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Lo Stiletto di Clio
04 Dicembre 2025 - 08:31
La torre della Bell'Alda che domina la Valle di Susa
«Oh , basta là!», avrebbero esclamato, un tempo, i buoni piemontesi. Alla Sacra di San Michele, dalla prossima primavera, si arriverà comodamente in ascensore. Altro che fatica dell’ascesa, a significare il distacco dalla quotidianità terrena e lo sforzo dell’uomo nel cammino spirituale verso Dio! Ma, si sa, i tempi cambiano e noi cambiamo con loro. Inoltre occorre considerare le esigenze di anziani e disabili. Dal 2026, pertanto, alla Sacra si giungerà senza fatica, trasportati da una cabina elevatrice ovvero dalla macchina dell’ascesa indolente.
Nelle scorse settimane, i quotidiani torinesi hanno riferito che l’opera ha richiesto di scavare verticalmente per otto metri e orizzontalmente per sei, tagliando la roccia viva all’interno di una torre del cosiddetto Monastero vecchio dove ha sede, fra l’altro, la preziosa biblioteca istituita nel 1836 per iniziativa dell’abate Antonio Rosmini (1797-1855) e ricca di circa dodicimila libri e opuscoli.
Dal 1994, com’è noto, la Sacra di San Michele è il «monumento simbolo» del Piemonte. Così stabilì il consiglio regionale con la legge numero 68 del 21 dicembre di quell’anno. Dall’alto dei mille metri del monte Pirchiriano, l’edificio domina la valle di Susa, sino alla pianura e alle colline torinesi. Caposaldo della spiritualità medioevale, l’abbazia sprigiona un fascino unico e incomparabile. Speriamo che l’impianto di sollevamenti non lo guasti.
Mosso da ispirazione romantica, il giovane Massimo D’Azeglio (1798-1866) raggiunse la vetta del Pirchiriano, salendo lungo il sentiero della Chiusa, una mattina di fine settembre («la voglia di visitare un luogo illustre per antiche memorie, e dagli artisti a ragione celebrato, m’indusse ad intraprenderne il viaggio»). A Torino, nel 1829, diede alle stampe un bel volume con testi e litografie, più volte ristampato. Scrive D’Azeglio: «Giunti sul dorso del giogo, l’immensa pianura della Lombardia s’offre agli sguardi sotto un leggier velo di nebbia, ed al pensiero più che all’occhio lascia la cura di trovarne l’estremo orizzonte. Si vedono ai lati gli ultimi gradini dell’immenso anfiteatro delle Alpi svanite tra i vapori del piano, ed ai piedi il borgo d’Avigliana, dominato dall’antico castello, ed i suoi laghi specchiare l’azzurro del cielo».

La Sacra di San Michele come appariva all'inizio del secolo scorso

Un'immagine di altri tempi. Salendo a piedi verso la Sacra di San Michele
Sul monte, tutto è grandioso, inconsueto e ammirevole. Tutto desta stupore e meraviglia. Prosegue Massimo D’Azeglio: «Salimmo al campanile, dal quale si può girar dietro l’abside sotto piccolo porticato ad arco tondo, al quale affacciandosi cade l’occhio in un profondissimo abisso, che solo ha fondo sui tetti del borgo di S. Ambrogio. V’à spesso fra i curiosi chi, per far prova di testa ferma e poco cervello, s’abbraccia ad una delle sottili colonne e ne fa il giro per di fuori; e si racconta che, sceltane da un tale una mal ferma, andasse con essa a misurare l’altezza della montagna».
La Sacra venne fondata in un anno imprecisato prima del Mille, pare fra il 983 e il 987, da Ugo o Ugone (Hugon) di Montboissier, un nobile dell’Alvernia che tornava con la moglie Isengarda da un pellegrinaggio a Roma. L’uomo era detto «lo scucito», a motivo della sua prodigalità. È interessante osservare come l’abbazia sorga esattamente a metà strada fra due famosi luoghi di culto dell’arcangelo Michele: Mont Saint-Michel in Normandia, sulle scogliere dell’Atlantico, e San Michele del Gargano in Puglia, sul Mediterraneo. Forse al progetto mise mano anche l’architetto benedettino Guglielmo da Volpiano.
A fianco della Sacra, in posizione un po’ discosta, si eleva la torre della Bell’Alda, crollata per metà in senso verticale. Nel 1884 lo scrittore torinese Edoardo Calandra (1852-1911) pubblicò un libricino con la storia delle improbabili vicende di cui Alda, un’avvenente ragazzotta del luogo («una donzella di mirabili forme», per dirla con D’Azeglio), sarebbe stata protagonista. I valligiani narravano che l’Alda, per sfuggire ad alcuni soldatacci, non esitò a gettarsi dalla torre: grazie a un inatteso intervento divino, giunse incolume al suolo. Qualche tempo dopo, inorgoglita, volle stupire le proprie amiche e ripeté il salto, sfracellandosi tra le rocce. «Ha sete sempre l’animo nostro di meraviglie, né trovandosele vicine, le cerca nel remoto passato o nel tenebroso avvenire». Parola di Massimo D’Azeglio.
Oggi alla Sacra risiedono i padri rosminiani a cui il re Carlo Alberto di Savoia affidò, nel 1836, la custodia di ventiquattro salme di principi sabaudi, già tumulate nella cattedrale di San Giovanni in Torino.
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