Il suo alibi "non regge" e per questo Francesco Furchì va condannato all'ergastolo. Dopo l'arringa dell'accusa, al processo per l'omicidio di Alberto Musy sono i legali della famiglia del consigliere comunale a puntare il dito contro l'imputato. E, oltre ad avanzare una richiesta di indennizzo di quasi due milioni di euro, chiedono che la corte indaghi anche su alcuni testimoni. A cominciare dal professor Pier Giuseppe Monateri. Secondo gli avvocati, il docente universitario, collega della vittima, "sapeva che l'imputato covava da mesi desiderio di vendetta" nei confronti di Musy. Ma dopo l'agguato "non disse nulla alla polizia". Dura quattro ore l'arringa dei legali della vedova Musy, Giampaolo e Valentina Zancan, e delle quattro figlie. Quattro ore durante le quali ribadiscono uno dopo l'altro i motivi per cui, secondo loro, Furchì è l'uomo col casco che la mattina del 21 marzo 2012 sparò sotto casa al consigliere comunale dell'Udc, morto dopo 19 mesi di coma. Da quel "falso alibi" - il trasloco dell'associazione Magna Grecia di cui era presidente - smontato nel corso del processo dalle testimonianze, alla condizione di "buio artificiale" - il cellulare staccato per due ore e mezza - creata ad arte, sempre secondo la difesa, dall'imputato. "Dov'era? Ce lo dica, signor Furchì. C'era da sbarazzarsi di una pistola, un impermeabile, un casco, una scatola...", dice Giampaolo Zancan rivolgendosi direttamente al faccendiere, in carcere da 22 mesi, che dal banco degli imputati scuote più volte la testa in segno di disapprovazione. Questi "indizi formidabili", sottolinea Valentina Zancan, non sono altro che "prove di colpevolezza". Ecco perché anche secondo la difesa Furchì va condannato all'ergastolo. Ed ecco il motivo delle provvisionali richieste: 300 mila euro per la vedova Musy, Angelica, e per ognuna delle quattro figlie, più 200 mila euro per la mamma e la sorella della vittima. L'ombra gettata addosso a Furchì viene però allungata su altre persone dai legali. Gli avvocati hanno infatti chiesto alla procura di trasmettere alla corte gli atti relativi al comportamento del professor Monateri, che fece conoscere Furchì e Musy, autore poco dopo l'agguato di un biglietto di indubbio gusto - "Acerbis Nano (il casco indossato dallo sparatore, ndr) ce l'ha insegnato, sparare agli stronzi non è reato". Stessa richiesta anche per Felice Filippis e la moglie, Maria Cefalì, amici e vicini di casa dell'imputato che in aula hanno negato frasi sul caso registrate da intercettazioni ambientali.
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