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Costume e società
14 Giugno 2025 - 10:39
Willie Peyote
C’è un momento in cui l’ironia lascia spazio alla commozione. È accaduto allo Stadio Filadelfia, il tempio del Toro, dove Willie Peyote, al secolo Guglielmo Bruno, ha ricevuto dalle mani di Marco Bonetto il Premio Gian Carlo Bonetto, riconoscimento che porta il nome di uno dei custodi più autentici dell’identità granata. Un uomo che ha vissuto il Toro dal cuore, per vent’anni presidente del Circolo Soci e membro del Collegio dei Fondatori della Fondazione Filadelfia. Un simbolo, proprio come lo è diventato Willie. Non solo per ciò che canta, ma per come lo canta. Per quanto ci crede.
La motivazione è semplice e potente: “Per aver portato in alto l’amore per il Toro, mescolando idealità e sentimenti con grande rispetto e passione autentica.”
E in quella frase c’è tutto. C’è la coerenza di un artista che non ha mai barattato la propria identità per qualche passaggio radiofonico in più. C’è la fierezza di chi, tra un palco e un disco, non ha mai dimenticato da che curva guarda le partite.
Willie Peyote non è solo musica. È uno sguardo sul mondo. Una voce che sferza, che fa pensare, che disturba e consola. E nel suo 2025 ha saputo far coincidere il percorso artistico e quello umano con una precisione chirurgica. Il nuovo singolo “Next”, uscito a fine maggio, è la perfetta fotografia di un’epoca in cui l’amore sembra una selezione del personale. Ironico, crudo, lucidissimo: “Sei un colloquio d’amore col dress code casual”, dice, mettendo a nudo la fragilità emotiva di una generazione che ha imparato a swipare più che a restare.
A Willie Peyote il premio dedicato a Gian Carlo Bonetto - Toro.it
Il videoclip, girato tra le strade assolatissime di Valencia, è un inno alla semplicità: un’auto scassata, una paella cucinata in garage, gli amici di sempre – Fudasca, Stefano Genta, Michael Sorriso – trasformati in comparse di un racconto che parla di realtà, di complicità, di quella cosa che una volta si chiamava “vita vera”. Nessun filtro. Solo Willie e il suo mondo.
Un mondo che continua a crescere. Il 14 febbraio, in un perfetto tempismo simbolico, è uscita la riedizione dell’EP “Sulla riva del fiume”, arricchita con quattro inediti tra cui “Grazie ma no grazie”, il brano presentato a Sanremo 2025. Un ritorno al Festival non da outsider, ma da artista pienamente maturo. Con un messaggio forte, che non fa sconti e non cerca applausi facili. Esattamente come aveva fatto con “Mai dire mai (La locura)” nel 2021.
Ma questa volta c’è qualcosa in più. C’è l’eco di una “trilogia sabauda” che si chiude: da Educazione sabauda (2015), passando per Sindrome di Tôret (2017), fino a questo ultimo lavoro. Un percorso coerente, che racconta Torino, ma anche un Paese intero. Che parla con il linguaggio della gente, ma senza mai rinunciare alla profondità.
E adesso, il palco. Il “Grazie ma no grazie Tour – Estate 2025” parte il 25 giugno dal Flowers Festival di Collegno. Sarà un giro d’Italia a ritmo di rime, sarcasmo, emozione e pensiero. Una tournée che attraversa città, stadi, piazze e cuori. Con la stessa energia ruvida e autentica con cui Willie è salito, pochi giorni fa, sul palco del Regina Music Fest, portando un sorriso ai bambini dell’Ospedale Infantile Regina Margherita. Insieme a Oskar degli Statuto e altri amici musicisti, ha trasformato un reparto pediatrico in un teatro di speranza. Senza proclami. Solo con la potenza della musica. Solo con l’empatia di chi sa ascoltare.
E poi, c’è il Toro. Sempre. Come pelle, come sangue. Il Premio Bonetto, ricevuto nel cuore del Filadelfia durante la seconda Partita della Leggenda, è molto più di una targa. È un riconoscimento che non si compra, non si chiede, non si aspetta. Si riceve perché sei tu. Perché sei uno che porta in alto la bandiera granata non per mestiere, ma per fede. Prima di lui erano stati premiati Susanna Egri, Giancarlo Caselli, Lorenzo Sonego. Ora è toccato a lui. E il suo sguardo, quel giorno, diceva tutto. Willie Peyote è uno di noi.
Uno che ha saputo raccontare l’Italia senza ipocrisie. Uno che ha saputo urlare, ma anche abbassare la voce. Uno che si fa ascoltare, sempre. Nelle canzoni, nei gesti, nelle scelte. Perché la sua musica è figlia di un’urgenza. Di un bisogno di giustizia, di ironia, di bellezza. Di verità.
E mentre si prepara a salire sui palchi di tutta Italia, mentre le sue canzoni continuano a girare nelle cuffie e nei pensieri di chi cerca parole che non siano vuote, Willie Peyote si porta dietro il suo Toro, la sua città, e quel premio che profuma di storia e identità.
“Grazie ma no grazie”, canta. Ma a noi, Willie, non resta che dire: grazie. Di esserci. Così come sei.
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