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Tumore al seno avanzato: l’Italia apre all’inibitore di AKT. Perché capivasertib cambia la sequenza terapeutica

Un beneficio clinico concreto: ritardare la chemioterapia nelle pazienti con endocrino-resistenza

Tumore al seno avanzato: l’Italia apre all’inibitore di AKT. Perché capivasertib cambia la sequenza terapeutica

Tumore al seno avanzato: l’Italia apre all’inibitore di AKT. Perché capivasertib cambia la sequenza terapeutica

L’oncologa pronuncia un dato che pesa più di qualunque slogan: «con questa combinazione il rischio di progressione si riduce della metà». È il punto da cui parte l’ingresso di capivasertib — in combinazione con fulvestrant — nella pratica clinica italiana per il tumore al seno ER+/HER2- localmente avanzato o metastatico con alterazioni di PIK3CA, AKT1 o PTEN. Un ingresso reso possibile dalla rimborsabilità appena approvata da AIFA e sostenuto dai risultati dello studio di fase III CAPItello-291, che mostrano un beneficio netto e misurabile in uno dei setting più complessi dell’oncologia senologica.

Da qui, tutto il resto prende forma: la riduzione del 50% del rischio di progressione o morte nella popolazione con alterazioni della via PI3K/AKT/PTEN, il raddoppio della sopravvivenza libera da progressione da 3,1 a 7,3 mesi, la possibilità concreta di rinviare la chemioterapia nelle pazienti con endocrino-resistenza. Capivasertib — nome commerciale Truqap — diventa così il primo inibitore di AKT approvato e rimborsato in Italia, dopo un percorso regolatorio che ha coinvolto la Commissione Europea (giugno 2024), il CHMP e l’Agenzia statunitense, che nel 2023 aveva autorizzato il farmaco insieme al test companion FoundationOne CDx.

Secondo l’EPAR dell’EMA, la combinazione è indicata per pazienti adulte con tumore ER+/HER2- avanzato, recidivato o progredito dopo endocrinoterapia e portatrici di alterazioni di PIK3CA, AKT1 o PTEN; nelle donne in pre/peri-menopausa è necessaria l’associazione con agonista del LHRH. Lo schema “a impulsi” — 400 mg due volte al giorno per 4 giorni on/3 off — consente una gestione più flessibile della tossicità rispetto ai regimi continuativi.

Lo studio CAPItello-291, che ha arruolato 708 pazienti già trattate con inibitore dell’aromatasi e in larga parte con CDK4/6-inibitore, offre un quadro coerente con la pratica reale. La PFS mediana raddoppia nella popolazione globale (da 3,6 a 7,2 mesi; HR 0,60) e cresce in modo ancora più marcato nella coorte mutata (da 3,1 a 7,3 mesi; HR 0,50). L’ORR aumenta dal 12,2% al 22,9% in popolazione globale e dal 9,7% al 28,8% nel gruppo con alterazioni. I dati preliminari di sopravvivenza globale indicano un trend favorevole (HR 0,74 complessivo; 0,69 nella coorte mutata), con curve che iniziano a separarsi dopo 12–18 mesi.

Sul fronte sicurezza, gli effetti collaterali principali — diarrea, rash, iperglicemia — compaiono entro le prime settimane e sono gestibili con supporto precoce, pause e riduzioni di dose. Le interruzioni definitive nel braccio capivasertib si attestano attorno al 10–13%. Per le pazienti con diabete o pre-diabete è necessaria una sorveglianza metabolica ravvicinata.

Nella sequenza post-CDK4/6, la scelta tra inibizione di PI3K o di AKT richiede la lettura combinata di storia clinica, comorbidità e profilo molecolare: AKT1 e PTEN fanno della nuova combinazione un approccio logico; le mutazioni di PIK3CA riaprono il confronto con l’inibizione di PI3K. La rimborsabilità italiana chiude il passaggio decisivo: accesso pubblico senza barriere economiche, a patto di eseguire test NGS tempestivi e strutturare percorsi di gestione della tossicità.

Il quadro internazionale conferma il posizionamento: il NICE britannico ha autorizzato il farmaco nel Servizio sanitario nazionale, mentre il fallimento dello studio CAPItello-290 nel triplo negativo chiarisce i confini biologici dell’indicazione. Lo ricorda anche la prof.ssa Valentina Guarneri dello Istituto Oncologico Veneto, sottolineando come la combinazione possa «ritardare la chemioterapia» nelle pazienti con endocrino-resistenza.

La selezione precoce delle pazienti — con alterazioni presenti in un terzo-metà dei tumori ER+/HER2- avanzati — diventa essenziale per non perdere tempo utile tra progressione e inizio terapia. Diarrea e rash richiedono istruzioni chiare, idratazione, antidiarroici, creme topiche, un canale di contatto rapido con il centro; la disglicemia impone il coinvolgimento del diabetologo. L’attività su altre neoplasie, come suggerito dai dati dello studio CAPItello-281 nella prostata PTEN-deficiente, rafforza la logica biologica del target.

A una paziente eleggibile, oggi, si può dire con chiarezza che si tratta di una terapia orale mirata in combinazione con fulvestrant, capace di dimezzare il rischio di progressione nelle portatrici di specifiche alterazioni genetiche, con tossicità gestibile e accesso garantito dal SSN. L’effetto sulla sopravvivenza globale è promettente ma ancora non definitivo; l’obiettivo immediato è guadagnare mesi di controllo della malattia e posticipare la chemioterapia.

In un panorama che chiede decisioni rapide e informazioni trasparenti, capivasertib porta nella pratica quotidiana un principio ormai irrinunciabile dell’oncologia moderna: precisione prima di tutto, a beneficio di chi deve scegliere oggi la terapia che può cambiare il proprio domani.

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