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Contraddizioni del capitalismo industriale

“Se non piove... Perchè non piove? E se piove sono sempre guai...”

Da un lato i giornali nei primi giorni di gennaio 2016 esultavano per il boom del mercato dell’auto, che a dicembre 2015 aveva registrato un aumento delle vendite del 18,65%. 

Dall’altro lato, contemporaneamente, l’informazione meteo comunicava che l’opzione targhe alterne in alcuni centri italiani non ha affatto risolto il problema dell’inquinamento dell’aria. Anzi, in alcuni casi (Roma, Milano) si è superato per più giorni il limite consentito di 50 microgrammi per metro cubo, toccando addirittura i 100 microgrammi nell’hinterland milanese. Ciò è dovuto paradossalmente – ci dice il signor Tullo Galletti su Repubblica di sabato 9 gennaio (ex docente di Trasporti al Politecnico di Milano ed ex membro della Commissione Circolazione dell’ACI della città meneghina) – alla diminuita circolazione delle auto, giacché in tal modo c’è anche meno ventilazione nelle strade. 

Una contraddizione nella contraddizione, dunque. 

Tesi: Dobbiamo vendere più macchine! Ne va della ripresa del Paese. 

Antitesi: Non dobbiamo far circolare le auto! Rinunciando (almeno temporaneamente) all’irrinunciabile salasso quotidiano dei cittadini, i Comuni si mostrano finanche disposti ad applicare sconti per la mobilità pubblica!

Tesi: Le auto non devono circolare perché inquinano. 

Antitesi: Le auto dovrebbero circolare per evitare l’aumento dell’inquinamento. 

Si tratta, come si può vedere di una tanto sorprendente quanto assurda e rischiosa confutazione del principio aristotelico di non contraddizione: è impossibile che una stessa cosa sia e non sia allo stesso tempo. 

Ora, risparmiandoci di richiamare dalla stalla l’asino di Buridano (anche se sarebbe il caso), un criticista come Kant definirebbe questa contraddizione una antinomia della ragione industriale; un comunista come Marx non esiterebbe ad annoverarla tra le classiche contraddizioni del capitalismo; gli esponenti della Scuola di Francoforte vi leggerebbero certamente una conseguenza della dialettica dell’Illuminismo; e infine nel suo tipico gergo eigentlich Heidegger, forse ancora in uno dei sui Quaderni neri vi coglierebbe una delle manifestazioni della metafisica, uno degli eventi della storia dell’Essere che ha nella Tecnica il suo trionfo. 

Eppure malgrado questo trionfo, se continua a non piovere (la Val Padana, dicono gli esperti, è uno dei posti più inquinati del pianeta, immerso nella nebbia intasata di diossido di azoto, NO2), se non piove tutto lascia pensare che il governo italiano non potrà fare altro come ultima ratio che rivolgersi a qualche stregone. Sperando che questi si ricordi i passi della danza della pioggia. Auguriamoci dunque che si metta a piovere. 

Non troppo, però. 

Perché se piove troppo, poi sorgono gli altri problemi – le alluvioni e le inondazioni – che mettono in luce ogni volta altre gravi contraddizioni dell’Italia.

Franco Di Giorgi

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