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03 Dicembre 2025 - 15:06
Autostrade, rimborsi per cantieri e traffico bloccato: come cambia il pedaggio dal 2026
Il tabellone che lampeggia “cantiere 10 km, code” smette di essere un destino rassegnato. Con la delibera 211/2025 approvata dall’Autorità di regolazione dei trasporti, quel messaggio potrà trasformarsi in un diritto al rimborso. È una promessa che l’Italia rincorre da anni e che ora diventa un impegno scritto: se l’autostrada non garantisce il servizio pagato, il pedaggio si restituisce. Una rivoluzione silenziosa che arriva mentre la rete è attraversata da cantieri ovunque, tra ammodernamenti, adeguamenti e interminabili lavori programmati. Eppure, per la prima volta, qualcuno dice agli automobilisti: non siete voi a dover pagare il prezzo dei ritardi.
L’Autorità, guidata da Nicola Zaccheo, introduce un sistema unico, valido su tutte le tratte a pedaggio: un meccanismo che riconosce rimborsi totali o parziali quando il viaggio viene compromesso da cantieri o traffico fermo non legato a eventi eccezionali. Non importa se si tratta di una breve uscita di mezz’ora o di un percorso lungo centinaia di chilometri: ciò che conta è la qualità effettiva della tratta. Zaccheo lo riassume in una formula tanto semplice quanto esplosiva: il pedaggio deve essere proporzionato al servizio realmente erogato.
La transizione sarà graduale. Dal 1° giugno 2026 scatterà l’operatività sulle tratte con un solo concessionario, mentre il 1° dicembre 2026 sarà la volta dei viaggi che attraversano più gestori. Nel frattempo nascerà una app nazionale, il volto più tangibile della riforma: registrazione, targa associata, percorso tracciato e rimborso automatico. Una digitalizzazione che promette di trasformare ogni ritardo in un dato verificabile, ogni disagio in un credito già calcolato.
È la concretizzazione di un principio che in Italia sembrava sempre sfuggire: la logica del pay per use. Se la strada non è pienamente disponibile, se il cantiere riduce la velocità obbligata e allunga i tempi, il gestore deve restituire parte di ciò che ha incassato. Non è una punizione per i lavori — inevitabili, dice l’Autorità — ma un riequilibrio tra chi gestisce la rete e chi la percorre.
La nuova architettura definisce criteri chiari. Nei percorsi fino a 30 km basta la presenza del cantiere: il rimborso scatta comunque, perché l’incidenza sul viaggio è immediata. Tra 30 e 50 km occorre un ritardo di almeno 10 minuti; oltre 50 km, la soglia sale a 15. È il tentativo di rendere proporzionata la tutela, adeguandola all’estensione della tratta. E, per evitare rimborsi ridicoli, l’Autorità stabilisce che nulla è dovuto sotto i 10 centesimi, mentre gli importi maturati si accreditano solo al raggiungimento di almeno 1 euro. Una forma di igiene amministrativa, più che un limite.
C’è poi la casistica più drammatica: il traffico completamente bloccato. Qui la delibera introduce rimborsi a scaglioni: 50% dopo due ore, 75% dopo tre, 100% oltre le quattro. Non contano la stagione, il giorno o l’orario: conta l’immobilità. Quelle interminabili file che trasformano l’autostrada in un parcheggio obbligato diventano finalmente un parametro di diritto.
Non tutto rientra nel perimetro della tutela. Restano fuori i disagi dovuti a eventi eccezionali: alluvioni, frane, terremoti, temporali estremi, incidenti non prevedibili o non imputabili al gestore. È la clausola più delicata, quella che nella pratica definirà il confine tra responsabilità e fatalità. Ma l’Autorità insiste: la tutela è pensata per compensare ciò che è programmato o riconducibile alla gestione, non ciò che esula dal controllo umano.
La procedura, almeno nelle intenzioni, dovrà essere semplice: app, riconoscimento automatico, notifica del rimborso entro dieci giorni, accredito entro i successivi cinque. Per chi non vorrà o non potrà usare strumenti digitali, restano i canali tradizionali: portali, numeri verdi, sportelli dei concessionari. Dietro questa apparente facilità esiste però una complessità informatica enorme, perché occorre integrare sistemi diversi, rendere uniformi le regole e garantire la certezza dei dati. È il prezzo dell’uniformità nazionale, quella che finora mancava.
La delibera si inserisce in un quadro più vasto: la riforma dei pedaggi legati agli investimenti reali e agli standard di qualità verificati. Dal 2026, la tariffa non sarà più un automatismo economico, ma la risultante di ciò che il concessionario fa, costruisce, migliora. Il meccanismo dei rimborsi diventa così la parte più visibile di un cambio culturale: collegare il costo alla qualità. Finalmente.
Le associazioni dei consumatori parlano di rivoluzione, ma chiedono soglie più basse e percorsi ancora più rapidi. Il Codacons teme che i requisiti per i rimborsi dei blocchi siano troppo rigidi; l’ART risponde che i parametri sono pensati per evitare distorsioni e garantire equità. Rimane aperta la questione della copertura economica: i primi anni, alcune risorse potrebbero arrivare da un recupero tramite pedaggi; dal 2030 gli oneri dovrebbero gravare interamente sui concessionari. Un passaggio che, sulla carta, sposta il peso su chi gestisce e non su chi guida.
Gli automobilisti, intanto, dovranno imparare a muoversi in un sistema nuovo: registrarsi all’app appena sarà pubblicata, associare la targa, controllare le condizioni della rete prima del viaggio, documentare eventuali blocchi. È la trasformazione del disagio in una pratica concreta, finalmente riconosciuta e misurabile.
Questa misura non nasce dal nulla. In passato alcuni concessionari avevano testato programmi di cashback per le code da cantiere, ma erano iniziative isolate, soggette a criteri e limiti diversi. Oggi quella sperimentazione diventa norma nazionale. Con numeri, date e un calendario vincolante.
Nei prossimi mesi arriveranno gli allegati tecnici, gli schemi di calcolo, le tabelle definitive. Saranno pubblicati i dettagli per i viaggi multi-concessionario, per gli abbonamenti, per i veicoli pesanti. L’app sarà testata, probabilmente distribuita prima dell’estate 2026. E potrebbero arrivare aggiustamenti, perché una riforma così ampia vive sempre di correzioni in corso d’opera.
La domanda, però, resta una: funzionerà? L’Italia ha bisogno di cantieri, e ne avrà ancora per anni. Ma chi paga il pedaggio ha diritto a non essere penalizzato dal cantiere permanente che sembra aver inghiottito la rete. La delibera 211/2025 prova a cambiare la narrazione: il tempo degli automobilisti vale, non è un elemento sacrificabile sull’altare della manutenzione senza responsabilità. La rivoluzione, in fondo, è tutta qui: riconoscere un diritto che sembrava impossibile. E metterlo nero su bianco.
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