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06 Maggio 2025 - 06:15
C’è chi guarda il cielo e vede nuvole. C’è chi vede temporali, fronti freddi, pioggia in arrivo. E poi c’è chi guarda il cielo e ascolta una voce. Una chiamata. Un segnale. Come se tra le stelle e l’asfalto esistesse un codice segreto. Un invito sussurrato solo a pochi, pochissimi. Uno di questi è lui: Valerio Minato.
Torinese d’adozione, nato a Biella nel 1981, laureato in Scienze Forestali e Ambientali, Valerio non è un fotografo nel senso tradizionale del termine. È qualcosa di più, qualcosa di diverso. È un interprete del cielo. Un veggente della luce. Un cartografo delle emozioni. Chi lo conosce sa che non scatta foto: cattura attimi in cui l’universo decide di farsi vedere. E quei momenti non arrivano a comando. Non basta un obiettivo, non basta una messa a fuoco. Serve qualcosa che non si insegna. Una forma di rispetto. Una forma di attesa. Una forma di fede.
Il 4 maggio 2025, alle 21:30, Valerio aveva un piano. Un piano preciso. Uno di quelli che si preparano da giorni, con calcoli, previsioni, mappe e coordinate. Il punto era stato scelto: una postazione inedita all’interno di una proprietà privata, studiata nei dettagli. Ma qualcosa va storto. Un contrattempo dell’ultimo minuto. Tutto da rifare. Il cielo, però, non aspetta nessuno.
E così nasce l’improvvisazione, il piano B. Ma con Valerio, i piani B hanno il sapore del destino. Monitorando le carte meteorologiche, scorge una cella temporalesca a nord di Torino. Sa che potrebbe dare spettacolo. Sa anche dove potrebbe osservarla: Parco Europa, sulla collina, a picco sulla città. E allora sale. Con calma, ma con urgenza. Con la pazienza di un monaco e l’adrenalina di un esploratore. E mentre Torino si prepara alla notte, mentre il buio scende sulle strade e le case si accendono di luce calda, lui punta l’obiettivo sulla Mole Antonelliana.
E lì, proprio lì, accade. Un fulmine squarcia il cielo. Accanto alla Mole. Nel punto esatto in cui, un istante dopo, lo scatto cattura la sinfonia. È un momento irripetibile. Una scintilla d’universo. Una foto che sembra un segno. E Valerio lo scrive, con la consueta umiltà che lo contraddistingue:
«Forse il destino voleva che fossi lì ieri sera, in quel preciso istante.»
Parole semplici, ma vere. Che raccontano meglio di mille elogi la sua cifra stilistica: l’attesa, il rispetto per il tempo, la capacità di mettersi da parte e lasciare spazio al mondo. Perché ogni sua foto è una forma di preghiera laica. È un inno alla bellezza che c’è solo se la cerchi. Solo se la meriti.
Negli ultimi anni, Valerio Minato ha raccolto riconoscimenti ovunque. I suoi scatti — dalla Basilica di Superga perfettamente allineata al Monviso e alla Luna crescente al volo di un aereo che taglia una Luna rossa sospesa tra Sacra di San Michele e colline torinesi — hanno fatto il giro del mondo. La NASA ha premiato due sue immagini come “Astronomy Picture of the Day”. Le sue fotografie sono finite su Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Rai News, fino ad arrivare ai canali più esigenti della comunità scientifica e artistica internazionale.
Nel giugno 2024, il Comune di Torino lo ha nominato Ambasciatore delle Eccellenze Torinesi nel mondo. Un titolo simbolico, certo, ma che dice molto: racconta che tra i numeri, le aziende, le statistiche, c’è ancora spazio per chi sa sognare. Per chi sa restituire alla città uno sguardo innamorato, fatto di luce, di cielo, di poesia.
Ma Valerio non è solo Torino. È anche le Langhe, le Alpi piemontesi, l’Islanda, la notte e la neve, il vento e la luna. E ogni volta che scatta, ogni volta che pubblica una nuova immagine, c’è dietro non solo la mano di un artista, ma la mente di uno scienziato e il cuore di un bambino che non ha mai smesso di meravigliarsi.
Il suo sito www.valeriominato.it è una galleria di meraviglie. I suoi canali social un diario di viaggio celeste. Le sue stampe e i suoi calendari, oggetti da collezione per chi ha bisogno di bellezza ogni giorno. Ma più di tutto, Valerio è una presenza. Una voce che sussurra al mondo che la bellezza non è una casualità. È una scelta. È una missione.
E quando il cielo decide di parlare, c’è sempre lui ad ascoltarlo. Con la macchina pronta. Con l’anima in ascolto. Con la consapevolezza che, sì, forse era proprio il destino a volerlo lì, in quel preciso istante.
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