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11 Luglio 2025 - 12:13
Maxi frode fiscale da 200 milioni: scoperte 45 società fantasma nel torinese
Una frode fiscale da 200 milioni di euro, orchestrata attraverso una rete di 45 società cartiera sparse per tutta Italia, è stata scoperta e in gran parte sventata dalla Guardia di Finanza di Varese. L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate insieme alla Sezione di polizia giudiziaria presso la Procura di Busto Arsizio, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 18 persone e al sequestro preventivo dei falsi crediti d’imposta generati ad arte.
Il sistema fraudolento si basava su un meccanismo ormai tristemente noto: la creazione di società fittizie, senza dipendenti né attività reale, utilizzate unicamente per gonfiare i crediti d’imposta dichiarati al fisco, rendendoli poi cedibili a terzi tramite i canali ufficiali previsti dalla normativa. L’obiettivo era chiaro: monetizzare somme milionarie tramite vendite simulate di bonus fiscali, in particolare credito d’imposta per ricerca e sviluppo, investimenti o formazione, spesso concessi con meccanismi automatizzati e controlli ex post.
Secondo quanto emerso dalle indagini, una sola delle aziende coinvolte avrebbe dichiarato 100 milioni di euro di crediti in un solo anno, cifra del tutto incompatibile con l’attività economica di riferimento. Le sedi delle società si trovano in tutta Italia: Modena, Savona, Caserta, Treviso, Brescia, Milano, Napoli, Torino, Pescara e Roma. Tuttavia, la maggior parte di esse non disponeva né di personale, né di locali operativi, né di fatturato coerente con i benefici fiscali richiesti.
La frode è stata bloccata prima che i crediti fossero incassati grazie a una mossa strategica della Procura di Busto Arsizio, che ha ottenuto dal Tribunale un sequestro preventivo urgente. Un intervento tempestivo che ha impedito un danno enorme per le casse pubbliche. "I crediti falsi erano già pronti per la cessione – ha dichiarato una fonte investigativa – ma siamo riusciti a intervenire in tempo, congelando i flussi sospetti".
Il cuore dell’operazione investigativa è stato l’incrocio dei dati forniti nelle dichiarazioni dei redditi con le effettive condizioni delle società. Un lavoro certosino che ha permesso di smascherare l’inconsistenza dei soggetti coinvolti, spesso riconducibili a prestanome o ad amministratori privi di qualifica. Alcune imprese risultavano costituite da pochi mesi, altre addirittura erano state riattivate per l’occasione, utilizzando partite IVA dormienti.
Il danno potenziale al bilancio dello Stato, se la frode fosse andata a segno, sarebbe stato gravissimo. E proprio per questo, l’intervento ha assunto un valore preventivo oltre che repressivo. Si tratta di uno dei casi più estesi di frode da crediti fiscali scoperti nel 2025, in un contesto in cui le autorità di controllo stanno moltiplicando gli sforzi per arginare il fenomeno delle truffe legate ai bonus.
Il meccanismo dei crediti d’imposta – strumento fondamentale per incentivare l’innovazione e la competitività – si è rivelato in più occasioni facilmente aggirabile, soprattutto se non accompagnato da controlli sistematici e tempestivi. Secondo fonti dell’Agenzia delle Entrate, oltre il 20% dei crediti controllati ex post risultano irregolari o non supportati da documentazione adeguata.
La maxi frode smascherata a Gallarate non è dunque un caso isolato, ma parte di un quadro più ampio. E il numero delle società cartiera – vere e proprie entità fittizie usate per frodi fiscali – continua a crescere. Già in passato, la Guardia di Finanza aveva lanciato l’allarme su questo tipo di strutture, spesso create a catena da studi professionali compiacenti o intermediari senza scrupoli.
Il caso di Varese si aggiunge a una lunga lista di inchieste in corso in varie procure italiane. E rilancia il dibattito sulla necessità di rafforzare le verifiche preventive prima di rendere i crediti d’imposta effettivamente cedibili. Oggi infatti il sistema consente la cessione anche prima del controllo, spostando il rischio sulle spalle dello Stato e aprendo la porta a frodi milionarie.
Sul piano giudiziario, gli indagati dovranno ora rispondere di reati che vanno dalla dichiarazione fraudolenta all’indebita compensazione, fino alla creazione di documentazione falsa e utilizzo di prestanome. Il procedimento è coordinato dalla Procura di Busto Arsizio, che sta valutando ulteriori approfondimenti anche sul ruolo di eventuali intermediari e consulenti coinvolti nell’operazione.
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