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BASSO CANAVESE. Minacce e botte, a processo marito violento

BASSO CANAVESE. Minacce e botte, a processo marito violento

Tribunale di Ivrea

Per anni si è dimostrato un compagno e padre modello. Poi nel biennio dal 2014 al 2016 è diventato violento perché convinto che la compagna lo tradisse sul lavoro. Le violenze sono avvenute in un paesino del basso Canavese.

Attraverso l’avvocato Mariangela Sparacio, Laura (nome di fantasia) 44 anni si è costituita parte civile nel processo che vede imputato per maltrattamenti in famiglia e minaccia l’ex compagno, un 53 enne con un passato turbolento caratterizzato da truffe, insolvenza fraudolenta, furti e atti osceni in presenza di minori (non rivolti ai figli).

“Ho deciso di andarmene di casa. Sono tornata a vivere da mia madre e con me ho portato anche i miei figli perché lui era troppo violento. Ogni volta erano insulti e botte perché era convinto che lo tradissi con un mio collega di lavoro”. Lo ha raccontato in tribunale a Ivrea Laura davanti alla giudice Elena Stoppini. La donna ha ripercorso quegli anni di convivenza difficili. La prima denuncia ai carabinieri risale all’ottobre 2014 dopo che la donna era stata minacciata e colpita al volto con un pugno. Violenze domiciliari che si ripetevano anche in vacanza davanti ai figli. Laura, però, non è mai andata in ospedale. “Avevo paura...” ha confessato in aula.

Prima, però, si era dimostrato un papà modello. Perché Laura non era mai venuta a conoscenza del passato del suo compagno. Lo ha scoperto solo quando è stata costretta a denunciarlo dopo che l’aveva colpita al volto con un pugno accusandola di tradirlo. Convivevano dal 2002 e dalla loro unione sono nati due bambini: un maschio che oggi ha 14 anni e una bimba di 8. Poi, all’improvviso, la gelosia e il sospetto di un tradimento per altro mai avvenuto, lo hanno cambiato. O forse il comportamento come un papà modello era solo una maschera.

Nel processo si è costituito parte civile anche il fratello di Laura, minacciato di morte dall’uomo con un pugnale seghettato simile a quello utilizzato da Sylvester Stallone nel film Rambo. Poi è stata la volta del racconto del fratello: “Mi minacciava con messaggi al telefonino. Ha minacciato che mi avrebbe fatto sparare assumendo cinque marocchini. E un giorno è venuto sotto casa puntandomi il coltello di Rambo”.

Il processo è stato aggiornato al 10 febbraio.

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