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Ivrea, il nodo idraulico senza gasolio: le pompe non partono, l’acqua ringrazia

Durante l’ultima alluvione le elettropompe sono rimaste spente: mancava il carburante. Trent’anni di progetti e milioni spesi per scoprire che nessuno ha fatto il pieno. E se fosse piovuto davvero?

Ivrea, il nodo idraulico senza gasolio: le pompe non partono, l’acqua ringrazia

Ivrea, il nodo idraulico senza gasolio: le pompe non partono, l’acqua ringrazia

Succede questo. Succede che, dopo trent’anni di alluvioni, studi, progettazioni, milioni spesi, dichiarazioni trionfanti e cantieri aperti, quando l’acqua arriva davvero, una delle due elettropompe sommerse, installate con tanto di progetto, delibere, finanziamenti pubblici e – perché no – anche qualche cerimonia inaugurale, rimane spenta nel momento esatto in cui dovrebbe entrare in funzione.

Perché? Perché nessuno ha pensato a fare rifornimento.

Una si trova a Montalto, l’altra a Ivrea, in zona Culotto.
E non per un guasto. Né per un imprevisto tecnico. No. Resta ferma perché manca il gasolio.

È successo lo scorso fine settimana, in piena emergenza maltempo, in una delle otto stazioni di pompaggio e sollevamento costruite nei comuni di Lessolo, Fiorano, Banchette, Salerano, Pavone e Montalto Dora, lungo gli argini di protezione.
Fanno parte del cosiddetto nodo idraulico di Ivrea, inventato per ridurre al minimo l’impatto di un’alluvione e, nel caso, provvedere alla difesa degli abitati e del suolo e a far defluire rapidamente le acque.

le stazioni

Le otto stazioni

Fa sorridere, se non fosse tragico.
Perché quelle pompe, capaci di garantire una portata complessiva di 700 litri al secondo, sono lì esattamente per questo: per mitigare gli effetti dell’acqua quando l’acqua arriva.
Sono l’ultimo baluardo prima che i fossi si riempiano, i canali esondino, i campi diventino acquitrini e le strade si trasformino in fiumi.
Tant’è! Inutilizzabili. Senza carburante.

In verità, entrambe le elettropompe funzionerebbero a corrente elettrica, non fosse che i cavi elettrici sono stati rubati qualche anno fa. Ecco perchè ci voleva il gasolio.

A Montalto, la stazione di sollevamento ha una duplice funzione: da un lato permette di regimentare le acque del lago Pistono, dall’altro serve per alleggerire le fognature del paese quando queste ultime vanno in sofferenza per via dell’eccessiva quantità di acqua.

E per fortuna – verrebbe da dire – ha piovuto tanto, ma non tantissimo.
Non è stato un evento come quelli che hanno colpito il Canavese nel 1993 o nel 2000.
Ma è bastato per svelare l’inadeguatezza di un sistema che si dice moderno, all’avanguardia, progettato in ogni dettaglio.
Un sistema che, però, non riesce a garantire nemmeno la disponibilità di qualche litro di gasolio.

L’Anfiteatro di Ivrea non è uno snodo qualsiasi. È uno dei punti più delicati del Piemonte dal punto di vista idrogeologico.
Un crocevia di corsi d’acqua: la Dora Baltea, che attraversa la città incuneandosi in una stretta forra rocciosa, il rio Ribes, che si riattiva nei momenti di piena attraverso un antico paleoalveo, il torrente Chiusella e altri affluenti minori.
Un sistema naturale complesso, imprevedibile, incastonato in un contesto urbano densamente popolato.

Qui passa l’autostrada A5 Torino–Quincinetto, qui corre la bretella Ivrea–Santhià, qui ci sono centri abitati, attività produttive, scuole, case, vite.

Proprio per questo, dopo le devastazioni degli anni ’90 e dei primi 2000, le istituzioni si sono mosse.
Tra il 2001 e il 2012 si è proceduto alla realizzazione del sistema delle arginature.
Le otto stazioni sono state costruite tra il 2013 e il 2014: un intervento complesso, comprensivo di quadri elettrici, gruppi elettrogeni, adeguamento delle tubazioni, fino alle opere di manutenzione straordinaria.

Un sistema che – sulla carta – doveva difendere il territorio.

Nel 2023, è stato addirittura firmato un accordo tra Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, AIPO e i comuni coinvolti – Banchette, Fiorano Canavese, Lessolo, Montalto Dora, Pavone Canavese, Romano Canavese, Salerano Canavese, Samone, con Ivrea capofila – per garantire, grazie a un contributo regionale di 70 mila euro, la corretta manutenzione e gestione delle opere idrauliche, assicurando – si legge – una risposta coordinata ed efficace in caso di emergenze.

LEGGI IL PROVVEDIMENTO QUI

Coordinata ed efficace, dicono. Ma quando l’emergenza si presenta, la risposta è: «Manca il gasolio!»

Una risposta imbarazzante. Una toppa che non copre nulla, e che anzi mette a nudo l’intero impianto concettuale del progetto.
Se il sistema si inceppa per un dettaglio tanto banale, che garanzie abbiamo che funzioni davvero in caso di evento catastrofico?
E se la prossima volta dovesse piovere un po’ di più?

Nel frattempo, il progetto complessivo del nodo idraulico di Ivrea si gonfia.
Si espande. Si moltiplica. Si complica.

257 milioni di euro sono in ballo per la ristrutturazione dell’A5, per il rifacimento del ponte sul rio Ribes, per la realizzazione di tre viadotti: Chiusella, Cartiera, Fiorano.
E ancora: adeguamento plano-altimetrico dell’autostrada, riconfigurazione dello svincolo A5-A4/A5, demolizione e ricostruzione di sottopassi, creazione di viabilità locale parallela, rivestimenti protettivi.

Si parla di cronoprogrammi, di fondi europei, di passaggio di consegne da ATIVA a ITP, il nuovo concessionario autostradale.
Tutto perfetto. Tutto studiato. Tutto annunciato.

Ma intanto – qui e orale pompe non partono perché mancano dieci litri di gasolio.

C’è un’ironia tragica in tutto questo.
Da una parte rendering 3D, comunicati stampa, convegni sull’innovazione idraulica.
Dall’altra, una tanica vuota.

Se fosse piovuto davvero tanto, oggi cosa racconteremmo?
Chi avrebbe avuto il coraggio di dire a una famiglia evacuata: “Ci dispiace, ci siamo dimenticati di fare rifornimento”?

È il solito cortocircuito italiano.
Dove le opere si progettano, si annunciano, si finanziano, ma poi nessuno le gestisce.
Dove tutto è perfetto nella conferenza stampa, ma manca il bullone, il collaudo, il carburante, la vigilanza.
Dove l’emergenza viene raccontata, ma non affrontata.
Dove si confonde la pianificazione con l’illusione, l’ingegneria con la propaganda.

E allora sì, parliamone pure dei 257 milioni, delle grandi opere, delle nuove infrastrutture.
Ma prima, facciamo funzionare quelle che già ci sono.
Perché una pompa che non parte non è un dettaglio tecnico: è una condanna.
E il gasolio che manca non è un incidente: è il tradimento di una fiducia pubblica.

Una fiducia che, dopo decenni di alluvioni e promesse, merita almeno un po’ di dignità.

Perché l’acqua – quella vera – non aspetta.
Non chiede il permesso. Non guarda l’agenda dei fondi PNRR. Non legge le determine. Non si interessa dei cronoprogrammi.
L’acqua scende.
E quando scende, se le pompe non partono, prende tutto.
E a quel punto, le responsabilità non si possono più scaricare sul destino.

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