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22 Maggio 2025 - 18:55
Matteo Salvini
Una pioggia di tagli, una valanga di accuse. Il caso dei 385 milioni di euro scomparsi dai bilanci delle Province italiane per la manutenzione stradale ha innescato un vero terremoto politico. Al centro dello scontro, ancora una volta, lui: Matteo Salvini e il suo totem infrastrutturale, il Ponte sullo Stretto.
A scatenare la bufera è stato il drastico ridimensionamento dei fondi destinati agli enti locali per gli anni 2025 e 2026. Fondi vitali per mantenere in sicurezza le strade provinciali e metropolitane, specialmente nei territori più vasti e complessi, come le zone montane del Piemonte.
“Con un colpo di mano, Salvini ha cancellato 385 milioni di euro destinati alla manutenzione straordinaria delle strade provinciali” ha tuonato Chiara Gribaudo, vicepresidente nazionale del Partito Democratico. “Così vengono punite province e città metropolitane, in particolare nel Nord e nelle aree montane. Il Piemonte è tra le regioni più colpite. Le strade sicure non sono un capriccio della sinistra: sono un diritto di tutti”.
Ancora più dura la presa di posizione del Movimento 5 Stelle. Il deputato Antonino Iaria non usa giri di parole: “La spregiudicatezza con cui Salvini porta avanti la ‘mattana’ del Ponte sullo Stretto non conosce confini. Un ladrocinio sotto traccia. Da noi in Piemonte il taglieggio è diffuso”.
Ma il fronte governativo non resta in silenzio. L’affondo più deciso arriva da Alessandro Giglio Vigna, deputato della Lega e presidente della Commissione Politiche UE: “Basta menzogne. Nessun euro è stato tolto agli enti locali per finanziare il Ponte. È una matrioska di fake news costruita ad arte da chi vuole confondere l’opinione pubblica. Il Governo lavora per soluzioni concrete nel pieno rispetto delle regole”.
Giglio Vigna respinge ogni accusa, bollando come “polemiche sterili” le prese di posizione di chi, come Stefano Lo Russo, sindaco di Torino e sindaco metropolitano, attacca frontalmente il MIT. Per l’esponente leghista, “strumentalizzare istituzioni come la Città Metropolitana per fini politici è inaccettabile e dannoso”.
Ma le cifre restano lì, impietose. A certificarle è anche Jacopo Suppo, vicesindaco metropolitano con delega ai lavori pubblici: “Nel 2025 passeremo da 7,5 milioni a poco più di 2,2 milioni. Nel 2026 perderemo altri 5 milioni. E nel 2029? Forse l’azzeramento. Come possiamo continuare ad assumerci la responsabilità penale della sicurezza di 2.900 km di strade?” Suppo alza il tiro: “Il Governo sta riducendo ai minimi termini l’operatività degli enti locali”.
Intanto, anche il mondo delle autonomie locali si muove. Pasquale Gandolfi, presidente dell’Unione Province Italiane, lancia un appello accorato: “Aspettiamo che il Decreto Infrastrutture corregga questa emergenza. I tagli colpiscono la sicurezza di oltre 120.000 km di strade. Non ci interessa la propaganda, ci interessa salvare vite”.
Marco Bussone
A fianco di UPI si schiera anche l’UNCEM, con il presidente Marco Bussone che parla senza mezzi termini di “errore da correggere al più presto”, ricordando che nei Comuni montani la situazione è già complicata e che “manutenzione vuol dire sicurezza per chi viaggia e difesa del territorio”.
Il quadro è quello di un Paese spaccato. Il Governo rassicura, ma non convince. Le opposizioni denunciano, i territori insorgono, i sindaci si disperano. E mentre a Roma si discute di “incroci contabili”, nei territori si contano le buche, i ponti pericolanti, i cantieri fermi.
Il dubbio rimane sospeso come un viadotto incompiuto: il Ponte sullo Stretto sarà pure un simbolo della modernità, ma quante strade secondarie dovranno franare perché questo simbolo resti in piedi?
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