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28 Novembre 2025 - 18:23
Il sindaco di Romano Canavese
Quattro mesi senza riunire il Consiglio comunale. Quattro mesi di silenzio istituzionale, di porte chiuse, di scadenze che avanzano e di un Comune che sembra muoversi solo per inerzia, come una barca senza timone. Poi, all’improvviso, l’idea geniale: convocare la seduta il 26 novembre per il 28, naturalmente in “urgenza”. Perché si sa, quattro mesi di calma piatta sono un ottimo riscaldamento alla corsa contro il tempo imposta dalla variazione di bilancio, da approvare entro il 30 novembre. Il risultato è quello che ormai sta diventando un marchio di fabbrica: un paio d’ore dopo la convocazione, il contrordine. Seduta annullata. Stop. Fine. Nessuna motivazione, nessun avviso ufficiale, nulla che assomigli anche lontanamente a una comunicazione istituzionale. Solo silenzio. Un silenzio pesante, diventato ormai la cifra stilistica di questa amministrazione.
Nel frattempo il Comune procede a rallentatore, con scadenze normative che bussano alla porta e un apparato politico che non risponde. Il Consiglio comunale non si riunisce da luglio e, quando ci prova, l’esperimento salta. Una paralisi che non ha più bisogno di metafore: è servita, apparecchiata e stabile.
Sul versante politico la situazione non migliora. Le dimissioni dell’ex vicesindaco Paola Bottalico, l’ennesimo rimpasto di giunta e la repentina ascesa dell’attuale vice-sindaco Gianni Goia (Perry) hanno creato un clima tutt’altro che disteso. Il pressing di Perry sul sindaco per rimuovere il segretario comunale viene descritto da più fonti come una scena da film politico: luci basse, facce tese e dialoghi poco rassicuranti. Un contesto talmente carico da far ritenere, a molti, che proprio quel clima abbia contribuito alle dimissioni di Gian Luca Lalli.

Gian Luca Lalli, Paola Bottalico e Gianni Goia
A peggiorare le cose, la mancata proroga della convenzione con il Comune di Mazzè per il segretario comunale, comunicata solo all'ultimo secondo. Un dettaglio che pesa: costi extra, rapporti tesi, imbarazzi istituzionali e la sensazione, sempre più diffusa, che la pianificazione amministrativa sia diventata un optional da relegare fra gli "oggetti smarriti".
E mentre la maggioranza inciampa nei propri meccanismi interni, chi lavora è… la minoranza. Nell’ordine del giorno del 28 novembre compaiono mozioni e interpellanze su scuole, servizi, Protezione Civile, defibrillatori, programmazione dei lavori. Tutte quelle cose che, in un Comune normale, verrebbero dalla maggioranza. Invece no. Qui la minoranza “fa per due”, colmando i vuoti lasciati da un indirizzo politico che appare sempre più impegnato altrove. Molto altrove.
Poi c’è il caso del “Drop In”, il bar comunale. Il 24 novembre la minoranza presenta una mozione semplice, lineare: fare una gara pubblica, chiarire criteri, rendere note le informazioni basilari, tentare — non sia mai — un po’ di trasparenza. La mozione chiede di essere discussa nella prima seduta utile.
La seduta c’è. La mozione non c’è. Sparita dall’ordine del giorno del 28 novembre. Cancellata? Dimenticata? Evaporata? Difficile dirlo. In paese, naturalmente, circolano voci: le solite, inevitabili voci sulle presunte vicinanze tra l’attuale gestione e ambienti della maggioranza. Nulla di documentato, certo. Ma quando la trasparenza diventa un concetto elastico, il terreno per le illazioni è sempre fertile.
Il quadro complessivo è quello di un Comune che trattiene il fiato da troppo tempo. Un’amministrazione in apnea politica, dove tutto è sospeso, rinviato, rimandato o, peggio, ignorato. Romano Canavese sta attraversando uno dei periodi più caotici della sua storia recente e il sospetto — più che un sospetto, ormai — è che la crisi non sia un incidente di percorso, ma il modo quotidiano di procedere.
Di fronte a questo scenario non resta che un appello, quasi disperato, ai consiglieri di maggioranza: un colpo di dignità istituzionale, un sussulto di responsabilità. Un ritorno almeno temporaneo a comportamenti all’altezza del ruolo ricoperto. I cittadini non meritano il triste spettacolo di un’amministrazione paralizzata da giochi interni e scontri continui.
E in paese, inevitabile, la domanda corre di bocca in bocca, metà ironia, metà amara constatazione: con questo ritmo, questo clima e questa capacità organizzativa, il sindaco arriverà davvero a mangiare il panettone a Natale?
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