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11 Maggio 2025 - 18:22
Infermieri massacrati. Ma volete ancora farci gli auguri?
Il 12 maggio si celebra la Giornata Internazionale dell’Infermiere. Ma per chi ogni giorno tiene in piedi il fragile edificio della sanità pubblica, oggi non è tempo di celebrazioni. È tempo di verità. Quelle che, senza giri di parole, elenca la segreteria regionale del NurSind Piemonte in un comunicato stampa diffuso alla vigilia della ricorrenza: “La figura dell’infermiere è cruciale in tutti i contesti della nostra sanità, eppure viene sistematicamente ignorata da chi dovrebbe garantire risorse e dignità”.
I numeri sono spietati: in Piemonte mancano almeno 6.000 infermieri. Al 31 dicembre 2024, erano 21.504 gli operatori in servizio nelle 18 aziende sanitarie regionali. Ma la maggior parte delle ASL non riesce nemmeno a coprire il turn over. E la prospettiva per i prossimi anni è desolante. Ogni dodici mesi vanno in pensione circa 1.000 infermieri, ma ne arrivano poco più di 500. Il motivo? Il corso di laurea in Scienze Infermieristiche è poco attrattivo. Pochi si iscrivono, pochi si laureano, pochi scelgono di restare. “È una professione abbandonata, senza prospettive, logorata da turni massacranti e da stipendi che non riconoscono il valore del lavoro svolto”, spiega la segreteria NurSind.
Il tono del comunicato è amaro, diretto, quasi esasperato. E non potrebbe essere altrimenti: “Siamo di fronte a una crisi strutturale che mette a rischio la tenuta dell’intero sistema. Senza infermieri la sanità semplicemente non esiste”. L’infermiere, ribadisce NurSind, è il punto di riferimento non solo per il paziente, ma anche per tutti gli altri professionisti. È presente dal primo contatto fino al termine del percorso di cura. È lì quando l’ambulanza arriva, è lì quando il paziente si ricovera, è lì quando torna a casa. Ma nonostante questo ruolo imprescindibile, “continuiamo a essere trattati come pezze da mettere dove manca qualcosa”.
Le condizioni di lavoro sono sempre più dure. L’età media degli infermieri piemontesi supera i 50 anni. I carichi sono spesso ingestibili. Le aggressioni, soprattutto nei pronto soccorso, aumentano. E poi c’è il fantasma del burnout, la sindrome da esaurimento professionale. Nel comunicato, perfino il termine viene scritto male — burn aut — quasi a simboleggiare una stanchezza così profonda da colpire anche chi scrive. Ma l’errore non ne sminuisce il peso, anzi lo amplifica: “Siamo i più colpiti dal burnout, dalle limitazioni funzionali e dagli effetti fisici e mentali di un lavoro che ci consuma ogni giorno”, denuncia la segreteria.
Un altro aspetto sottolineato con forza è la sottrazione degli infermieri dalle loro funzioni cliniche per essere destinati ad attività che competerebbero ad altri profili: “Svolgiamo compiti impropri, perché manca personale in altri settori. Così facendo, si tolgono energie all’assistenza vera, quella che richiede competenze, esperienza, contatto umano”.
Eppure, nonostante tutto, gli infermieri non si tirano indietro. Continuano a essere presenti, ogni giorno, con un alto senso del dovere, colmando le lacune di un sistema che spesso si regge solo sulla loro disponibilità. “Ci assumiamo l’onere di garantire il funzionamento dei servizi, sopperendo non solo alla carenza di personale, ma anche a quella strutturale e organizzativa. Ci facciamo carico dei bisogni di salute delle persone, anche quando il sistema attorno a noi crolla”.
La Giornata dell’Infermiere, in questo contesto, appare quasi beffarda. “Non vogliamo frasi di circostanza, né medaglie simboliche. Vogliamo assunzioni, investimenti, stipendi dignitosi. Vogliamo che il nostro ruolo venga riconosciuto concretamente”. Una richiesta chiara, semplice, ma che da anni resta inascoltata.
Il comunicato si chiude con parole di orgoglio: “Nonostante tutto, oggi vogliamo rendere omaggio all’elevato grado di responsabilità che gli infermieri dimostrano ogni giorno”. Ma è impossibile non avvertire, dietro quel tono misurato, la rabbia di una categoria lasciata sola. “La politica deve ascoltare, e deve farlo ora. Non domani, non il prossimo anno. Ora”.
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