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Ivrea in Azione

Le ruspe gentili della sinistra: a Ivrea la rivoluzione parte dal progetto Ma.REA

Altro che sgomberi all’alba: l’amministrazione Chiantore–Colosso tenta dove tutti hanno fallito per cinquant’anni, superando il campo Sinti con ascolto, metodo e – incredibile ma vero – un piano serio

Le ruspe gentili della sinistra: a Ivrea la rivoluzione parte dal progetto Ma.REA

Un momento della conferenza stampa

Chi l’avrebbe mai detto che, alla fine, sarebbero state le sinistre a usare le ruspe?
Ivrea, città famosa per l’Olivetti, le arance del Carnevale e l’invidiabile tradizione dei campi che restano dov’erano per cinquant’anni, scopre finalmente l’acqua calda: per superare un insediamento monoetnico non servono né sgomberi all’alba, né ruspe trionfanti da comizio. Serve… udite udite… un progetto.

E così, mentre le destre parlavano di ruspe urlando “ORDINE!”, e le sinistre parlavano di inclusione facendo sostanzialmente nulla, ecco arrivare l'attuale amministrazione versione Premium, che riesce (forse) dove tutti gli altri, variamente assortiti, hanno fallito per decenni. Ruspe sì, ma modello “touch screen”: sfiorano, accarezzano, non graffiano.

matteo chiantore

Il grande annuncio: alla capigruppo e nella sala dorata il sindaco Matteo Chiantore e l’assessora Gabriella Colosso presentano Ma.REA, il progetto che finalmente mette fine (forse) alla gloriosa tradizione eporediese del “campo che tanto rimane lì, chi vuoi che lo tolga?”. Finalmente si supera: non si chiude, non si evacua, non si lancia il dado. Si supera. Parola elegantissima per dire “facciamo le cose con criterio”.

Ed ecco la sorpresa: il progetto sembra serio, strutturato, fatto bene. Così bene che perfino io — notoriamente di bocca buona solo quando si parla di sarcasmo — devo riconoscere che qui c’è stoffa, grazie all’associazione 21 Luglio. Anzi: se mai all’assessora venisse voglia di coinvolgere qualcuno dalla fase zero, quando ancora si decide dove piazzare la prima virgola del piano, io sarei pure disponibile. Non perché ami i tavoli tecnici, ma perché, per una volta, sembra un percorso in cui valga davvero la pena mettere la propria faccia prima, non a cose fatte.

La rivoluzione: ascoltare prima di demolire. Il modello Ma.REA parte dall’ascolto. Una roba talmente rivoluzionaria che rischia di far saltare la corrente in tutta Ivrea. Arrivano gli operatori con i questionari, e improvvisamente scopriamo che nelle macroaree vivono esseri umani completi: con documenti, lavori, figli, problemi, aspirazioni e tutto il set base dell’umanità. Una scoperta che molti avevano rimandato da mezzo secolo.

Il Piano: sorprendentemente, non è uno sgombero mascherato. Le famiglie verranno accompagnate verso case normali, in quartieri normali, con vicini normali pronti a litigare per cose normalissime. Niente regali, niente corsie preferenziali, niente leggende metropolitane. Solo il noiosissimo, rassicurante, civile rispetto delle stesse regole per tutti.

Capitolo comunicazione, ovvero l’arte di evitare che la città esploda. Perché basta pronunciare la parola “Sinti” e metà di Facebook passa in modalità apocalisse. Ma.REA prevede incontri, assemblee, spiegazioni, materiali informativi: in pratica, l’esorcismo della disinformazione.

Per la prima volta da troppo tempo, si apre una porta. Un corridoio lungo, pieno di ostacoli, discussioni e polemiche, certo. Ma anche pieno della possibilità concreta di costruire un’Ivrea dove le persone non vivono in un campo etnico perché qualcuno, negli anni ’70, ha deciso che “tanto sono nomadi, no?”.

Se alla fine del percorso ci sarà una città più normale, più giusta e più intelligente, ricordiamoci che, con le ruspe gentili, delicate, appena uscite da un make-up… con parsimonia e magari un mazzo di fiori, ci va la sinistra. Dove altre sinistre hanno fallito e altre destre hanno fatto finta di nulla, forse qualcuno farà la cosa giusta.

Staremo a vedere!

Ciao!!

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