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Marcia per Gaza bloccata al Cairo: attivisti fermati, rimpatriati, respinti. E l’Egitto chiude il confine della solidarietà

Oltre 70 attivisti internazionali espulsi, tra cui diversi italiani. Trattenuti per ore all’aeroporto del Cairo senza cibo né libertà di movimento. Protestano anche eurodeputati. La marcia per Rafah è già a rischio prima di cominciare

Marcia per Gaza bloccata al Cairo: attivisti fermati, rimpatriati, respinti. E l’Egitto chiude il confine della solidarietà

La marcia per Gaza si è infranta prima ancora di cominciare. Bloccata al Cairo. Interrotta sul nascere dalle autorità egiziane, che hanno trasformato un’azione pacifica e simbolica di solidarietà internazionale in una prova di forza burocratica e militare. Decine di attivisti italiani, insieme a migliaia di persone provenienti da oltre 50 Paesi, erano giunti in Egitto per partecipare alla “Marcia Globale per Gaza”, un'iniziativa ideata per chiedere l’apertura di corridoi umanitari e la fine dell’assedio alla Striscia. Ma per molti di loro il viaggio si è interrotto all’aeroporto del Cairo, dove sono stati trattenuti per ore, privati della libertà di movimento, del cibo e – in certi casi – persino dell’accesso ai servizi igienici.

"Siamo circondati da soldati-ragazzini e non possiamo fare niente. Neanche cercare qualcosa da mangiare. Andiamo in bagno a due a due, e solo perché è intervenuto il consolato italiano", ha raccontato uno dei partecipanti, bloccato nel terminal egiziano.

Le autorità del Cairo hanno attivato un’unità di crisi per "monitorare l’afflusso delle persone e per esaminarne i visti", dichiarando che l’ingresso nel Paese sarebbe stato concesso solo ad alcuni, mentre altri – ritenuti privi di autorizzazione preventiva – sarebbero stati rimpatriati. E così è stato. Nella mattinata di oggi, 73 attivisti – tra cui molti europei – sono stati imbarcati su un volo diretto a Istanbul. Un altro centinaio è stato deportato su voli per diverse destinazioni, accusati di aver “violato le procedure di ingresso”.

Tra gli italiani, sette sono già stati rimpatriati – compresi cinque attivisti del Veneto – mentre almeno 35 hanno ottenuto il via libera per entrare in Egitto. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che la situazione è stata "seguita minuto per minuto" da un team del consolato italiano e da un funzionario dell’ambasciata, i quali hanno fornito assistenza a quanti sono stati bloccati.

L’obiettivo degli attivisti era raggiungere Al-Arish, località egiziana sul Sinai a pochi chilometri dal confine con Gaza, e da lì dare vita a una marcia simbolica verso il valico di Rafah. Un cammino di circa 50 chilometri a piedi, programmato per culminare il 15 giugno con un accampamento di 72 ore proprio davanti al confine.

Ma secondo Tajani, "la marcia non era autorizzata". Versione che contrasta con quella fornita dagli attivisti di Global March to Gaza Italia, i quali sottolineano di aver preparato con largo anticipo la trasferta, informandosi attraverso canali diplomatici. "Non ci risultava che l’Egitto avesse dichiarato l’iniziativa illegale. Inoltre, se una persona è in possesso di un visto turistico valido, non c’è ragione per respingerla", affermano. Denunciano anche il fatto che l’ambasciata italiana "non ci ha autorizzato a trasmettere alla Farnesina l’elenco completo dei partecipanti", impedendo così una gestione trasparente e coordinata.

Adesso, con molti attivisti ancora bloccati al Cairo e altri dispersi tra gli aeroporti europei, l’intera iniziativa rischia il naufragio. Resta da capire se chi è riuscito ad entrare potrà davvero percorrere il tratto fino ad Al-Arish, e soprattutto se le autorità egiziane consentiranno il passaggio verso il confine, dove Israele mantiene un ferreo controllo con l’assenso, spesso implicito, della comunità internazionale.

Dura la presa di posizione di alcuni rappresentanti politici italiani. Il deputato Mario Grimaldi (AVS) e gli europarlamentari Cecilia Strada (PD) e Leoluca Orlando (Verdi) hanno protestato pubblicamente: "Pur di non mettere in discussione i rapporti con Israele, l’Italia e gli altri Stati europei stanno abbandonando cittadini e cittadine impegnati per la pace e i diritti umani".

Tra i partecipanti italiani anche attivisti provenienti da Emilia-Romagna, Campania e Sicilia. Un cittadino siciliano con doppio passaporto è stato espulso. Da Torino erano partiti Vittoria Antonioli Arduini, 21 anni, e Andrea Usala, 25 anni, entrambi studenti della scuola Holden di storytelling. Nelle ultime settimane sono stati tra gli animatori del presidio permanente per Gaza allestito in piazza Castello. Usala ha scelto di restare al Cairo, mentre Antonioli è tornata in Italia. "Ne sono felice", ha detto la madre della giovane, "ma quando sarà qui resteremo in silenzio, perché a Gaza i bambini continuano a morire."

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Nel frattempo, un convoglio parallelo, chiamato Al-Soumoud (cioè “Resistenza”), con centinaia di attivisti provenienti da Tunisia, Algeria, Libia, Mauritania e Marocco, è in viaggio attraverso la Libia e chiede ora l’autorizzazione per entrare in Egitto. Anche loro puntano al confine di Rafah, un punto simbolico e geopoliticamente cruciale, che però continua a restare sigillato.

Insomma, il sogno di una marcia pacifica per Gaza, costruita dal basso da cittadini di tutto il mondo, si è scontrato con il muro della diplomazia, della repressione e delle ambiguità internazionali. Il confine di Rafah resta lontano. Gaza resta chiusa. E i diritti, ancora una volta, restano sospesi tra un timbro sul passaporto e una lista negata alla Farnesina.

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