Cerca

Attualità

Case nuove già marce: 5 anni di promesse. Dito puntato sulla ex consigliera comunale del Partito Democratico

A Settimo Torinese. Umidità, pavimenti che crollano, topi e zero sicurezza: così vivono i residenti di via Redipuglia 15/ 17. L’impresa non finisce i lavori, il Comune non interviene e tre famiglie non hanno ancora l’atto: la trappola del “lotto 2”

Settimo, case nuove già marce: cinque anni di promesse e un cantiere fantasma che inghiotte le famiglie

Via Redipuglia a Settimo Torinese

Settimo Torinese, via Redipuglia 15/17. Ci sono luoghi che raccontano una storia da soli. Basta fermarsi un istante, guardarsi intorno, immaginare ciò che un quartiere nuovo dovrebbe essere – e poi confrontarlo con ciò che è davvero. Qui, dove due palazzine appena costruite avrebbero dovuto rappresentare la promessa di una vita serena, si vive di attese: quattro anni e mezzo di date spostate, lavori lasciati a metà, sterpaglie che crescono, ferraglia dimenticata, topi che girano indisturbati. Chiamiamolo "cantiere sospeso".

La storia comincia nel 2020, quando i primi residenti entrano nelle loro nuove case realizzate dall’impresa Cadoni Costruzioni srl. Avrebbe dovuto essere un punto di partenza: una vita moderna, sicura, finalmente in uno spazio tutto loro. Invece si è entrati in un limbo edilizio che dura da quasi cinque anni.

La disperazione è totale...

1

asfa

asfa

asdfa

asp

asp

asdfa

asfas

asdfa

asfa

«Cadoni - ci dicono - non ha ancora ultimato i lavori esterni e abbiamo anche problemi all’interno delle nostre abitazioni. Abbiamo sollecitato più volte, ma non c’è mai stata una risposta. Ora, con il nostro legale, abbiamo deciso di procedere».

L’elenco dei problemi è lungo, concreto, documentato, ripetuto nel tempo. Muffa e umidità già dopo pochi mesi dall’ingresso nelle abitazioni, macchie sulle pareti esterne, infiltrazioni inspiegabili in una costruzione nuova. Il pavimento vicino ai garage ha già ceduto e affonda come se avesse quarant’anni sulle spalle. Un paradosso evidente: più passano i mesi, più queste case sembrano invecchiare prematuramente, consumarsi prima ancora di essere terminate. 

E non è solo un fatto edilizio: è una questione di sicurezza e dignità. Le famiglie raccontano di aver chiesto almeno di recintare l’area esterna ancora da finire, per proteggere i figli piccoli che giocano nel cortile. «Abbiamo bambini, abbiamo chiesto una semplice recinzione… niente. Tutto è rimasto com’era». E infatti la zona intorno alle palazzine è identica al 2020: sterpaglie alte, ferraglia ovunque, resti di materiali, un cantiere aperto che nessuno chiude e che nel frattempo ha attirato topi e animali che si avvicinano ai portoni.

La situazione diventa ancora più incomprensibile da un punto di vista burocratico: alcune famiglie non hanno ancora potuto fare l’atto definitivo di proprietà. In una delle due palazzine, su sei famiglie, tre non hanno potuto firmare nulla. Tre nuclei da anni vivono senza certezze, mentre l’impresa – denunciano – continua a far firmare gli atti ad alcuni sì e ad altri no. Nel “lotto 2”, poi, la situazione è ancora più assurda: da due o tre anni c’è chi vive lì senza residenza, impossibilitato a completare le procedure anagrafiche perché i lavori non risultano conclusi. Vivere senza residenza significa non avere un medico assegnato, non poter accedere pienamente ai servizi, avere problemi con scuola, utenze, documenti. Un limbo dentro il limbo.

A questo si aggiungono, da qualche giorno, i bidoni dell’immondizia comparsi direttamente sulla strada, appoggiati a bordo marciapiede, senza un’area ecologica, senza un vano dedicato, senza nulla. 

La viabilità: un altro buco nero. Il progetto iniziale prevedeva un sistema in grado di garantire sicurezza a famiglie, bambini, mamme con carrozzine. Nulla è stato fatto. Per entrare e uscire da via Redipuglia serve una piccola manovra da equilibristi: auto che si incrociano per pochi centimetri, passeggini costretti a camminare sull’asfalto perché non esiste nemmeno l’ombra di un marciapiede.

E mentre tutto resta così, le scadenze ventilate da Cadoni per la fine dei lavori continuano a rincorrersi: prima maggio, poi l’estate, ora aprile dell’anno prossimo. 

Il Comune? I residenti raccontano una situazione di totale stallo: «Non intervengono perché i lavori non sono ancora formalmente terminati». La strada è dissestata, la sicurezza inesistente, ma in Municipio sostengono di non poter mettere mano a nulla finché l’impresa non consegnerà le opere. L’impresa non consegna. E così tutto resta fermo. È il corto circuito perfetto: ciò che è privato non viene completato, ciò che è pubblico non può essere sistemato. E in mezzo ci vivono famiglie reali, con bambini piccoli, costrette a camminare tra buche, ferraglia e rifiuti.

Il quadro generale è quello di un complesso nuovo ma già segnato, pagato ma non completato, abitato ma non vivibile come dovrebbe. Un luogo in cui la promessa di modernità è rimasta chiusa dentro i depliant pubblicitari. Ed è per questo che oggi i residenti non vogliono più aspettare: l’azione legale è diventata inevitabile.

Sono passati quasi cinque anni. Cinque anni in cui una casa nuova si è deteriorata prima ancora di essere consegnata realmente. Cinque anni in cui le famiglie hanno guardato fuori dalla finestra sperando di vedere operai al lavoro. Non sono arrivati. Cinque anni in cui ogni stagione ha portato solo nuove promesse e nuove delusioni.

La domanda resta sospesa nell’aria pesante dell’umidità che sale dai muri: com’è possibile che dal 2020 al 2025 un condominio nuovo sia ancora un cantiere aperto?
E soprattutto: quanto ancora dovranno aspettare queste famiglie perché ciò che hanno comprato – e pagato – sia finalmente consegnato come promesso?

A Settimo Torinese, in via Redipuglia 17, la risposta non è mai arrivata dall’impresa. Non è arrivata dal Comune. Non è arrivata da nessuno. Solo dalle voci dei residenti, che chiedono una cosa che dovrebbe essere banale in un Paese civile: una casa finita, una strada sicura, un marciapiede dove far camminare i propri figli. Una vita normale.

Tutto ciò che, dal 2020, non hanno ancora avuto.

La ex consigliera-Cadoni e il cantiere infinito: quando la politica diventa una barzelletta

Si chiama Roberta Maria Cadoni. È stata consigliera comunale del Partito Democratico nella scorsa amministrazione, sempre guidata da Elena Piastra. È anche – secondo il suo curriculum ufficiale – “impiegata tecnico-urbanistica, socia di capitale presso Cadoni Costruzioni Srl”.

Sì, proprio quella Cadoni Costruzioni. Quella del cantiere eterno di via Redipuglia 17. Quella delle case nuove che invecchiano prima di diventare nuove. Quella delle muffe, delle infiltrazioni, delle sterpaglie, dei topi, dei lavori esterni mai ultimati e degli atti notarili che per alcune famiglie non si possono nemmeno firmare.

Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dire che tutto questo non è normale?
La scena è questa: da un lato, decine di residenti esasperati, che da cinque anni aspettano una casa finita, una strada sicura, un marciapiede, una recinzione, un minimo – proprio minimo – di dignità urbana.
Dall’altro lato, una ex consigliera comunale, che in teoria avrebbe dovuto rappresentare quei cittadini… ma che nella realtà lavora nell’impresa che quei cittadini oggi esaspera.

Non si era mai vista una contraddizione così grande dai tempi del ministero della “semplificazione” che complicava tutto.

Immaginate la situazione: le famiglie di via Redipuglia non possono fare la residenza perché i lavori non risultano conclusi.
La strada è una trappola, i marciapiedi non esistono, le aree ecologiche nemmeno.
E nel frattempo, in quella stessa città, ci sono state persone che sedevano in Consiglio comunale – e influivano su scelte urbanistiche – pur essendo legate all’impresa che quei lavori non li ha mai chiusi.

È come mettere il lupo a sorvegliare il pollaio e poi chiedersi perché ogni mattina manchi una gallina.

E attenzione: non stiamo parlando di chiacchiere da bar, insinuazioni o “dicerie di quartiere”.
Stiamo parlando di un curriculum ufficiale, pubblico, firmato. E stiamo parlando di un cantiere che da cinque anni è talmente fermo che ormai ci cresce la vegetazione spontanea protetta dal WWF.

La parte migliore?
In Municipio nessuno sembra notare la gigantesca, enorme, fragorosa incompatibilità morale della situazione.
Tutto procede come se fosse normale. Una normale amministrazione, in una normale città, dove è normale che un pezzo di politica sia anche pezzo di impresa. Che poi quell’impresa lasci un quartiere a marcire tra ferraglia, materiali sparsi e topi?
Dettagli, frivolezze, quisquilie.

Provate a immaginare questa scena altrove: a Torino? Impossibile. A Milano? Riderebbero mezz’ora, poi farebbero un accesso agli atti. A Bologna? Ti farebbero un’interrogazione ogni undici minuti netti.

A Settimo? Tutto sereno. Tutto normale. Guai a dire che tutt’intorno alla sindaca Elena Piastra non sia tutto bello, profumato, incredibilmente innovativo e socialmente illuminante. Il rimbambimento collettivo avanza… avanti così.

La verità è che Cadoni è stata un personaggio pubblico. E una cosa così non dovrebbe potersela permettere nessuno che entra in una sala consiliare – nemmeno una volta sola, figuriamoci per un intero mandato.

Perché la politica è responsabilità. La politica è trasparenza. La politica dovrebbe evitare perfino l’ombra, la sfumatura, il sospetto di un conflitto d’interessi.

Qui non c’è un’ombra. Qui non c’è una sfumatura. Qui non c’è un sospetto. Qui c’è un’eclissi totale.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori