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13 Novembre 2025 - 00:45
Novembre 2025. Tutti in vista all'ospedale
Alle 17 di lunedì 10 settembre, in un Consiglio comunale convocato per un unico e apparentemente innocuo punto all’ordine del giorno — una variante al piano regolatore — accade finalmente ciò che in città si attendeva da giorni: la sindaca Elena Piastra rompe il silenzio sul terremoto che sta travolgendo l’ospedale di Settimo. Uno scandalo rimbalzato su giornali, tv e social, mentre l’Amministrazione settimese osservava con un riserbo quasi monastico: composto, sì, ma del tutto incomprensibile.
Quando prende la parola, lo fa con la solennità dei momenti “difficili”: frasi pesate, pause studiate, quella retorica da responsabilità istituzionale che di solito prepara molte introduzioni e pochissime risposte. E infatti…
Apre dicendo quanto «sia doloroso da parte sua affrontare il tema relativo all’ospedale civico», perché «le ragioni le conoscete». Poi l’immagine forte, drammatica: «Le informazioni degli organi di stampa sono un pugno in faccia».
Parole pesanti, subito sterilizzate dal solito scudo istituzionale: «Non mi soffermo sulle indagini per rispetto di chi deve fare giustizia». E poi ancora: «Le informazioni che state leggendo sui giornali sono le stesse che ho io».
Infine l’annuncio: «Il Comune si costituirà parte civile». Scelta legittima, certo. Ma non sufficiente per una città che attende da settimane di capire come si sia potuti arrivare a questo punto. Anche perché la struttura non è un’entità privata: il Comune di Settimo è socio di SAAPA, insieme a Asl To4, Città della Salute, Cooperativa Frassati e Patrimonio.
Un socio, dunque, non uno spettatore.
Ed è proprio qui che si apre uno dei nodi più ingombranti, da un punto di vista politico, della vicenda, almeno per lei. Le due inchieste riguardano, infatti, non solo i maltrattamenti agli ospiti, ma anche le continue proroghe dell’appalto a CM Service. Proprio quelle proroghe finite nel mirino del Comitato “Salviamo l’Ospedale”, di cui l’ex sindaco Aldo Corgiat è stato ed è uno dei principali animatori.
Corgiat non aveva solo segnalato anomalie: aveva scritto, aveva parlato, aveva insistito, aveva mandato una relazione all’Antimafia e alla Procura di Ivrea, e perfino ottenuto, nel 2023, uno spazio in Consiglio comunale per denunciarle pubblicamente con tanto di accusa rivolta alla sindaca di “non aver mosso un dito”.
Insomma se oggi esistono due inchieste è anche e soprattutto merito suo che ha messo la pulce nell'orecchio dei magistrati eporediesi.
E allora la domanda, oggi, è inevitabile: com’è possibile che una sindaca che sedeva — in quanto socia — alle assemblee degli azionisti di SAAPA non abbia mai sollevato un dubbio? Neanche un «scusate, ma perché proroghiamo sempre allo stesso soggetto?». Neanche un «ci segnalano anomalie, possiamo approfondire?». Neanche un «forse sarebbe il caso di verificare».
Neanche dopo l’intervento di Corgiat in aula.
Ancora più paradossale è ciò che emerge dagli atti finiti nelle mani degli avvocati: in migliaia di pagine di documenti, intercettazioni, relazioni, il nome della sindaca — semplicemente — non compare.
Che sia chiaro: è un bene che non compaia in situazioni compromettenti. Ma è un male — un enorme male politico — che non compaia affatto.
In centinaia d intercettazioni non esiste neanche una telefonata della sindaca per sollecitare, per avanzare dubbi, per riportare le voci dei cittadini. Nulla. Silenzio. Un silenzio che oggi pesa più di tutte le parole pronunciate in aula.
In una intercettazione, per la verità, si fa il nome del direttore del Comune Stefano Maggio (non indagato) che avrebbe dovuto incontrare una persona insieme all'Amministratore di SAAPA Alessandro Rossi, vai a capire perchè.
Insomma va bene il grande richiamo identitario all’ospedale pubblico; va bene chiedere al Consiglio un «posizionamento politico difficile»; va bene ribadire che «continuerò a lavorare ogni giorno per questo». Va bene pure l’elogio alla Regione «che sta lavorando bene». Va bene ripercorrere l’acquisizione dei muri, il percorso di liquidazione, la tutela dei posti accreditati.
Tutto bellissimo, sulla carta. Peccato che, nella realtà, il percorso sia oggi paralizzato.
La stessa sindaca ammette che il 16 settembre — secondo i liquidatori — «si era arrivati alla firma». Poi lo scandalo è esploso e tutto si è fermato. La nuova assemblea è fissata per il 17 novembre. Fino ad allora — ripete — «non ho altre informazioni».
Il finale del suo intervento è un appello drammatico e vago insieme: non bisogna “togliere il diritto alla sanità pubblica ai settimesi”. Insomma, dopo settimane di silenzio, la sindaca ha parlato. Molte parole, molte rassicurazioni, molte richieste di calma e unità.
Ma sulla domanda fondamentale — come si sia arrivati al doppio binario giudiziario e chi avrebbe dovuto vigilare — non è arrivata una sola risposta concreta.
E il famoso “pugno in faccia”, alla fine, resta e fa male.
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