L’avevano dimessa dall’ospedale di Chivasso con la diagnosi di semplice infezione alle vie urinarie. In realtà, aveva una peritonite perforante acuta. L’hanno presa per i capelli, o meglio, salvata per miracolo, alle Molinette di Torino. È successo a J.L., 17 anni di Brandizzo, figlia di Aldo La Rosa, consigliere di minoranza nel piccolo comune. Già ad ottobre 2014, e poi a dicembre, la ragazza si era recata al nosocomio chivassese con i sintomi tipici dell’appendicite: forti dolori addominali e fitte nel basso ventre, nausea e qualche linea di febbre. “La prima volta ci hanno rimandati a casa dicendo che si trattava di una colica addominale - ci racconta il padre, indignato -. A dicembre, invece, le hanno diagnosticato una gastroenterite”. In entrambi i casi, J. L. è stata rimandata a casa dopo qualche ora e senza che venisse fatto alcun accertamento. “Non le hanno neppure fatto un’ecografia, ma solo le analisi del sangue ed una flebo di antidolorifici”. La scorsa domenica, nuovi dolori addominali e una nuova corsa all’ospedale, ancora analisi del sangue, ancora antidolorifici, ma nulla più. “Siamo stati lì dalle dieci di sera alle cinque del mattino per sentirci dire che questa volta si trattava di una possibile gastroenterite e di un’infezione alle vie urinarie - continua La Rosa -. Quando siamo rientrati a casa ho visto che mia figlia stava ancora male così, non fidandomi della diagnosi dell’Ospedale di Chivasso, l’ho portata al Sant’Anna di Torino”. Un’ecografia alle ovaie ha escluso ogni problema all’apparato riproduttore. “Seguendo il consiglio dei medici, ci siamo recati alle Molinette. Già durante l’accettazione hanno detto che probabilmente si trattava di appendicite e che saremmo dovuti andare al reparto di chirurgia”. Dopo aver notato che i valori dei globuli bianchi erano esageratamente alti, sono iniziati gli accertamenti: ecografia ed analisi del sangue ogni due ore a cui si è aggiunta anche una laparoscopia. Alla fine, la diagnosi esatta: peritonite perforante acuta. “L’hanno operata d’urgenza il giorno dopo - aggiunge l’uomo visibilmente scosso - Il chirurgo e l’anestesista ci hanno spiegato che non avevano mai visto un’infezione così importante e che se avessimo aspettato altri due giorni mia figlia sarebbe sicuramente morta”. All’indomani dell’episodio, ancora scosso ma fortunatamente con la figlia in via di guarigione, Aldo La Rosa non ha potuto non porsi alcune domande. “Siamo nel 2015 e riconoscere un’appendicite non dovrebbe essere così difficile - si chiede e chiede soprattutto al nosocomio -. Perché allora a Chivasso non sono riusciti a farlo mentre alle Molinette sì? Perché non hanno nemmeno fatto un’ecografia a mia figlia ma si sono limitati alle sole analisi del sangue? Perché non hanno notato che i valori erano sballati? Perché non sono riusciti a fare tutto questo?”. Ma nonostante la rabbia, tra le sue intenzioni non c’è quella di sporgere denuncia: “Per fortuna è andato tutto bene quindi ho deciso di non denunciare nessuno. Naturalmente - conclude - farò un esposto alle Direzione sanitaria, non voglio fare di tutta l’erba un fascio, so che a Chivasso ci sono dei medici molto competenti, ma è giusto far sapere quello che è successo perché non ricapiti”.
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