bene Vagienna dove era agli arresti domiciliari, dopo essere stata arrestata e accusata di partecipazione a banda armata, poi trasformata in associazione sovversiva, detenzione di armi, esplosivo, quindi furti e ricettazione. Soledad Rosas divenne celebre per il dito medio alzato, in segno di sfida alla polizia, manette ai polsi, mentre usciva dall’obitorio, per l’ultimo saluto all’uomo che le era stato al fianco dal suo arrivo in Italia. A lei e a Baleno il movimento No Tav ha dedicato il presidio di San Giuliano. La sua storia presenta ancora oggi punti ‘oscuri’ e discussi. Solo nel 2002 la Corte di cassazione ha stabilito che quella di cui facevano parte anche Soledad Rosas e Edoardo Massari non era un’associazione terroristica, bensì si trattava “di tre persone che al massimo si erano macchiate di reati comuni”. Sono venute così a cadere le ipotesi di reato più gravi, le finalità eversive e terroristiche. Non è un caso che il sottotitolo del film reciti “Un ideale, un amore, un’ingiustizia”. Soledad, un filo rosso che lega l’Argentina e la Torino dei No Tav
Due anarchici suicidi in carcere che l’Italia ha praticamente dimenticato viene ricordata ora da due argentini, in un film cha ha chiuso la sezione Alice nella Città, della Festa del Cinema di Roma. E’ la storia dell’anarchico Edoardo Massari e della sua compagna argentina Soledad Rosas, “Sole” per gli amici, arrestato il 5 marzo 1998 con l’accusa – “prefabbricata”- di terrorismo, per il suo impegno contro la costruzione della Tav in Val di Susa. Si suiciderà 18 giorni più tardi in carcere, seguito dalla stessa ragazza l’11 luglio. E’ la storia raccontanta dal giornalista e scrittore argentino Martín Caparrés nel libro, Amore e Anarchia, pubblicato da Einaudi, e adattato per il grande schermo da Agustina Macri, figlia del presidente argentino Maurizio Macri, e dal suo cosceneggiatore Paolo Logli. Solo nel 2002, la Corte di Cassazione ha lasciato cadere l’accusa di sovversione e terrorismo per mancanza di prove. Il film segue i passi di Soledad che arriva in Italia nel 1997, fuggendo dalla benevola opressione dei suoi genitori e da un fidanzato troppo invadente, in compagnia di una amica più grande. Sole ha appena 23 anni ed è una ragazza semplice, per niente interessata alla politica. Le sarà fatale andare a vivere in una casa occupata dove inconterà un gruppo di anarchici, tra cui Edo, col quale instaurerà subito una relazione amorosa. Da qui comincerà anche la sua militanza, e le sue battaglie contro la Tav.
Arrestata in un primo momento in macchina con un compagno accusato dalla polizia di essere passato col rosso, unicamente per poter installare nella loro auto un microfono spia, Sole accetterà di sposare un altro anarchico per sfuggire a una minaccia di estradizione. Dopo il suicidio di Edo, però, Sole scoprirà che la sua vita si è svuotata di significato, così da compiere anche lei una scelta estrema. Il suo corpo senza vita sarà ritrovato nel bagno della sua abitazione dove era agli arresti domiciliari. Il film si regge tutto sull’interpretazione di Vera Spinetta, giovane attrice e cantante argentina di 27 anni, figlia del celebre cantautore di origine italiane, Luis Alberto Spinetta, e sorella dei musicisti Dante, Valentino e Catarina Spinetta, che al cinema aveva debuttato nel 2009 con, Las viudas de los jueves di Marcelo Piñeyro (che era stato uno dei produttori del primo film argentino premiato con l’Oscar alla miglior produzione straniera, La historia oficial) ma questo è il suo primo ruolo da protagonista. Doppiando se stessa, con la tipica cadenza da porteña di Buenos Aires e qualche sbaglio di pronuncia che fa più vero il suo personaggio, Spinetta rende alla perfezione la presa di coscienza di Sole e l’ostinata dedizione alla causa e al suo amato, fino al tragico finale.
L’assecondano Giulio Corso nei panni di Edo, Marco Leonardi in quelli del commissario che architteta la trappola nella quale cadranno inconsapevolmente gli anarchici, e Luis Luque, Silvia Kutika e Fabiana García Lago nelle vesti dei genitori e della sorella di Sole. Agustina Macrì, al suo primo lungometraggio di finzione, è una giovane documentarista che gira e produce film in tutto il mondo, collaborando con l’équipe di Oliver Stone. Al momento è impegnata nella produzione di una serie di doc per Netflix, tra cui Fangio e Boca Juniors, oltre ad aver diretto dei video per iconici gruppi rock argentini. “Morire per amore fa ricordare Giulietta e Romeo, ma erroneamente crediamo che queste cose non succedono più”, dichiara la regista “ma in questa storia Soledad emerge come un’icona dei nostri tempi, una Giulietta postmoderna che ci dimostra che di amore si può ben morire”. Soledad è una coproduzione italo-argentina, girata tra Buenos Aires e Torino (e Genova dove la troupe si è trasferita per fuggire alle minacce del gruppo di anarchici amici di Edo e Sole) che in Italia non ha ancora trovato un distributore, mentre in Argentina è già uscito in sala da settembre.Edicola digitale
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