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02 Dicembre 2025 - 12:18
Under 17, partita finisce 210-3: esplode il caso per l'umiliazione da record
Il momento in cui il tavolo alza gli occhi, cerca gli arbitri, sfoglia il referto e non sa più dove infilare altri punti racconta già tutto. Il totale ha superato quota 200, la pagina dei parziali è piena, serve un secondo modulo per continuare a registrare i canestri. È successo davvero, sabato pomeriggio, nella palestra di Casale sul Sile. La gara di Under 17 Silver fra Polisportiva Casale e Polisportiva Mogliano Veneto Bianco è finita 210-3, un punteggio che zittisce la partita e spalanca un dibattito che va oltre il parquet: educazione sportiva, regole, responsabilità delle società e della Federazione Italiana Pallacanestro. La sezione provinciale di Treviso non aprirà fascicoli: il risultato sarà omologato. Ma non potrà essere archiviato con una scrollata di spalle, perché dice molto su come facciamo sport, su cosa chiediamo ai ragazzi e su quanto siamo disposti a proteggerli.
Il 210-3 appartiene ufficialmente al campionato Under 17 Silver del Trevigiano. I parziali hanno preso presto la forma di una caduta libera: il referto tradizionale si è saturato, è servito un “secondo foglio”. Un dettaglio che vale più di mille aggettivi: quel foglio aggiuntivo è la testimonianza materiale di una sproporzione tecnica raramente vista a questo livello. Da qui la risonanza mediatica, alimentata dalle immagini – poi contestate – della squadra vincente sorridente a fine gara.
Sui social una parola ha dominato: “rispetto”. Rispetto per chi perde, rispetto per chi vince, rispetto per un’idea di sport che non dovrebbe trasformarsi in una dimostrazione di forza senza freni. Il presidente del Casale, Alessandro Zorzi, difende una lettura “da rugby”: l’avversario si onora giocando al massimo, non recitando. E rilancia: servirebbe una norma che consenta agli arbitri di interrompere una partita in caso di manifesta superiorità. Nella comunità cestistica trevigiana, però, molte voci hanno chiesto prudenza: quando un match è in cassaforte, continuare a spingere ha davvero senso in un campionato pensato per “far giocare tutti”?
Per il Mogliano Bianco non è la prima sconfitta pesante: altre gare della stagione mostrano scarti oltre i 100 punti. Un indizio che racconta la fragilità del gruppo e, insieme, la scelta societaria di portare comunque in campo tutti, in un progetto dichiaratamente inclusivo. Un principio sacrosanto, ma che nel tempo rischia di esporre adolescenti a frustrazioni ripetute, con ricadute emotive non trascurabili. Qui si innesta il nervo scoperto dell’intera vicenda.
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Dal Comitato provinciale FIP Treviso, guidato da Fabio Coldebella, è arrivata una linea netta: nessuna sanzione, risultato confermato. La federazione locale ha chiesto alle parti un confronto, ma non vede comportamenti tali da giustificare provvedimenti disciplinari. Nei campionati giovanili regionali non esiste una “mercy rule” nazionale né un automatismo che permetta di sospendere la gara in presenza di distacchi eccessivi. Tutto si affida a prassi, sensibilità, discrezionalità. E proprio questo vuoto normativo è diventato il detonatore del caso.
Le Disposizioni Organizzative Annuali FIP stabiliscono calendari e fasce d’età, non un tetto massimo di differenza punti. Altri sport prevedono strumenti di contenimento – dal running clock alla sospensione tecnica – ma nel basket giovanile italiano resta tutto affidato al buon senso. Il 210-3 evidenzia quanto sia fragile questa architettura: senza regole condivise, la gestione di un divario estremo ricade su allenatori, arbitri e dirigenti, con soluzioni spesso improvvisate.
Treviso è un territorio cestistico fertile: tante società, tradizione tecnica, eredità della Benetton. Questa abbondanza produce anche squilibri interni. Il Mogliano ha oltre quattro squadre iscritte in Under 17: un investimento sociale che porta in palestra ragazzi con livelli molto diversi. Quando un gruppo è agli inizi, l’impatto con una squadra rodata può diventare traumatico. L’inclusione è una scelta meritoria, ma richiede un’attenzione supplementare: inserimenti graduali, tutoraggi, percorsi paralleli. Senza questi accorgimenti, il sabato rischia di trasformarsi in una prova di resistenza.
Sul piano tecnico, chi conosce i regionali sa bene cosa possa produrre un punteggio simile: ritmo altissimo, transizione continua, recuperi immediati, percentuali fuori scala, dominio a rimbalzo, difficoltà dell'avversario persino a superare la metà campo. Bastano cinque canestri al minuto per superare quota 200. Se l’opposizione cede e la concentrazione vacilla, la valanga è inevitabile. È qui che si giocano le responsabilità: modulare l’intensità non significa mancare di rispetto, ma leggere la partita e il suo equilibrio educativo.
Ogni parte coinvolta porta argomenti comprensibili, ma con limiti evidenti. Chi vince dice che fermarsi sarebbe irrispettoso: vero, ma si può continuare a giocare puntando su obiettivi tecnici diversi, costruendo azioni da 24 secondi, lavorando su schemi, extra-pass, mano debole. Chi perde chiede protezione: sacrosanto, ma richiede anche una programmazione più realistica dei gruppi. La FIP invoca il buon senso: necessario, ma insufficiente senza linee guida precise per queste situazioni. Da un caso così, ci si aspetterebbe una proposta, non un semplice richiamo.
Il 210-3 è un’anomalia quasi assoluta nel panorama giovanile recente. Non ha senso parlare di “record”, ma è evidente la sua eccezionalità. Paragonarlo ai grandi scarti delle competizioni senior o delle Nazionali non avrebbe senso: qui parliamo di sedicenni, in pieno percorso formativo.
Ogni allenatore serio sa che perdere è parte dell’apprendimento. Ma oltre una certa soglia, la sconfitta smette di insegnare e comincia a ferire. A 20 o 30 punti si lavora sulla resilienza; a 100 inizia la riflessione psicoeducativa. Dentro quello spazio ci sono scelte importanti: togliere la pressione quando lo scarto diventa ingestibile, fissare compiti cognitivi, sperimentare quintetti atipici. Il percorso dei vincenti non perde nulla; quello dei perdenti evita cicatrici inutili.
La discussione su ciò che potrebbe cambiare non riguarda sanzioni, ma prevenzione. Linee guida territoriali sulla gestione della manifesta superiorità, formazione specifica per i coach Silver, calibratura dei calendari, tavoli con le società a maggiore densità di tesserati. Tutto per evitare che un risultato “regolare” diventi un cortocircuito educativo.
Il 210-3 è formale e omologato. Ma fermarsi alla regolarità sarebbe un alibi culturale. Il basket giovanile vive dell’equilibrio tra competizione ed educazione: quando questo equilibrio salta, non basta dire “capita”. Va messa in sicurezza la credibilità di chi organizza e la dignità di chi gioca. Un campionato Silver non dovrebbe mai trasformare il sabato in un esercizio di aritmetica.
Alla fine, questo non è un pezzo sul Casale o sul Mogliano. È un esame di coscienza per adulti: dirigenti, allenatori, arbitri, genitori. Siamo in grado di tenere insieme ambizione e misura? Di insegnare che “giocare al massimo” può voler dire scegliere la soluzione giusta, non quella più immediata? Se la risposta è sì, il 210-3 resterà un incidente utile a imparare. Se è no, torneremo a cercare un secondo foglio per il referto e un’altra giustificazione per il nostro imbarazzo.
La partita è finita 210-3. Il referto ha richiesto due moduli. La FIP Treviso omologherà il risultato e invita a un confronto. Il Mogliano difende il proprio progetto inclusivo. I regolamenti non prevedono alcuna mercy rule. La stampa locale veneta ha raccolto voci, dettagli, posizioni. Il resto lo dobbiamo scrivere noi, senza aspettare un altro pomeriggio così.
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