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12 Ottobre 2025 - 12:07
Claudio Castello e Claudia Buo
C’è chi parla di pace e chi la vuole praticare. E poi c’è Chivasso, che da nove anni è gemellata con Betlemme ma, di fatto, non ha mai mosso un dito per dare concretezza a quel legame. Il tema è tornato in Consiglio comunale con la mozione di Claudia Buo (Liberamente Democratici), che ha chiesto di trasformare quel patto simbolico in un progetto reale di cooperazione internazionale. Non parole, ma fatti. Non bandiere e sit-in, ma fondi veri, azioni misurabili, solidarietà concreta.
La proposta era semplice: creare un capitolo di bilancio chiamato “Cooperazione internazionale”, alimentato con parte dell’avanzo di amministrazione, per finanziare progetti sanitari, formativi e ambientali in Cisgiordania, oggi l’unica area raggiungibile dopo il blocco totale di Gaza. “Da nove anni parliamo di pace – ha detto Buo – ma non abbiamo mai fatto nulla per chi quella pace la sogna sotto le bombe. Ora basta con le dichiarazioni di principio. Serve un impegno concreto, anche piccolo, ma vero”.
La mozione prevedeva anche una rendicontazione pubblica periodica: un modo per far sapere ai cittadini come vengono spesi i soldi, quante persone vengono aiutate, quali risultati si ottengono. E, soprattutto, proponeva di coinvolgere la città: associazioni, scuole, parrocchie, e persino la destinazione del 5 per mille a progetti di cooperazione. Non un gesto politico, ma civico. Non un atto ideologico, ma un atto di responsabilità collettiva.
La risposta del sindaco Claudio Castello è stata lunga, solenne, ma anche prevedibile. Ha ricordato che il Comune “non è rimasto fermo”: ha partecipato a sit-in, sottoscritto appelli, esposto la bandiera palestinese, promosso ordini del giorno e persino aderito a campagne come “50.000 sudari per Gaza”. Tutto vero. Ma, per Buo, “utili sul piano testimoniale, non su quello materiale”. Castello ha poi annunciato l’intenzione di aderire al Coordinamento Comuni per la Pace, una rete di enti locali impegnati su educazione alla nonviolenza e cooperazione territoriale. “Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano”, ha detto. Una frase da manuale, che suona bene ma lascia il sapore di un discorso d’occasione.
Perché la verità, come ha ricordato Buo nel suo intervento finale, è che il gemellaggio con Betlemme esiste solo sulla carta. “Il nostro scopo – ha ribadito – era dare corpo a un legame che oggi non ha sostanza. Creare un capitolo di spesa, mettere risorse vere, coinvolgere la città. Non per schierarsi con una parte, ma per ricordare che la pace si costruisce con i gesti, non con gli slogan”.
Poi, un passaggio velenoso: “Il sindaco ha letto un documento che nulla aveva a che vedere con la mozione. Non ha risposto agli impegni già presi. E ancora una volta, la sostanza lascia il posto all’apparenza”.

Clara Marta capogruppo di Forza Italia
La discussione si è scaldata quando ha preso la parola Clara Marta, capogruppo di Forza Italia, che ha annunciato il voto contrario del suo gruppo. “Non perché non crediamo negli aiuti – ha precisato – ma perché servono azioni che rendano le persone indipendenti, non assistenzialismo. Bisogna aiutarli a casa loro, sì, ma dando strumenti e dignità, non elemosine”.
Un discorso che riecheggia una certa retorica da talk show, ma che ha trovato ascolto nei banchi della maggioranza. Marta ha aggiunto: “Il 7 ottobre non c’entra con ciò che fa oggi Netanyahu. Lì c’è un colonialismo esasperato, ma anche la necessità di costruire uno Stato palestinese sovrano, con confini, moneta, economia. Finché non ci sarà, parleremo solo di emergenze”.
Il tema, a quel punto, è diventato politico nel senso più profondo: tutte le guerre sono uguali?
La consigliera Buo ha replicato: “Ogni guerra è un dramma umano. Ma non tutte sono uguali, perché non tutte ricevono lo stesso trattamento. L’Europa non finanzia Boko Haram, ma finanzia Israele. E questo cambia tutto. Se siamo coinvolti, anche moralmente, dobbiamo agire in modo diverso”.
Un discorso lucido, che ha riportato la discussione sul terreno del dovere civile, non della geopolitica. Buo ha anche spiegato che il progetto del CoCoPa (Coordinamento Comuni per la Pace) non è assistenzialismo, ma formazione e autonomia: “In Burkina Faso, ad esempio, hanno costruito pozzi e formato tecnici locali. Lo stesso si può fare in Cisgiordania, con progetti energetici che riducano la dipendenza. Questo è il senso della cooperazione”.
Il dibattito si è chiuso tra nervosismi e imbarazzi. Alcuni consiglieri si sono astenuti, altri hanno preferito non votare. Quando il presidente ha letto l’esito – un solo voto favorevole, quello di Buo – il silenzio ha detto più delle parole.
In un’aula che si riempie spesso di proclami, la proposta più concreta della serata è stata bocciata. E con essa, forse, anche l’occasione per dare finalmente sostanza a un gemellaggio nato nel 2016 e rimasto sospeso tra foto di rito e dichiarazioni di buone intenzioni.
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