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05 Dicembre 2025 - 15:17
Ambulanza (archivio)
All’inizio c’è solo rumore d’acqua e un respiro corto. Poi il silenzio dove dovrebbe esserci un pianto. In un appartamento di Padova, alle prime luci di giovedì 4 dicembre 2025, una donna al settimo mese di gravidanza partorisce in casa. Accanto a lei c’è il compagno, che afferra il telefono e chiama il 118. Quando i sanitari entrano, quel silenzio è già una corsa contro il tempo: tentano per decine di minuti le manovre di rianimazione sul piccolo mentre stabilizzano la madre, sconvolta da una grave emorragia. Il neonato non sopravvive. Lei viene trasferita in ospedale, ricoverata e tenuta sotto osservazione; non è più in pericolo di vita. Sulla vicenda si muove la Procura di Padova: il sostituto procuratore Benedetto Roberti apre un fascicolo a “modello 45”, senza reati né indagati. Solo un passaggio tecnico per inchiodare a terra i fatti di una manciata di minuti che cambiano una famiglia per sempre.
Secondo le prime informazioni verificate, il parto è avvenuto in ambiente domestico con la presenza del compagno, che avrebbe allertato Carabinieri e SUEM-118 non appena la situazione è precipitata. Gli operatori tentano la rianimazione sul posto, poi trasportano la donna in ospedale, dove rimane in osservazione. Al momento non emergono profili di responsabilità penale, da qui l’apertura di una indagine conoscitiva a modello 45: un contenitore neutro, pensato proprio per ricostruire i fatti quando non esistono indizi di reato. Come ipotesi di lavoro non si esclude un aborto spontaneo in gravidanza avanzata, ma saranno gli accertamenti medico-legali a delineare tempi e cause.
Il modello 45 è uno strumento di prudenza. La Procura registra un fatto che, allo stato, non costituisce reato. Significa che i magistrati possono raccogliere atti, acquisire referti, ascoltare eventuali testimoni e disporre esami senza iscrivere nessuno nel registro degli indagati. Se un elemento penale dovesse emergere, il fascicolo verrebbe traslato. È prassi consolidata, richiamata anche dalla giurisprudenza, per gestire fatti che appaiono privi di rilevanza penale ma necessitano di una ricostruzione completa. Qui l’obiettivo è duplice: chiarire natura e dinamica dell’evento, proteggendo la riservatezza della famiglia.
Dall’ospedale filtra che la donna, dopo una perdita ematica importante, è stata stabilizzata e non è in condizioni critiche. Le emorragie del periparto sono una delle emergenze ostetriche più temute: anche in contesto ospedaliero richiedono risposte rapide e coordinate. In una casa, senza strumenti né equipe, la velocità del 118 diventa l’unico margine disponibile. Il trasferimento immediato e la messa in sicurezza della paziente hanno evitato conseguenze peggiori. Le prossime ore serviranno a completare esami e valutazioni, mentre la Procura attende le relazioni cliniche per orientare gli accertamenti successivi.
La memoria recente del Padovano offre esempi che rischiano di essere sovrapposti in modo improprio. Come il caso di Piove di Sacco, 29 ottobre 2024: una donna partorì in un dormitorio collegato a un locale notturno e la neonata fu trovata morta; la madre venne fermata per omicidio aggravato. Qui lo scenario è diverso: nessun sospetto di reato, nessuna misura restrittiva, solo una ricostruzione ancora in corso. Mettere ordine nei precedenti serve a non confondere contesti, dinamiche e responsabilità.
Il parto in casa, programmato e assistito, è una pratica legale in Italia e in alcune regioni viene persino rimborsata. Resta però un fenomeno marginale. Il Rapporto sull’evento nascita 2023 del Ministero della Salute indica che il 90,1% dei parti avviene in strutture pubbliche, il 9,8% in case di cura e solo lo 0,13% altrove. Il flusso CeDAP fotografa numeri simili: oscillazioni tra lo 0,06% e lo 0,2% dei nati complessivi a seconda degli anni. Sono percentuali minuscole, che presuppongono regole rigidissime: selezione delle gravidanze a basso rischio, collegamento con un punto nascita, piano di trasferimento immediato in caso di complicazioni. In regioni come Emilia-Romagna, dove esistono reti dedicate, i monitoraggi mostrano esiti sovrapponibili al contesto ospedaliero solo nei casi selezionati e assistiti da personale qualificato. Ma ogni deviazione dai protocolli può trasformare una fisiologia in emergenza.
Quando qualcosa va storto, tre variabili diventano decisive: tempo, sangue, ossigeno. Fuori da un ospedale, tutto dipende dalla rapidità del 118, dall’esecuzione delle manovre salvavita e dalla possibilità di trasferire in fretta madre e neonato. A Padova, la rianimazione tentata per decine di minuti e la gestione dell’emorragia materna raccontano una catena dei soccorsi che ha reagito. Ma resta da capire cosa sia accaduto prima: l’inizio del travaglio, eventuali segni premonitori, il tempo trascorso prima della chiamata. Domande che non si risolvono con opinioni ma con atti, referti, orari.
La cronaca che incrocia nascita e morte è sempre un territorio fragile. Parole come “aborto spontaneo”, “parto precipitoso”, “sofferenza neonatale” richiedono diagnosi, non supposizioni. Qui ci sono fatti: un parto in casa al settimo mese, una chiamata al 118, un neonato deceduto, una madre ricoverata, un fascicolo conoscitivo senza indagati. Tutto il resto è da verificare. Ogni ulteriore informazione—condizioni del feto, tempistiche, dinamica dell’emorragia—dovrà emergere solo dai documenti ufficiali.
Il contesto nazionale non aiuta a semplificare. Le nascite continuano a calare: 369.944 nel 2024, -2,6% sull’anno precedente, con un ulteriore calo stimato nel 2025. Il Rapporto 2023 del Ministero della Salute conferma che il 61,7% dei parti avviene in strutture con almeno mille nascite annue, una soglia che migliora gli esiti grazie alla maggiore esperienza dei team e alla disponibilità di servizi h24. È un dato che pesa anche sulle narrazioni: una nascita fuori ospedale, programmata o inattesa, dipende in modo cruciale dalla rete dell’emergenza.
Le domande tecniche sono molte: il parto era atteso o improvviso? C’erano segnali nelle ore precedenti? Le condizioni del bambino erano compatibili con la vita alla nascita? L’emorragia materna è stata causata da distacco di placenta, lacerazioni, atonia o altro? I tempi di intervento del 118 sono coerenti con i protocolli per un prematuro di 28–31 settimane? Sono quesiti che solo documenti e referti possono sciogliere. La Procura li affronterà nel perimetro della modello 45, senza imputazioni, salvo emergere nuovi elementi.
Parlarne serve, ma senza giudicare. Se una gravidanza è a rischio o compaiono sintomi improvvisi, la chiamata immediata al 118 è decisiva. Chi valuta un parto a domicilio deve rispettare i criteri di basso rischio, prevedere un piano d’emergenza, mantenere il collegamento con un punto nascita. La prematurità richiede spesso rianimazione e accesso rapido a una terapia intensiva neonatale. Dopo il parto, un’emorragia non tollera ritardi. Non sono regole universali, ma coordinate condivise nell’assistenza perinatale italiana.
Non tutti i parti extraospedalieri sono uguali, e la cronaca recente lo dimostra: episodi con esiti drammatici, altri risolti grazie alla prontezza dei team e del 118. Collocare la vicenda di Padova nel suo perimetro preciso—un parto a 7 mesi, un neonato privo di vita, una madre fuori pericolo, un’indagine senza indagati—evita confusione e allarmi inutili.
Nelle prossime ore si attende il consolidamento del quadro clinico della donna e l’acquisizione degli atti da parte della Procura. Il pm Benedetto Roberti valuterà se disporre ulteriori accertamenti o ascoltare formalmente i presenti. L’unica certezza, per ora, è che la famiglia ha attraversato un lutto in circostanze traumatiche e che le istituzioni si muovono con cautela: accertare, capire, senza pregiudicare.
Resta il paradosso di una nascita diventata cronaca nera. Resta il dovere di raccontare con precisione e rispetto. E resta una lezione semplice: in tema di gravidanza e parto, le parole contano. Dire “indagine modello 45” non è dire “indagato”; dire “parto in casa” non è dire “colpa”; dire “prematurità” non è dire “inevitabilità”. In mezzo ci sono scelte, contingenze, sistemi sanitari, emergenze, persone. Ed è lì che, lentamente, l’inchiesta di Padova sta cercando la sua verità.
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