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20 Ottobre 2025 - 00:22
Vaffanculo Zaia... «VaffanZaia»: lo slogan shock dei Cinque Stelle in Veneto e le tensioni nel centrosinistra
C’è chi promette il cambiamento, chi parla di futuro, e poi c’è chi decide di mandare qualcuno... a quel paese. Il Movimento 5 Stelle in Veneto non ha scelto mezze misure per aprire la sua campagna elettorale: il nuovo slogan, scritto a caratteri cubitali su sfondo giallo, è un sonoro, inequivocabile, quasi liberatorio «VaffanZaia». Un ritorno ai fasti dei “V-Day”, quando Beppe Grillo arringava le piazze e il Movimento nasceva dal rifiuto, dalla rabbia e da quel gusto tutto italiano di dire in faccia ciò che tanti pensano ma pochi osano pronunciare.
Il colpo di teatro ha fatto tremare i social, risvegliare le segreterie di partito e probabilmente sobbalzare qualche alleato del centrosinistra. Ma d’altra parte, cosa c’era da aspettarsi da un partito nato per scuotere il sistema? E così, in pieno stile grillino, il Veneto si risveglia con un cartellone che più che una campagna elettorale sembra un urlo collettivo di esasperazione politica: “VaffanZaia”, appunto.
Il portavoce regionale Simone Contro, candidato nel Vicentino, non ha risparmiato nulla alla giunta uscente di Luca Zaia: sanità in crisi, sprechi pubblici, ambiente devastato. «Il Veneto non è un modello, è un fanale di coda», ha tuonato dal palco, tra applausi e qualche sorrisetto imbarazzato persino tra i sostenitori più moderati. Il messaggio è chiaro: basta con il mito del “Veneto virtuoso”, basta con la sanità a due velocità, basta con l’aria che si taglia col coltello. Il tutto racchiuso in due parole, lapidarie e folgoranti. In effetti, se ci fosse un premio per la sintesi comunicativa, i 5 Stelle lo vincerebbero a mani basse.
Peccato che la trovata non sia piaciuta proprio a tutti, soprattutto a Giovanni Manildo, ex sindaco di Treviso e candidato presidente del centrosinistra. Lui, che aveva immaginato una campagna tutta sui toni del dialogo, della partecipazione e dei “programmi concreti”, si è ritrovato improvvisamente accanto a un alleato che urla parolacce giganti contro l’avversario. «Non è nelle mie corde», ha dichiarato con la compostezza di chi sogna “Creare Futuro” mentre il vicino di lista si diverte a demolire il presente a colpi di slogan da stadio. Insomma, il centrosinistra unito, ma non troppo: da un lato i costruttori del domani, dall’altro i demolitori dell’oggi.
E mentre Giuseppe Conte benedice la linea dura dei suoi, con l’aria di chi pensa “almeno ci parleranno”, nel centrosinistra qualcuno comincia a chiedersi se quel “VaffanZaia” non rischi di essere un boomerang. Perché sì, attira i riflettori, ma magari allontana gli elettori più sensibili, quelli che preferiscono i toni pacati ai pugni sul tavolo. D’altra parte, il Veneto non è un talk show di prima serata, e le urne, si sa, non sempre premiano la teatralità.
Eppure il ritorno alle origini grilline ha un fascino nostalgico: l’eco dei “V-Day” del 2007 risuona tra i gazebo e le piazze digitali, con tanto di richiami alla purezza perduta e al “popolo sovrano”. Stavolta però il contesto è diverso: le alleanze contano, i compromessi pesano e la realtà amministrativa impone più Excel che megafoni. Non è più il tempo dei comizi incendiari, ma evidentemente qualcuno nel Movimento non ha mai spento quella miccia.
Tra i candidati spicca anche Marco Paccagnella, presidente di Federcontribuenti, voluto proprio da Conte per dare un volto “civico” e “di rottura” al listino. Tradotto: il Movimento ci tiene a sembrare ancora il Movimento, anche se ormai siede ai tavoli che un tempo voleva rovesciare. Dall’altra parte, la Lega osserva divertita, con Zaia che incassa gli attacchi e probabilmente pensa che più che un’offesa, “VaffanZaia” sia una pubblicità gratuita. Perché in politica, si sa, l’importante è che se ne parli.
E si parla, eccome, anche dei temi. Sanità, ambiente, partecipazione: i tre pilastri della sfida veneta. I 5 Stelle denunciano l’erosione del pubblico e i tempi biblici per una visita medica, mentre il centrosinistra cerca di riprendersi la scena con proposte “costruttive” e piani di rilancio sostenibili. Tutto bene, se non fosse che l’eco del “vaffa” continua a rimbombare nelle orecchie di tutti, coprendo persino le slide dei programmi e gli hashtag concilianti dei comunicati stampa.
In fondo, il Veneto è una terra orgogliosa, dove le parole contano. E se qualcuno ha deciso di giocarsi la campagna elettorale su un insulto, forse è perché, dopo anni di gestione leghista, il galateo politico non basta più. Meglio dire le cose come stanno, anche a costo di scandalizzare. Certo, resta da vedere se lo slogan diventerà un boomerang o un urlo liberatorio, ma intanto una cosa è chiara: la campagna elettorale è appena iniziata, e già nessuno riesce più a pronunciare “Zaia” senza aggiungere, almeno mentalmente, quel piccolo, inconfondibile “vaffa”.
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