Scendendo diagonalmente da Piazza Ferruccio Nazionale (Piazza di Città) verso la Dora, percorrendo Corso Cavour (Corso è una parola grossa), poco dopo essere giunti a fiancheggiare il fiume, si troverà sulla destra una piccola piazza, nel cui mezzo è presente il monumento a Ettore Perrone. Tale scultura è costituita da un ampio basamento in pietra, sul quale poggia un fiero leone dormiente, o meglio ferito, e un supporto in marmo che sostiene il busto bronzeo dell'eroe dei due mondi locali ottocenteschi, la Francia Napoleonica prima, e il Regno di Sardegna alla guida della riunificazione d'Italia (pressappoco) poi. Tale monumento, restaurato con una certa cura in tempi recenti, fu realizzato dallo scultore torinese Gabriele Ambrosio, di buona tecnica, ma senza grande ispirazione artistica. Però il leone era fatto talmente bene che una tale Georgia Popolo gli mise un po' paglia intorno e gli fece fare il bambinello in un presepe vivente. Adesso voi direte: grazie al cazzo, ci parli di un monumento che non sa di una sega? Beh, non vi interessa sapere chi fosse Ettore Perrone? A prescindere dal vostro interesse, ora ve ne parlo: costui nacque il 12 gennaio 1789 (insomma, alla Presa della Bastiglia gattonava...) a San Martino, da una famiglia nobile particolarmente autorevole. Ma Ettore dell'autorevolezza se ne infischiava, e a soli sedici anni si arruolò nell'esercito napoleonico. Da allora partecipò a tutte le Campagne de l'Empereur, fu ferito svariate volte, fece la Campagna di Russia con le stampelle. Insomma, Enrico Toti gli spicciava casa. Seguì Napoleone anche nei Cento Giorni (pare tenesse il conto), e si fece naturalizzare francese dopo la caduta definitiva. Nel 1819 tornò in Piemonte dandosi all'agricoltura. Ce lo vedete, vero? Nel 1821 iniziò l'attività risorgimentale, venne condannato a morte e dovette riparare di nuovo in Francia. Al suo posto impiccarono quindi una sagoma, non sappiamo quanto somigliante. In Francia ovviamente non mancò di combattere, partecipando alla Rivoluzione del 1830 e difendendo la Monarchia Costituzionale fino al 1832. Nel 1848 mancò di partecipare all'Assemblea Costituente per un soffio, e quindi tornò in Italia giusto in tempo per poter combattere la Prima Guerra di Indipendenza. Come hobby si fece anche eleggere parlamentare. Dopo la sconfitta decise di fare un paio di toccate e fughe come Ministro degli Esteri e Presidente del Consiglio, roba che neanche i governi balneari della DC. Poi cadde in disgrazia politica perché parlava francese (come il futuro Presidente del Consiglio Camillo Cavour). Nel 1849 partecipò al tragico epilogo della Prima Guerra di Indipendenza nella battaglia di Novara, dove trovò eroicamente la morte. Insomma, un vero personaggio romantico ottocentesco, un eroe del nostro territorio. Personaggi simili ne nascono davvero pochi. Il caso più recente risulta essere tale GiGno Vinia, un prode totalmente dedito alla causa di colui che riteneva essere la reincarnazione de l'Empereur, tale Matteo Salvini. Costui cose in comune col Corso ne aveva, anche se aveva maggiore altezza e soprattutto maggiore trippa, e sicuramente non soffriva di mal di stomaco, come dimostravano i suoi selfie a base di piattate di ogni ben di Dio o schifezze da street food di quart'ordine. Questo nuovo eroe locale non morì in battaglia, ma rischiò la vita con sei scodelle di fagioli grassi durante il Carnevale 201*. A Ettore Perrone sarebbe da fargli un monumento, se non ci fosse già.
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