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19 Giugno 2025 - 01:16
Alessandro Raso e gli asterischi...
Alessandro Raso, assessore a Settimo Torinese, ha deciso di dichiarare guerra alle disuguaglianze di genere. Non con una delibera, non con una mozione, non con un regolamento. Ma con un asterisco. Sì, proprio così: nel suo ultimo post su Facebook ha salutato “tutte e tutti”, e poi ha aggiunto “tutt*”.
Una scelta che, per usare un eufemismo, non ha spalancato le porte del paradiso grammaticale, ma sicuramente ha acceso una fiammella nel grande falò dell'inclusività da tastiera.
Perché, si sa, ognuno fa la rivoluzione che può. C’è chi impugna un trattore. C’è chi occupa una fabbrica. E poi c’è Raso, che impugna una tastiera e cambia il mondo un carattere alla volta.
Naturalmente, c’è chi ha storto il naso.
“Perché storpiare la lingua italiana?” ha scritto un cittadino con un filo di disperazione mista a nostalgia per i congiuntivi. E Raso, sereno come chi si sente dalla parte giusta della punteggiatura, ha risposto che lo fa per scelta politica. Perché, spiega, le sue colleghe devono lavorare il doppio per ottenere la metà. E quindi?: asterisco.
A questo punto, la logica è chiara:
Se un cittadino viene derubato, gli si può rispondere con un punto esclamativo.
Se un marciapiede è dissestato, lo si ripara con una virgola ben posizionata.
Se nella mensa scolastica compaiono dei vermi, si risolve tutto con una parentesi graffa.
È il nuovo lessico dell’impegno, il vocabolario militante della tastiera, dove la coerenza si misura in byte e non più in opere pubbliche.
E se qualcuno osa far notare che le lettere non asfaltano le strade, Raso ha già pronta la frase perfetta da incorniciare sul profilo LinkedIn: “Vivo nell’utopia che mio figlio non lo noterà più.”
Che poi è il vero obiettivo: non migliorare la realtà, ma abituare i figli al suo degrado, purché sia scritto in modo giusto.
Insomma Raso è un passo avanti. Non si accontenta di cambiare le parole, vuole cambiare le percezioni.
E sarà il compimento della profezia woke: Non saremo più donne e uomini ma consonanti fluttuanti, vocali ibride, creature dell’asterisco.
Tant'è! C’è qualcosa di sinceramente commovente in questo zelo tipografico.
Una fede assoluta nella grammatica salvifica, una visione mistica in cui l’asterisco diventa sacramento.
Come se la giustizia si trovasse sulla mappa ASCII, come se la libertà passasse per una tastiera retroilluminata.
Nel frattempo, però, Settimo Torinese va a rotoli. Ma ci va con grazia. Con eleganza. A passi inclusivi. Un asterisco alla volta...
E tanto basta. Perché è ufficiale: l’asterisco è il nuovo piano regolatore del Comune di Settimo Torinese.
Non servono strade asfaltate, non servono telecamere funzionanti, né una mensa decente. Serve solo un simbolo, possibilmente digitabile anche da smartphone. E meno male che c’è l’assessore che non rasa, Alessandro Raso, che con coraggio e tastiera ci accompagna verso un futuro più equo, più giusto, più… punteggiato.
“Buongiorno a tutt*”, scrive.
E con quella formula, risolve tutto: disuguaglianze, patriarcato, precarietà, guerra in Ucraina e zanzare nel parco Iotti.
Se ti pizzicano, è colpa del maschilismo. Se il parco è sporco, è perché non ci siamo ancora liberat* del linguaggio oppressivo.
Basta parole sbagliate, e il mondo fiorirà.
E quando qualcuno prova timidamente a chiedergli se, magari, non sarebbe più utile sistemare le strade, potenziare i servizi, migliorare l’illuminazione pubblica, Raso lo folgora con una frase da Bacio Perugina politicizzato: “Uso l’asterisco per accendere discussioni.”
E ci riesce. Solo che la città nel frattempo si spegne. I lampioni non si accendono, ma le discussioni sì.
Nel suo mondo ideale, l’asterisco è uno strumento di rigenerazione urbana.
Un carattere che trasforma la realtà: la povertà diventa redistribuzione semantica, i maturandi diventano maturand*
La parola vince sulla materia. Il simbolo sulla sostanza.
Raso apostolo della tastiera, missionario dell’inclusività simbolica, il primo amministratore a combattere l’ingiustizia tra le lettere dell’alfabeto.
E un giorno Settimo sarà il primo comune tipografico d’Italia. Le strade non avranno più nomi, ma glifi. Via Asterisco, angolo Parentesi Quadra.
Tutti i giorni c'è una comica...
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Perché il problema non è l’asterisco. Il problema è che dietro l’asterisco non c’è nulla. È il simbolo perfetto di una giunta e di un consiglio costruiti sul vuoto.
La verità è che nella seconda tornata la sindaca Elena Piastra ha messo insieme un’amministrazione che somiglia sempre più a un laboratorio di talenti da talk show. Il ballerino. La parrucchiera. L’attrice. L'opportunista. L'influencer. E ora anche lo specialista dell’asterisco. Manca solo il mentalista, poi la compagnia è al completo.
Un’armata Brancaleone travestita da “sinistra dei valori”, che però con i valori veri – quelli della giustizia sociale, della concretezza amministrativa, della responsabilità collettiva – non ha più nulla a che fare.
A Settimo, oggi, la politica è diventata questa roba qui dell'asterisco e nel frattempo la città si degrada, le periferie si svuotano, e le disuguaglianze crescono.
Vero: l’asterisco non fa male a nessuno. Ma nemmeno risolve. È un modo elegante per non affrontare il reale. Per raccontarsi giusti senza disturbare l’ingiustizia.
E a noi, onestamente, interessa poco come ci salutano su Facebook. Vorremmo solo che la città fosse un po’ più governata e un po’ meno postata.
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